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Politica

LA CONCORRENZA DEI CALIFFATI

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(Da Stratfor 0910, September 7. L’articolo “”As Caliphates Compete, Radical Islam Will Eventually Weaken” is republished with permission of Stratfor.”).

In un video di 52 minuti apparso alla fine di agosto, Abubakar Shekau, il capo dei jihadisti nigeriani del gruppo Boko Haram, ha parlato di uno Stato Islamico nel nord-est della Nigeria. La dichiarazione è venuta due mesi dopo che Aby Bakr al-Baghdadi, il capo del movimento jihadista transnazionale in Siria e in Iraq, ha affermato il ristabilimento del califfato, dando al gruppo il nuovo nome di Stato Islamico. Benché inspirati nello stesso modo dallo Stato Islamico, Boko Haram non sta semplicemente scimmiottando la sua più possente controparte siriano-irakena;  sta prendendo le mosse dal Califfato Sokoto basato in Nigeria, che fu stabilito all’inizio del 1800 ed è esistito per quasi un secolo finché gli inglesi non hanno ottenuto il controllo della regione.

Secondo i teorici politici classici musulmani, vi può essere soltanto un califfato per l’intera comunità musulmana, o ummah. In pratica, tuttavia, vi sono stati Stati rivali che pretendevano quell’autorità ed anche califfati in competizione lungo tutta la storia dell’Islàm. Nella nostra analisi del primo luglio su questo argomento Stratfor spiegava non soltanto come parecchi emirati e sultanati siano emersi indipendentemente dal califfato, ma anche che vi erano califfati rivali, per esempio gli Abbasidi a Baghdad (749-1258), gli Umayyad nella penisola iberica (929-1031) e i Fatimid al Cairo (909-1171).

Questi califfati dell’era medievale non erano soltanto i sottoprodotti di necessità geopolitiche rispetto all’originale califfato ma corrispondevano anche a pesanti rivalità religiose e a una [diversa] evoluzione politica. Per questa ragione, essi sono durati per secoli, fino alla forte pressione geopolitica dell’Europa nel mondo musulmano, nel XVIII secolo.

Negli ultimi due secoli, i califfati, gli emirati e i sultanati medievali sono stati sostituiti da Stati nazionali. Benché create artificialmente e deboli, queste moderne entità statuali islamiche è difficile che siano spazzate via da islamisti radicali che cercano di ristabilire califfati ed emirati. Benché il nazionalismo sia stato da prima un’importazione europea nel mondo arabo-musulmani e continui a fronteggiare la concorrenza delle identità religiose e tribali, è tuttavia ben stabilito nella psiche pubblica.

Ciò può essere visto nelle organizzazioni della maggior parte degli islamisti secondo linee nazionali. La maggior parte degli islamisti, che sono allineati con la Fratellanza Musulmana o una qualche sua variante, abbracciano lo Stato nazione e non dovrebbero essere confusi con la minoranza di islamisti radicali e di jihadisti che cercano di eliminare le frontiere nazionali e di ritornare ad una nozione più o meno romanzata del passato. E tuttavia, i califfati e gli emirati sono emersi a causa dell’incapacità dei moderni Stati nazionali musulmani di creare sistemi democratici e, in senso più generale, di fornire una economia politicamente vitale per i loro cittadini: un’incapacità che le forze islamiste hanno abilmente sfruttato.

Gli islamisti radicali sono abili nel colpire l’immaginazione dei giovani economicamente svantaggiati che non capiscono niente né di politica né di Islàm. L’entità jihadista di maggior successo, per quanto riguarda la conquista di un territorio, lo Stato Islamico, è sorto in parte a causa di circostanze insolite che si riportano alla lotta geopolitica regionale fra i campi sciiti e sunniti nel Medio Oriente. Comunque, come è evidente dall’allineamento internazionale di forze contro lo Stato Islamico, il movimento transnazionale jihadista dovrà affrontare grandi sfide, per andare avanti.

Per giunta, la sua politica e il suo comportamento ultra-estremisti stanno ulteriormente alienando lo Stato dal mondo Islamico. La denuncia dello Stato Islamico da parte di Al Qaeda come una forza deviante sottolinea la concorrenza che esso deve affrontare dall’interno del movimento jihadista. Inoltre, vi è un’intera costellazione di islamisti radicali al di là di al Qaeda che non accetta la pretesa dello Stato Islamico al califfato. Questi islamisti cercheranno di formare i loro propri califfati o emirati negli stessi spazi di battaglia. Nel frattempo, altri gruppi che operano in diverse parti del mondo musulmano cercano di formare i loro propri califfati.

Un importante concetto in questo contesto è quello di capo dei fedeli, o emir al-momineen, che fu il titolo dato al secondo califfo dell’Islàm Omar bin al-Khattab (579-644). Da allora, questo titolo è divenuto sinonimo di quello di califfo. Nell’età contemporanea, il fondatore dei Taliban afghani, il Mullah Mohammad Omar, assunse il titolo negli anni ’90, quando il movimento governava la maggior parte dell’Afghanistan. Decenni prima, la costituzione del Marocco ha conferito questo titolo al monarca del Paese.

Il re del Marocco pretende soltanto la leadership della maggioranza musulmana del Paese. Analogamente, lo status dei Taliban afghani come una forza jihadista nazionale significava che il Mullah Omar pretendeva soltanto la leadership dei musulmani in Afghanistan. La mossa di al-Baghdadi di dichiarare sé stesso califfo di tutti i musulmani del mondo costituisce dunque una sfida all’autorità degli emirati e dei regimi dinastici o repubblicani nel mondo islamico.

Nel lontano futuro, l’islamismo radicale perderà probabilmente la sua attrattiva a causa di due grandi fattori. Il primo, il tentativo di creare califfati e le conseguenti difficoltà di governance obbligheranno molti islamisti radicali ad optare per il pragmatismo e a divenire relativamente moderati. In secondo luogo, l’opposizione dei confratelli musulmani che imparano qualcosa di politica e di governance darà loro meno spazio per operare.

E tuttavia, mentre il moderno fenomeno della concorrenza fra califfati, emirati e Stati islamici indebolirà ulteriormente i gruppi jihadisti, l’idea del califfato rimane qualcosa di irrisolto. I musulmani hanno a lungo accettato che la nozione non connota un singolo Stato per la ummah; al contrario esso simbolizza la cooperazione pan-musulmana nella forma di un regime soprannazionale come l’Unione Europea. Questo rimane uno scopo desiderabile, come è evidente vedendo l’Organizzazione della Conferenza Islamica che, benché anemica, rimane intatta.

E tuttavia, questi sviluppo saranno il risultato una lotta di molte generazioni. Fino ad allora, i problemi sociali, politici ed economici del mondo arabo-musulmano, insieme con la sua conflittualità settaria, con le rivalità geopolitiche e con gli interessi delle potenze esterne (specialmente gli Stati Uniti e l’Occidente), manterranno le condizioni nelle quali gli estremisti violenti prosperano. Così, l’islamismo radicale rimarrà una minaccia globale per decenni, specialmente per gli stessi musulmani.

(Traduzione di Gianni Pardo)

 


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