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Commissione vaccini, Schillaci fa marcia indietro. Un autogol politico che irrita Palazzo Chigi

A soli dieci giorni dalla nomina, il ministro Schillaci azzera la commissione vaccini NITAG. La decisione, innescata dalle polemiche sulla presenza di voci critiche come Bellavite e Serravalle, viene vista come una resa alle pressioni delle “virostar” e provoca un caso politico, con l’irritazione della premier Meloni.

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Il Ministro della Salute, Orazio Schillaci, ha azzerato la Commissione NITAG (Gruppo tecnico consultivo nazionale sulle vaccinazioni) a seguito di accese polemiche. Questa decisione, che appare come un clamoroso dietro-front e un autogol che mina la stessa autorità ministeriale, è avvenuta dopo appena dieci giorni dalla nomina dei membri e ha suscitato, come riferisce La Veirtà, irritazione nella Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che ha giudicato la scelta non concordata, un modo politico per scaricare le responsabilità sul ministro

La controversia è scoppiata a causa dell’inserimento nella commissione di due scienziati, Paolo Bellavite ed Eugenio Serravalle, descritti come “presunti ‘no vax'”. Bellavite, ex professore di patologia generale all’università di Verona, e Serravalle, professore di pediatria a Pisa, sono stati attaccati per aver sollevato dubbi sulle politiche vaccinali, promuovendo il dibattito scientifico.

Si tratta di medici rispettati e conosciuti, non ciarlatani, la cui documentazione scientifica è considerata inconfutabile. Erano in netta minoranza nel comitato di 22 membri, con un rapporto di 2 contro 19 o 20. Il senatore Marco Lisei (Fratelli d’Italia), presidente della commissione bicamerale d’inchiesta sul Covid, ha criticato l’uso dell’etichetta “no vax” per screditare ed emarginare colleghi, definendolo un “errore politico grave” e un segno che “parte del mondo scientifico sta ripetendo gli errori e gli orrori della gestione Covid”.

La decisione di Schillaci è stata interpretata come una resa alle pressioni della “cupola” di esperti e delle cosiddette “virostar”. Dopo la rinuncia di Francesca Russo, responsabile della Prevenzione del Veneto, si sono scatenate critiche feroci da parte di figure come Roberto Burioni, Matteo Bassetti, Fabrizio Pregliasco e Andrea Crisanti. Anche il presidente della Fnomceo, Filippo Anelli, e il premio Nobel Giorgio Parisi, quest’ultimo definito “un habitué delle censure”, hanno firmato petizioni contro i due scienziati.

Immagine artistica del ministro Schillaci

Maurizio Belpietro, direttore de La Verità, ha affermato che il ministro ha ceduto ai “baroni” e alla “cupola farmaceutico-dirigenziale”, definendo Schillaci un “Badoglio sanitario” e suggerendo che la sua nomina possa essere stata “calata dall’alto del Colle”. Perché, parliamoci chiaro, i medici non vivono in un limbo, sono fortemente influezati dall’industria farmaceutica, hanno ambizioni politiche fortissime, alla fine è facile dirigerlie guidarli. Però un ministro non dovrrebbe essere influenzato da nessun stakeholder che non siano i cittadini italiani.

Un aspetto significativo è stato l’ignorare l’appello congiunto di 132 associazioni e comitati. Queste organizzazioni avevano diffuso un documento a difesa del pluralismo scientifico e a supporto di Bellavite e Serravalle, elogiando inizialmente la scelta di Schillaci di valorizzare la diversità di competenze nel NITAG. Hanno sostenuto che la discussione “deve essere libera, pluralistica e basata su prove documentate”, e che “etichettare e delegittimare non è scienza: è arbitrio”. Hanno ribadito che il progresso scientifico è alimentato dal “dubbio costruttivo e dal confronto”, non dalla censura, e che la scienza “non è un dogma, ma un metodo”. Hanno chiesto di garantire la libertà di ricerca e di parola di medici e scienziati, accogliendo il dissenso argomentato come una risorsa. Tuttavia, questo appello è giunto “fuori tempo massimo”. Però sono state ignorate, mentre altri, con zero, o quasi, affidabilità scientifica è stato ascioltato.

La Presidente Meloni ha espresso “irritazione” per la scelta di Schillaci di azzerare il comitato, sottolineando che il governo e il premier sono “da sempre favorevoli al confronto delle idee e al dibattito scientifico”.  La Verità riporta che Meloni era “parecchio infastidita dalla mossa”. La maggioranza, infatti, aveva chiesto al ministro di rendere conto ai cittadini, piuttosto che cedere alle pressioni della comunità scientifica che rispondevano a “logiche di potere e ideologiche”.

Politicamente, la decisione di Schillaci ha generato divisioni all’interno della maggioranza e plauso dalle opposizioni. Praticamente Schillaci ha dato ragione, politicamente, alle opposizioni, tra l’altro senza nessun motivo pratico, se non l’influeza da qualcuno che stà più in alto. Il NITAG, nella sua nuova formazione, non aveva ancora aigto, eppure viene ad essere sciolto nella presunzione che un decimo dell stesso sarebbe stato in disaccordo con la maggioranza. Una visione della discussione scientifica che farebbe invidia alla Corea del Nord.


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