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Come riavvicinare la politica ai bisogni della gente: la Camera Stocastica e la Democrazia Diretta

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di Davide Gionco

Uno dei principali problemi di tutte le democrazie rappresentative è la distanza fra coloro che decidono e le reali esigenze dei cittadini.
Se guardiamo al caso dell’Italia, sono almeno 25-30 anni che si succedono governi, con relativa maggioranza parlamentare, che hanno operato per distruggere l’economia del paese, portando la quinta potenza industriale del mondo a diventare un paese da cui i giovani emigrano, in cui vivono oltre 5 milioni di poveri in povertà assouta (quasi il 10% della popolazione), in cui gran parte dei servizi pubblici fondamentali sono peggiorati a livello qualitativo e diventati sempre meno accessibili per i cittadini.

Tutto questo è avvenuto con l’approvazione dei vari parlamenti che si sono susseguiti, che hanno sostenuto governi, votato leggi e persino modifiche della Costituzione, Parlamenti formati da persone che abbiamo eletto noi italiani, anche se a volte con leggi elettorali incostituzionali (ma sempre approvate dal Parlamento).
Ora ci troviamo con un Parlamento sul quale la maggioranza degli italiani (ma non la stampa) ripone fiducia. Auguriamoci che ci arrivi qualche cosa di buono. Ma non è questo il punto.

Il punto è comprendere le dinamiche che portano la classe politica, di qualunque partito, ad estraniarsi dalla realtà del popolo che dovrebbe rappresentare. Cos’è che porta la classe politica a votare leggi contrarie agli interessi del popolo?
E’ un luogo comune pensare che tutti i politici siano corrotti o che lo diventino non appena entrano nei palazzi e questo spiegherebbe, agli occhi dei cittadini, i risultati delle loro votazioni in Parlamento.
Ci sarà sicuramente del vero, ma siamo convinti che ci siano anche dei politici che si impegnano con passione ed onestà a portare avanti bene il loro mandato. Resta però il fatto che molte decisioni contrarie agli interessi del popolo vengono approvate e noi ne paghiamo le conseguenze. Come evitare tutto questo?

La storia ci dimostra che inevitabilmente i partiti tendono a diventare delle oligarchie, dove pochi leader decidono per tutti. E ci dimostra che molto spesso l’influenza delle lobbies, in particolare quelle legate agli interessi economici, è determinante per la formazione delle leggi ed il loro esito in Parlamento.
Il sociologo-politologo Moises Ostrogorski si occupò della questione già oltre un secolo fa. Gli obiettivi politici dei partiti sono un misto fra obiettivi ideali, dettati dal modello di società che intendo realizzare, e richieste delle lobbies che su di loro esercitano pressioni, mediante ricatti e mediante cospiscui finanziamenti.
Ciascun partito, infatti, ha bisogno di denaro per promuovere la propria visione di società. Le lobbies economiche offrono questo denaro in cambio di “favori”. I partiti che più sanno soddisfare le lobbies, ricevono più finanziamenti, trovano maggiore spazio sulla stampa e in tv, ottengono maggior consenso popolare alle elezioni ed hanno maggiori probabilità ad andare al governo del paese. Dopo di che della visione ideale del partito, giusta o sbagliata che fosse, resta ben poco, anche perché lo stesso tipo di “selezione” avviene non solo fra i partiti, ma anche all’interno dei partiti, premiando le persone più capaci di portare finanziamenti al partito e non le persone più capaci a risolvere i problemi dei cittadini. I partiti tendono a trasformarsi in comitati elettorali, allontanandosi dal ruolo che dovrebbero ricoprire ai sensi dell’art. 49 della Costituzione.

Nel Centro Studi della nostra associazione Confederazione Sovranità Popolare www.sovranitapopolare.it abbiamo analizzato il fenomeno, che non è legato alla visione politica di un partito (di destra, di sinistra, ecologista, cattolico, laico, sovranista, europeista, ecc.), ma è legato al sostanziale monopolio dei partiti nel processo decisionale delle leggi.
Se ogni legge votata in Parlamento fosse sottoposta a referendum, certamente si potrebbe evitare che molte leggi vadano contro gli interessi del popolo.
Casi emblematici sono stati negli ultimi anni il referendum sull’acqua pubblica (a cui, però, non è poi stata data attuazione pratica) ed il referendum che il 4 dicembre 2016 respinse la riforma costituzionale di Renzi.
Tuttavia non è pensabile chiamare alle urne l’intero popolo italiano su ogni legge approvata dal Parlamento.

La proposta che è emersa dalla discussione è che si potrebbe riformare l’attuale sistema bicamerale dell’Italia mantenendo una “Camera A” di deputati proposti dai partiti ed eletti ogni 5 anni come avviene oggi, mentre la seconda “Camera B” potrebbe essere composta da cittadini tirati a sorte (Camera stocastica), che avrebbero il solo compito di approvare e respingere le leggi votate dalla “Camera A” del Parlamento.
I cittadini tirati a sorte rappresenterebbero statisticamente gli italiani. Ogni votazione sarebbe quindi una specie di mini-referendum.
Per evitare che anche nella “Camera B” si riproducano gli stessi fenomeni distorsivi causati dalle lobbies economiche, l’assemblea potrebbe essere rinnovata per il 50% ogni 3 mesi, con una durata massima del mandato di 6 mesi. In questo modo le lobbies non avrebbero il tempo di determinare dei cambi di opinione “di interesse” nei deputati.

Gli effetti di una tale riforma sarebbero moto positivi sull’altra camera, qualla dei “professionisti” della politica.
I deputati della “Camera A”, infatti, non potranno più occuparsi esclusivamente di curare gli interessi delle lobbies che li finanziano, ma dovranno anche occuparsi di convincere i deputati della “Camera B” dell’adeguatezza delle leggi che approvano.
Questa dinamica farebbe emergere all’interno dei partiti le persone più capaci ad interpretare i bisogno dei cittadini, le capacità e le competenze. I partiti aumenterebbero l’interesse ad avere dei luoghi di incontro con la popolazione sul territorio, spiegando loro la necessità di votare certe leggi ed ascoltanto le esigenze degli italiani.
Potrebbero finalmente svolgere un prezioso compito di intermediazione politica fra Parlamento e territorio.

Potrebbe anche accadere che leggi ben scritte e necessarie, elaborate nella “Camera A”, vengano respinte dalla “Camera B”.
In tal caso la “Camera A” dovrebbe poter avere la possibilità, assumendosene la responsabilità, di sottoporre quella legge ad approvazione popolare, andando a referendum. Su qualsiasi argomento, naturalmente, superando le attuali limitazioni di materia che la Costituzione pone ai referendum popolari.
Potrebbe anche accadere che, nonostante questi meccanismi, vengano approvate dalle due camere leggi contrarie agli interessi del popolo.
In questo caso dovrebbe essere il popolo ad avere la possibilità di andare a votare per modificare tali leggi. Su qualsiasi argomento, in quanto primo organo legislativo.
Una vera Democrazia Diretta.
La sola possibilità, come avviene in Svizzera, che il popolo possa votare su qualsiasi questione come può fare il Parlamento, funge da monito permanente sui deputati: “E se poi il popolo votasse contro questa legge che sto approvando?“. Per ogni deputato sarebbe più importante la volontà degli elettori e molto di meno la volontà del proprio leader di partito.
Per coerenza con questo meccanismo la legge elettorale dovrebbe essere possibilmente proporzionale e certamente con la possibilità di esprimere una preferenza nominativa.

Il fatto di togliere ai partiti il monopolio sulla formazione delle leggi avrebbe certamente un effetto benefico sulla loro qualità, sulla nostra democrazia e, in definitiva, anche sulla nostra vita di tutti i giorni.
La discussione è aperta.

 

 

 

 

 


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