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Come i Cinesi aggirano i dazi di Trump (per ora…)

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I dazi di Trump sulle importazioni cinesi, non tanto quelli annunciati a maggio del 25%, che ancora non sono attivi, ma quelli precedenti al 10%, stanno avendo i loro effetti sull’andamento del surplus commerciale cinese, che ha raggiunto il valore minimo dal 2014.

Il calo è stato pari a 12,5 miliardi di dollari, un valore notevole per il trimestre ed ha colpito soprattutto settori quali la componentistica elettrica e la meccanica, parti importanti dell’export USA. Però una ricerca condotta da Nikkei mette in luce come il dato potrebbe essere stato falsato da frodi.

Infatti se cala l’export verso gli USA asi incrementa quello verso Taiwan, il Messico e il Viet Nam, paesi avanzati o in sviluppo che possono aumentare gli acquisti, ma non nei volumi che si sono visti ultimamente.

L’aumento dell’export cinese nei tre stati è stato seguito da un aumento consistente di quello di questi paesi verso gli USA, con un picco di più del 58% per il VietNam e del 3% per Taiwan. Appare chiaro che molte ditte cinesi stanno approfittando di intermediari compiacenti in questi stati per far transitare le proprie merci esenti da dazi. Questo effetto sicuramente viene in parte e mettere i dazi fuori gioco, ma, nello stesso tempo è stato probabilmente tenuto in considerazione dal governo USA che in questo modo vede distribuiti a paesi alleati parte dei margini che prima erano di competenza solo cinese. Bisogna poi dire che paesi più competitivi dal punto di vista tecnologico ne stanno approfittando, con la Cina Nazionalista che ha iniziato ad esportare 2700 nuove categorie di prodotti negli USA che prima non esportava. Nello stesso tempo la Cina sta sovvenzionando pesantemente le società più colpite dai dazi per permettere loro di superare questi momenti difficili.

 

 

 

 

While there has been a spate of moves by companies to relocate production from China to other parts of the world in order to circumvent punitive U.S. import tariffs, there is a possibility that “roundabout exports” that involve faking the origin of products are also increasing.

Nikkei analyzed the movements of goods between the U.S., China and the rest of the world based on data from the U.S. International Trade Commission and the International Trade Centre.


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