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“Combatti o fuggi.” di R. SALOMONE-MEGNA

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Lo scrivente ha sessantatré anni, essendo nato nell’ormai lontano 1956.

All’epoca, l’economia italiana era in piena espansione e anche le nascite crescevano

All’ uscita dalle scuole c’erano masse vocianti di bambini e di adolescenti, pochissimi gli adulti, tutto il contrario di quanto invece accade oggi: un gran numero di adulti, una massa indistinta di genitori, nonni, zii e parenti vari, tra i quali sono dispersi i fanciulli, in cerca di chi li condurrà a casa, così come i cuccioli dei pinguini dell’Antartide.

Ribadisco che ai miei tempi non era così e, soprattutto al termine delle lezioni, all’esterno delle aule scolastiche, era il momento buono per regolare le “offese”.

Era un vero e proprio “fight club” ante litteram.

Il motivo era essenzialmente uno: l’offesa all’onore delle donne di famiglia.

Preciso meglio. Erano assolutamente intollerabili, in ordine crescente, gli apprezzamenti sulle grazie delle sorelle e sulla moralità delle madri. Si sorvolava qualche volta ma non sempre, sulle considerazioni boccaccesche relative alle cugine.

Dei padri, invece, nessuno si importava più di tanto.

Mi sono sempre spiegato questa stranezza col fatto che noi gente del Sud, prima dell’arrivo degli indo-europei, eravamo adoratori di Demetra, la thea mater, quindi abbiamo nel nostro DNA un grande rispetto per la donna, destinata per natura alla procreazione.

Indo-europei a parte, le scazzottate non preoccupavano i nostri insegnanti, nessuno gridava al bullismo, neologismo non ancora coniato, e il tutto veniva valutato come un momento di crescita, un vero e proprio rito di passaggio dall’adolescenza alla giovinezza.

Anche io, illo tempore, non mi sono potuto esimere dal partecipare a questi animati confronti poiché, pur non avendo sorelle e poco importandomi delle mie cugine, avevo una madre e per giunta anche molto bella e quindi giù botte da orbi a chi osava esternare desideri lubrici su di lei.

Ovviamente la cosa finiva lì e poi tutti a giocare a pallone nella piazza antistante la scuola, cosa oggi impossibile ed impensabile, poiché quella piazza è stata trasformata in uno squallido parcheggio.

Cosa appresi da quelle , diciamo, attività extra-scolastiche?

Sostanzialmente due cose: in primis non mostrarsi mai impaurito, in secundis colpire per primo altrimenti bisogna scappare, proprio quello che Walter Bradford Cannon ha chiamato “reazione di attacco o di fuga”.

Non ci sono mezze misure, tertium non datur, o attacchi o scappi altrimenti le prendi di santa ragione.

Questo vale sempre, anche per i popoli ed il caso della Grecia è emblematico.

Il 61% dei greci con il referendum del 5 luglio 2015 rigetta il piano della Troika, dando mandato al governo Tsipras per una linea diversa.

“Abbiamo dimostrato”, commentò allora il premier Alexis Tsipras, “che non si può ricattare la democrazia. Ma non è una rottura con l’Ue, domani ricominciamo a lavorare per uscire dalla crisi e per riportare alla normalità il sistema delle banche”.

Il ministro delle finanze Varoufakis si rivolse addirittura direttamente alla C.E.: “Ora l’Europa inizi a curare le sue e le nostre ferite. Il no è un sì alla democrazia e all’Ue del benessere”.

Come è andata a finire per la Grecia?

Malissimo, perché il Governo greco in realtà non era pronto a combattere, aveva fatto solamente un “bluff” sulla pelle dei greci.

Non aveva alcun piano B e Tsipras avrebbe fatto meglio ad accettare la prima proposta avanzata dai creditori i quali, anche a futura memoria, hanno poi voluto impartire una lezione durissima ai greci che sono stati costretti a vendere i propri porti, gli aeroporti e perfino il legname dei boschi dell’Ellade.

Se avessero potuto, FMI e BCE, è il caso di dire degni figli di Troika, avrebbero pure incendiato il Partenone, come fece Serse 1°.

Allora gli ateniesi scelsero di fuggire ed abbandonarono per tempo Atene, anche per poter combattere successivamente in condizione di vantaggio a Platea.

Parliamo ora delle italiche vicende e del Governo Movimento Cinque Stelle-Lega.

E’ di lapalissiana evidenzia che le regole europee non possono essere cambiate dall’interno.

Le elezioni europee, ormai, fanno parte del passato e possiamo concludere che non ci sono amici nell’ambito della UE che possono toglierci le castagne dal fuoco, lo devono fare gli italiani.

Prima domanda a cui si deve dare una risposta: si combatte o si scappa?

Se si combatterà allora ha un senso che Salvini vada negli Stati Uniti a sperticarsi in atti di piaggeria, contraddicendo le recenti posizioni italiane in politica estera sul Venezuela, sulla Siria, sulla Russia e sulla Cina , pur di avere un potente alleato nell’imminenza della guerra.

Ed in questo caso bisogna anche colpire senza indugio coloro che dall’interno dell’amministrazione italiana remano contro il Governo, la cosiddetta quinta colonna.

Ma non basta.

Si devono varare i mini-bot subito, senza tentennamenti e, come ho scritto in un altri articoli, collocare il debito pubblico italiano presso le famiglie italiane, rendendolo ad esse appetibile, limitando sino ad azzerare l’emissione di BTP, strumento di speculazione internazionale, ed eliminando il sistema di aste marginali.

Ma se non si vuol combattere è meglio scappare, che significherebbe in buona sostanza dare pedissequa attuazione alle prescrizioni della C.E. e non fare come Tsipras: ci abbiamo provato ma era solamente uno scherzo!

Come direbbe Quinto Orazio Flacco:” Asellus dimittit auriculas” (l’ asinello abbassa le orecchie), rassegnato al suo destino!

 


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