di Colm Mac Carthy, 5 aprile 2015
Quando uno strumento si guasta, si può aggiustarlo definitivamente, rottamarlo, oppure rattopparlo con mezze misure. L’architettura dell’Eurozona è uno strumento di politica economica che chiaramente non funziona, e la strategia adottata è quella di ideare dei rimedi temporanei uno dopo l’altro.
I leader politici europei hanno trascorso 10 settimane a lottare con l’ultima puntata della crisi greca, cinque anni dopo che è scoppiata nei primi mesi del 2010. Non c’è una soluzione in vista e il tempo trascorso dal momento della vittoria elettorale di Syriza, il 25 gennaio, è stato sprecato in un dialogo tra sordi, intercalato da notizie e contro-notizie, minacce velate ed esplicite. Non è stato impostato per la Grecia alcun chiaro percorso verso una vera ripresa, e sia i leader dell’UE sia i leader greci sembrano soddisfatti di darsi la colpa a vicenda per scopi politici interni. Rimane ancora il grave rischio che la Grecia possa usciri dalla moneta unica, per un incidente o per decisione volontaria.
L’eurozona era destinata a durare per sempre, per tutti i paesi che vi avevano aderito, a essere non solo un’unione monetaria permanente ma il catalizzatore decisivo per il sogno politico di una «unione sempre maggiore». Essa invece si è rivelata prematura, mal progettata, mal riuscita, un freno alla ripresa economica, una sorgente continua di nuove divisioni in Europa e una distrazione da gravi sfide geopolitiche ai confini dell’Europa.
La prova rivelatrice di questa disfunzione è nella pomposa auto-definizione dell’eurozona – ‘Unione Economica e Monetaria’. I pezzi non si staccano da un’Unione Monetaria che funziona. L’Europa ha in effetti raggiunto un notevole grado di integrazione economica. Esiste il libero scambio, equivalente a un mercato unico e la libera circolazione dei lavoratori. Fino a quando è iniziata la crisi dell’euro, c’era anche libera circolazione dei capitali. Questa è ora sospesa da due anni a Cipro e i controlli sui capitali vengono proposti (ironicamente dai funzionari della Banca Centrale Europea) come parte della ‘soluzione’ per la Grecia.
L’idea che i frutti dell’Unione Monetaria comportino la sospensione della mobilità dei capitali sarebbe divertente, se la posta in gioco non fosse così alta.
L’eurozona non è un’unione monetaria. È solo un’area con una valuta comune. Per capire perché questa distinzione è importante, consideriamo che forma prenderebbe effettivamente un’uscita della Grecia dall’euro. I depositi sui conti delle banche greche formano la maggior parte dell’offerta di moneta in quel paese. Se la convertibilità viene sospesa – vietando i pagamenti all’estero, come è successo a Cipro – un euro in una banca greca cessa di essere equivalente a un euro in qualunque altro posto al di fuori della Grecia. La BCE può sospendere la convertibilità dei depositi bancari greci senza chiedere il consenso alle autorità greche, o facendo collassare le banche greche o negando loro l’accesso al cosiddetto sistema ‘Target2′, che è sotto il suo controllo. Tutti i pagamenti tra le banche dell’Eurozona passano attraverso il sistema Target2.
In questo modo la Grecia potrebbe finire con l’avere una nuova moneta (l’”euro greco”) prima che il governo stampi effettivamente nuove banconote. Alcuni commentatori si aspettano che questo sia precisamente il modo più probabile per un’uscita greca dall’euro. Anche la gente lo pensa: ci sono stati grandi deflussi dalle banche greche, con fondi trasferiti al sicuro all’estero o convertiti in denaro liquido. Chiunque abbia depositi in una banca greca, dovrebbe sentirsi nervoso, anche se crede che la banca sia interamente solvibile.
C’è una distinzione fondamentale tra una corretta unione monetaria e un’area che ha soltanto una valuta comune. In un’unione monetaria completa, come gli Stati Uniti, la posizione geografica delle banche solvibili non ha importanza. Nessuno teme che California possa lasciare la zona del dollaro, mettendo a rischio il valore dei depositi nelle banche della California, anche se lo stato della California ha fatto un pasticcio con le sue politiche di bilancio (cosa che ha fatto, tra l’altro). Hegli USA l’indirizzo della sede di una banca non ha importanza e nessuno parla della possibilità che la California abbandoni il dollaro, o sia espulsa dalla zona del dollaro.
Creare una moneta comune per l’Europa prima di un’unione politica più stretta, inclusa un’unione bancaria, è stata una scommessa e la scommessa è stata persa. Il governo greco potrebbe esaurire il denaro in pochi giorni o settimane, salvo un’altra soluzione temporanea. Anche si trova un accordo, il ruolo della Grecia nell’eurozona rimarrà indefinitamente incerto. I leader dell’eurozona hanno lasciato intendere che esistono ‘Firewall’ per evitare contraccolpi su altri paesi se la Grecia fosse espulsa. In effetti, stanno dicendo che la provvisorietà dell’appartenenza all’eurozona è vista come una nuova caratteristica di progettazione.
I tassi di interesse ufficiali nell’eurozona sono ai minimi da sempre e la BCE ha avviato acquisti su larga scala di debito pubblico. Questo rende possibile per i governi indebitati, compreso il governo irlandese, di finanziare i loro deficit e rifinanziare i debiti in scadenza a basso costo. Ma nessuno pensa che questa soluzione-tampone funzionerà per sempre. Sarebbe un naturale sviluppo se i tassi di interesse tornassero leggermente sopra del tasso di inflazione, che dovrebbe essere al 2%. L’attuale regime di tassi di interesse (alcuni fortunati governi possono prendere in prestito denaro per cinque anni a tasso negativo) è un’altra soluzione temporanea e non può durare.
La strategia preferita è far finta che le debolezze intrinseche nella progettazione dell’eurozona siano state superate e tirare a campare, con o senza la Grecia. Questa politica potrebbe funzionare, almeno per un po’, nel senso di mantenere in piedi il carrozzone. Ma i membri più deboli saranno a rischio permanente di bassa crescita, alta disoccupazione e deficit persistenti. Ci saranno altre dispute sul rispetto delle regole di bilancio. Se il prossimo paese ad eleggere un governo non cooperativo sarà uno stato grande (potrebbe essere Francia, Italia o Spagna) l’esperimento potrebbe avviarsi a una fine catastrofica. Espellere la Grecia potrebbe essere gestibile, ma l’euro non durerà a lungo se l’adesione di un grande paese viene messa in discussione.
Questo rischio aumenterà se la Grecia verrà data in pasto ai lupi. L’imposizione di controlli di capitali a Cipro è stato il primo riconoscimento che questa non è davvero una corretta unione monetaria. Se la Grecia esce, allora l’adesione stessa e non solo i termini dell’adesione, cessa di essere garantita. Se uno dei 17 membri rimasti si mette nei guai il deflusso dal sistema bancario sarà enorme e immediato (guardate cosa è successo in Grecia!). Il ‘salvataggio’ greco del maggio 2010 è stato pasticciato, e i greci meritano più simpatia di quella che riscuotono. Ma il problema non è la Grecia, è il tentativo di avere un’unione monetaria senza prendere le necessarie decisioni politiche.
Un sistema meno soggetto ad incidenti, con un’unione bancaria completa, avrebbe potuto essere progettato e implementato nel 1999, quando è stato introdotto l’euro. Il pacchetto di riforme introdotte dal momento di inizio della crisi non rappresenta una nuova progettazione che possa essere durevole. Essa potrebbe ancora essere fatta, ma le riforme necessarie incontrano resistenze, principalmente in Germania, e la volontà politica di condividere la sovranità è diminuita, mentre i litigi e le minacce di espulsione procedono a ritmo sostenuto. La vera alternativa è ammettere che non si può realizzare in questo momento una corretta unione monetaria, e coordinare un ritorno alle monete nazionali. Ma questo sarebbe un fatto dirompente e richiederebbe ancor più coraggio politico. Quindi, si va avanti con la strategia di tirare a campare.