Difesa
Cina: le quattro condizioni che possono portare all’intervento della Marina cinese
Il think tank cinese SCSPI ha identificato le uattro condizioni condiuzioni che potrebbero portare a un intervento della Marina nel PLA nel Mar Cinese Merdionale
Gli incontri con le forze armate cinesi nel Mar Cinese Meridionale sono in gran parte “sicuri e professionali” e l’Esercito Popolare di Liberazione intercetterà le forze straniere nelle acque contese solo in quattro condizioni specifiche, secondo un influente think tank cinese che, ovviamente, parte dall’elogio delle forze navali cinesi.
La South China Sea Strategic Situation Probing Initiative (SCSPI) ha pubblicato venerdì il suo rapporto sulla situazione della navigazione e del sorvolo nella vasta via d’acqua ricca di risorse, ripreso da SCMP.
Secondo il rapporto, nella regione si verificano più di 10 incontri al giorno e migliaia all’anno. Gli attriti si sviluppano principalmente quando:
- le forze straniere si avvicinano alla terraferma cinese o alle sue acque territoriali e al suo spazio aereo,
- “entrano entro 12 miglia nautiche (22 km) da elementi controllati dalla Cina nelle isole Spratly e Scarborough Shoal”
- il PLA inoltre interviene quando “le forze statunitensi entrano nelle acque territoriali e nello spazio aereo delle isole Paracel per le cosiddette ‘operazioni di libertà di navigazione'”.
- l’ultima condizione di attrito è quando le forze straniere “si avvicinano eccessivamente o si intromettono nelle esercitazioni militari del PLA, comprese le esercitazioni a fuoco vivo”.
Presentando il rapporto a Pechino, il direttore dello SCSPI Hu Bo ha dichiarato: “A parte queste quattro condizioni, non c’è stato alcun ostacolo [causato dalla PLA] alle attività di navi e aerei militari stranieri, anche all’interno delle acque contese e delle zone economiche esclusive (ZEE) cinesi”. Una bella frase che, però è in contrasto con quanto scritto nel punto 2…
Le Nazioni Unite definiscono le ZEE come zone che si estendono per 200 miglia nautiche oltre il mare territoriale di una nazione. La Cina rivendica la sovranità sugli arcipelaghi Pratas, Paracel, Spratly e Macclesfield Bank, tutti o in parte rivendicati anche da paesi vicini come Filippine, Vietnam, Malesia e Brunei, e anche in contrasto con quanto definito dalle corti internzionali del mare.
Le Second Thomas Shoal e Sabina Shoal, che, secondo la Cina fanno parte delle Isole Spratly, hanno visto un’escalation di scontri tra la guardia costiera cinese e quella filippina nell’ultimo anno. Manila ha anche denunciato pericolose manovre aeree cinesi nei pressi di Scarborough Shoal, una zona controllata da Pechino a circa 140 km (87 miglia) a ovest dell’isola filippina di Palawan. Secondo Hu, l’esercito cinese segue e monitora le attività straniere in prossimità del suo mare e del suo spazio aereo, in linea con la prassi internazionale. Ma non è vero che la Cina controlla l’intera area all’interno della ‘linea a nove linee’ [come riporta la maggior parte dei media stranieri]”, ha detto, riferendosi alla linea a forma di U che circonda quelle che Pechino definisce le sue rivendicazioni storiche.
Tuttavia, la Cina agirà come qualsiasi altro Paese “se gli incidenti colpiscono gravemente la sovranità, la sicurezza nazionale e il personale cinese”, ha aggiunto Hu.
Ovviamente quesot è il punto di vista del Think Tank cinese, vicono al PLA. Se sentissimo un suo equivalente statunitense o i consiglieri dei governi filippino o giapponese avremmo dei punti di vista diametralmente opposti, e sicuramente ugualmente ben giustificati. Recentemente Tokio ha protestato fortemente quando una nave cinese è passata nelle acque territoriali delle Senkaku. Nello stesso tempo l’aver limitato e definito le occasioni di scontro può aiutare a limitarli o a renderli gestibili senza degenerazioni.
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