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Cile, trionfa Kast: una lezione di democrazia (e di realismo) che gela la sinistra europea

José Antonio Kast stravince le elezioni promettendo ordine e sicurezza. Transizione democratica esemplare con Boric, mentre Bruxelles paga l’isolamento delle destre sudamericane. Tagli alla spesa e tolleranza zero: il nuovo corso cileno.

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Mentre l’Europa continua a guardarsi l’ombelico, persa tra Green Deal irrealizzabili e “cordoni sanitari” contro chiunque non reciti il rosario del progressismo politicamente corretto, il mondo va avanti. E talvolta, come accaduto domenica in Cile, il mondo dà lezioni di maturità democratica che dovrebbero far arrossire più di un funzionario a Bruxelles e a Berlino.

Il Cile ha parlato, e lo ha fatto con una voce tonante, inequivocabile. José Antonio Kast, leader del Partito Repubblicano, etichettato con quella pigrizia intellettuale tipica del giornalismo mainstream come “ultradestra”, ha stravinto le elezioni presidenziali. Non è stata una vittoria di misura, contestata o frutto di alchimie elettorali: è stato un plebiscito contro il disordine, l’insicurezza e l’ideologia scollegata dalla realtà. Kast ha ottenuto il 58,1% dei voti, lasciando la candidata comunista Jeannette Jara al 41,8%. Si tratta della peggiore sconfitta per la sinistra cilena dal ritorno alla democrazia nel 1990.

Ma c’è di più. In un’epoca in cui si dipinge ogni candidato conservatore come un pericolo per le istituzioni, il passaggio di consegne in Cile si sta rivelando un esempio da manuale di correttezza costituzionale. È la rivincita del reale sull’ideale, della sicurezza sulla retorica, e pone l’Unione Europea di fronte al fallimento della sua miopia geopolitica in Sud America.

I numeri della disfatta progressista

Per comprendere la portata dell’evento, è necessario guardare i dati freddi, quelli che non mentono e che spesso infastidiscono le narrazioni precostituite.

CandidatoSchieramento% Voti% ScrutinioEsito
José Antonio KastDestra Repubblicana58,1%99%Eletto Presidente
Jeannette JaraSinistra / PC41,8%99%Sconfitta

Il distacco di oltre 16 punti percentuali racconta una storia precisa: il Cile non si divide più tra “Sì” e “No” a Pinochet, una frattura storica del 1988 che la sinistra ha cercato di mantenere in vita artificialmente per 35 anni. Oggi il Cile si divide tra chi vuole ordine e chi ha tollerato il caos. La Jara si è presentata come radicale e comunista, e il Cile moderno non può più appoggiare queste posizioni.

La perdente Jara

La frattura attuale nasce dalla rivolta violenta dell’ottobre 2019 e dal successivo tentativo, fallito miseramente, di imporre una Costituzione ultra-progressista nel 2022 (bocciata dal 62% dei cileni). La vittoria di Kast è la pietra tombale sul governo uscente di Gabriel Boric e sulle velleità rifondative di una sinistra che ha perso il contatto con il popolo.

Una transizione “svizzera” nel cuore delle Ande

Ci avevano raccontato che l’arrivo della destra avrebbe comportato la fine della democrazia. E invece? Invece assistiamo a una scena che in molti parlamenti europei, dove l’odio ideologico ha sostituito il dibattito, parrebbe fantascienza.

Gabriel Boric, il giovane presidente di estrema sinistra uscente, ha chiamato Kast. La conversazione è stata cordiale, istituzionale nel senso più alto del termine.

“Anche lei alla fine capirà cosa significa la solitudine del potere”, ha detto Boric, con un tocco di umana malinconia.

Il Presidente uscente Boric

Kast ha ringraziato, invitandolo a una transizione ordinata e dicendogli che “terrà conto delle sue opinioni” anche dopo l’insediamento dell’11 marzo. Un gesto di rispetto che onora le istituzioni.

Non ci sono stati assalti ai palazzi, non ci sono state piazze in fiamme. Jeannette Jara ha ammesso la sconfitta immediatamente: “La democrazia ha parlato forte e chiaro“. Magari fosse così anche in Europa.

Questa normalità istituzionale è la vera notizia. Dimostra che le etichette di “fascismo” appiccicate a Kast erano, per l’appunto, etichette da campagna elettorale. Kast ha persino elogiato l’avversaria, ricordando che “ci sono persone buone e cattive sia a destra che a sinistra”. Una banalità? Forse, ma in un mondo polarizzato suona rivoluzionaria.

Il programma: Ordine, Sicurezza e il nodo della Spesa Pubblica

Perché ha vinto Kast? Non per nostalgia del passato (anche se i suoi avversari hanno battuto ossessivamente sul tasto del padre ufficiale della Wehrmacht e del suo sostegno al “Sì” al referendum di Pinochet del 1988), ma per paura del presente.

I cileni sono spaventati. Il Cile è diventato il sesto paese più timoroso al mondo secondo il Global Safety Report di Gallup. Il tasso di omicidi è raddoppiato in dieci anni. L’immigrazione irregolare, in particolare dal Venezuela, è fuori controllo.

Il programma di Kast è brutale nella sua semplicità, ed è esattamente ciò che l’elettore medio, stanco di teorie sociologiche sulla criminalità, voleva sentire:

  • Sicurezza Totale: Costruzione di una mega-prigione nel deserto di Atacama, l’area più arida al mondo. Meglio non scappare. (modello Bukele? Forse, ma in salsa andina).
  • Immigrazione: Tolleranza zero. Kast conta i giorni che mancano al suo insediamento come i giorni che restano agli irregolari per andarsene.
  • Economia di Emergenza:  Kast eredita conti pubblici in disordine e una crescita asfittica. Ha promesso un taglio della spesa pubblica di 6,5 miliardi di dollari. Una cura alla Milei che è quella più complessa da approvare.

L’analisi economica: Da un punto di vista keynesiano, tagliare la spesa pubblica in un momento di stagnazione è sempre un rischio, perché si può deprimere ulteriormente la domanda aggregata. Tuttavia, bisogna ammettere che la spesa improduttiva e clientelare creata negli ultimi anni va sfoltita. La sfida di Kast sarà chirurgica: tagliare gli sprechi della burocrazia socialista senza uccidere i servizi essenziali, per ridare fiducia agli investitori esteri.

Se riuscirà a coniugare il rigore con la crescita, sarà un miracolo. Se si limiterà all’austerità cieca, i problemi sociali torneranno. Ma la priorità, ha chiarito, è la sicurezza giuridica e fisica: senza quella, non c’è economia che tenga.

Bruxelles e Berlino: il fallimento della “Brandmauer”

La vittoria di Kast non è solo un fatto cileno. È uno schiaffo sonoro alla diplomazia dell’Unione Europea, e in particolare a quella tedesca a guida social-verde. Questi hanno applicato la politica del “Brandmauer” del rifiutare a priori il colloquio con forze di destra. Il risultato è un fallimento politico.

Per anni, l’Europa ha scommesso tutto sui governi di sinistra in America Latina (Lula in Brasile, Petro in Colombia, Boric in Cile), costruendo un muro ideologico (una Brandmauer, come dicono i tedeschi) contro chiunque fosse di destra.

Berlino ha snobbato Javier Milei in Argentina. Ha guardato con sospetto il cambio in Bolivia. Ha trattato Kast come un paria a causa delle origini del padre (una colpa che ricade sui figli solo secondo la logica perversa di certa sinistra).

Il risultato?

  • L’Europa si trova ora con un Sud America che vira nettamente a destra, e non ha i numeri di telefono giusti.
  • Mentre l’UE finanziava con miliardi i progetti “green” di Lula (che intanto batteva record di trivellazioni petrolifere e uso di pesticidi, nell’ipocrisia generale), i conservatori sudamericani tessevano legami con gli Stati Uniti (specie sponda Trump) e mantenevano un approccio pragmatico.
  • Gustavo Petro in Colombia, coccolato dai verdi tedeschi, è ora impantanato in scandali e fallimenti, mentre inveisce su X contro Kast definendolo “la morte in forma umana”. Un linguaggio che qualifica chi lo usa, non chi lo riceve.

La diplomazia UE si è rivelata dilettantesca, guidata dall’ideologia invece che dagli interessi nazionali ed europei. Hanno preferito la purezza morale all’influenza geopolitica. Ora dovranno tornare col cappello in mano a Santiago e Buenos Aires, sperando che Kast e Milei siano più pragmatici di quanto lo siano stati loro.

Il futuro:  Milei o Bolsonaro?

Kast salirà al potere con un mandato forte ma con un Parlamento frammentato. Non avrà la maggioranza al Congresso, anche se il suo partito è cresciuto. Dovrà negoziare.

La domanda che tutti si pongono è: che tipo di leader sarà?

  1. Un Javier Milei, visionario e dirompente, pronto a scardinare l’intero apparato statale?
  2. O un Jair Bolsonaro, più concentrato sullo scontro culturale che sull’amministrazione?

L’approccio misurato della notte elettorale, i toni concilianti verso Boric e il focus sull’ordine amministrativo suggeriscono una via mediana fra un atteggiamento più di destra moderna e un conservatorismo classico alla tedesca (quello della CDU di trent’anni fa, non quella odierna).

Kast ha promesso un “governo di emergenza”. Sa che non avrà la luna di miele. Ha già avvertito i suoi: “Se qualcuno si aspetta che tutto cambi dal primo giorno, non accadrà”. È un bagno di realismo.

Il ciclo politico sudamericano è cambiato. Dopo Argentina e Bolivia, il Cile conferma che la sbornia della “nuova sinistra” è finita. I popoli chiedono sicurezza, strade libere dai criminali e un’economia che funzioni, non nuove costituzioni scritte con la “schwa” o retorica terzomondista.

L’Europa, se vuole contare qualcosa, farebbe bene a capirlo in fretta, togliendosi gli occhiali rosa e iniziando a guardare il mondo per quello che è, e non per quello che vorrebbe che fosse.


Domande e risposte

Perché i media definiscono Kast “di estrema destra” e quanto è vero?

L’etichetta deriva in parte dalle sue posizioni conservatrici su temi etici (aborto, matrimonio gay) e, soprattutto, dal suo passato rifiuto di condannare in toto il regime di Pinochet, sostenendo che il plebiscito del 1988 offriva una scelta tra due modelli legittimi. Tuttavia, durante l’ultima campagna ha moderato i toni, concentrandosi su sicurezza ed economia e promettendo rispetto per la democrazia. La definizione “estrema” serve spesso a delegittimare avversari non allineati al mainstream; Kast appare oggi più come un conservatore “law and order” classico che un eversore.

Quali saranno le conseguenze economiche immediate per il Cile?

Il mercato ha reagito positivamente alla sconfitta del comunismo, vedendo in Kast una garanzia di stabilità e rispetto della proprietà privata. Tuttavia, il piano di tagliare 6,5 miliardi di spesa pubblica in un anno è drastico. Se attuato troppo bruscamente, potrebbe contrarre il PIL e generare tensioni sociali. La scommessa di Kast è che il taglio agli sprechi e la maggior sicurezza attrarranno capitali esteri sufficienti a compensare il calo della spesa statale. Sarà un equilibrio precario: il Cile ha bisogno di crescita, non solo di rigore contabile.

In che modo questo voto influenza i rapporti con l’Europa?

Il voto mette a nudo l’errore strategico dell’UE e della Germania, che avevano puntato tutto sulla sinistra “woke” sudamericana, isolando le destre. Con Kast in Cile e Milei in Argentina, i principali partner commerciali dell’area sono ora governati da forze che Bruxelles ha snobbato. Questo costringerà la diplomazia europea a un imbarazzante dietrofront per non perdere terreno rispetto a USA e Cina. È probabile che l’accordo UE-Mercosur debba essere ridiscusso su basi più pragmatiche e meno ideologiche, se l’Europa vorrà mantenere una rilevanza nel continente.

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