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Ci sono le sanzioni economiche dietro una possibile recessione in Russia?

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Guest post di Francesco Simoncelli da Freedonia e Rischio Calcolato

 

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di Frank Shostak

Secondo i commentatori, le sanzioni imposte dagli Stati Uniti e dall’Unione Europea stanno spingendo la Russia verso una recessione. Tuttavia, riteniamo che alcuni dati economici russi stavano mostrando un indebolimento già prima della crisi della Crimea. Questo aumenta la probabilità che le sanzioni potrebbero non essere il fattore chiave di una recessione.

Il tasso annuale di crescita del prodotto interno lordo reale (PIL) è sceso allo 0.3% a febbraio, dallo 0.7% di gennaio e dall’1.8% del luglio dell’anno scorso. Dopo la chiusura al 12.2% a marzo dello scorso anno, il tasso annuale di crescita delle vendite al dettaglio è sceso al 7.7% a gennaio prima di stabilizzarsi al 9.6% a febbraio.

 
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Suggeriamo che il fattore chiave dietro al rallentamento e ad una possibile recessione, è un netto calo nel tasso annuo di crescita dell’offerta di moneta (AMS) dal 67.1% del maggio 2005 al -12.2% del settembre 2009. Riteniamo che la forza motrice di questo drastico calo, è una forte diminuzione nella dinamica di crescita del bilancio della banca centrale (vedi grafico).

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C’è uno scarto di tempo tra le variazioni dell’offerta di moneta ed il suo effetto sull’attività economica. E’ molto probabile che un calo nel ritmo di crescita dell’offerta di moneta, dal maggio 2005 al settembre 2009, stia cominciando a dominare la scena economica attuale.

Ciò significa che le varie attività in bolla emerse grazie all’aumento dell’offerta di moneta, stanno finendo sotto pressione. Da questo punto di vista, indipendentemente delle sanzioni, l’economia russa sperimenterebbe un cosiddetto rallentamento economico, o peggio una recessione.

Per contrastare un ulteriore indebolimento del rublo rispetto al dollaro statunitense, la banca centrale russa ha aumentato il tasso repo a sette giorni dall’1.5% al 7%. Il prezzo del dollaro in rubli è salito a 36.3 a marzo, da 30.8 rubli a marzo dello scorso anno – un incremento del 18%.

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Mentre un tasso di interesse più alto può avere un certo effetto sull’attuale dinamica di crescita dell’offerta di moneta, rischia di avere un effetto marginale sul rallentamento economico attuale, il quale è stato provocato da politiche del passato.

Non c’è dubbio che se dovessero entrare in vigore le sanzioni, andrebbero a danneggiare l’attività economica in generale, vale a dire, sia le attività in bolla sia quelle non in bolla.

Su questo si deve esercitare una certa cautela, dato che le principali economie mondiali si stanno dirigendo verso una fase di crescita lenta.

Da questo punto di vista, a prescindere delle sanzioni, il ritmo della domanda per le esportazioni russe rischia di attenuarsi.

E’ molto probabile che l’Eurozona, un importante partner commerciale russo, non applicherà le sanzioni, proprio per attutire l’effetto del possibile rallentamento economico. (Le sanzioni avranno un effetto economico dirompente non solo sulla Russia, ma anche sulla zona euro.) Si osservi che l’export della Russia nei confronti della zona euro, in percentuale del totale delle sue esportazioni, si è attestato al 54.1% nel 2013 rispetto al 52.9% nel 2012. Invece l’export della Russia verso gli Stati Uniti si è attestato al 2.1% nel 2013. In percentuale delle importazioni totali, l’import della zona euro nei confronti della Russia si è attestato all’8% a gennaio, mentre quello americano si è attestato allo 0.8%. Si noti che la zona euro dipende dalla Russia per un terzo delle sue importazioni di energia. Quindi non ci sorprende se gli europei risulteranno più riluttanti rispetto agli Stati Uniti nel far rispettare le sanzioni.

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Le riserve valutarie della Russia si sono leggermente indebolite a febbraio rispetto al mese precedente. Il livello delle riserve è diminuito dell’1.1% arrivando a $493 miliardi, dopo il calo del 2.1% a gennaio. La dinamica di crescita delle riserve rimane sotto pressione, il cui tasso annuale si attesta al -6.2% a febbraio contro una cifra simile a gennaio. Un ulteriore indebolimento dell’attività economica della Cina e la conseguente pressione sul prezzo del petrolio, rischia di esercitare una maggiore pressione sulle riserve estere.

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Nel frattempo, la dinamica di crescita dell’indice dei prezzi al consumo russo (CPI) mostra un visibile indebolimento, il cui tasso annuo si attesta al 6.2% di febbraio contro il 6.1% di gennaio. Si osservi che a febbraio dello scorso anno si attestava al 7.3%. In base alla dinamica di crescita della nostra misura monetaria russa (AMS), possiamo suggerire che il tasso annuale di crescita del CPI russo rischia di indebolirsi ulteriormente nei prossimi mesi.

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Sintesi e conclusione

Secondo alcuni esperti le sanzioni imposte dagli Stati Uniti e dall’Unione europea, rischiano di spingere la Russia in una recessione. Suggeriamo che il fattore chiave che rischia di spingere la Russia in una recessione non sono le sanzioni in quanto tali, ma un forte calo nella dinamica di crescita dell’offerta di moneta tra maggio 2005 e settembre 2009. Data la possibilità che le principali economie mondiali si stiano dirigendo verso un nuovo rallentamento economico, suggeriamo che, indipendentemente delle sanzioni, la domanda per le esportazioni russe rischia di attenuarsi. Ora, dato che la zona euro dipende dalla Russia per un terzo delle sue importazioni di energia, non ci sorprenderebbe se risultasse più riluttante rispetto agli Stati Uniti nel far rispettare le sanzioni.

[*] traduzione di Francesco Simoncelli


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