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CHI PAGHERA’ I DANNI DEI DERIVATI DEL TESORO ? MONTI O MORGAN STANLEY? (di C.A. Mauceri)

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Pubblichiamo questo interessante articolo sulla recente condanna da parte della corte dei conti per i danni portati al Tesoro dai derivati di Morgan Stanley durante in governo Monti. Ci auguriamo che possa essere anche stimolo ad ulteriori indagini.

Da anni si parla di derivati. Questa forma di speculazione finanziari ad alto rischio (e per questo vietata a Comuni e Regioni) è, però, ancora largamente utilizzata dal governo centrale. Con inevitabili costi per le casse dello stato. Proprio a seguito delle polemiche sorte, a febbraio, il governo ha deciso di segretare i dati relativi allo stato dei derivati. Uno strumento che, secondo alcune stime, tra 2012 e 2015 sarebbe costato agli italiani circa 23 miliardi di euro su un totale di 160 (dati Eurostat/Reuters).

Nei giorni scorsi, però, un’altra tegola si è abbattuta sulla questione “derivati”. Secondo la Reuters, i magistrati della Corte dei Conti avrebbero chiesto a Morgan Stanley di pagare la somma si 2,9 miliardi di Euro a titolo di “risarcimento” per un’operazione condotta dallo stato tra fine 2011 e inizio 2012, ovvero durante il governo Monti. La conferma sarebbe contenuta nella relazione trimestrale della banca di investimenti americana. In questa nota si parla di un danno erariale. Tutto ha avuto inizio con le indagini condotte dalla procura regionale per il Lazio relativa ai 3,1 miliardi di euro versati dal ministero dell’Economia a Morgan Stanley a seguito dell’estinzione anticipata di alcuni contratti swap, durante la crisi economica (con spread alle stelle) che portò il capo dello stato ad affidare l’incarico di salvare l’economia del paese al governo tecnico guidato da Monti. Quanto sia riuscito nell’intento il professore della Bocconi è scritto sui libri di storia: durante il proprio mandato, Monti si premurò di proporre (e far approvare ad un Parlamento accondiscendente) diverse modifiche alla Costituzione, impose una serie di norme presentandole come strumenti per salvare l’Italia dalla crisi iniziata nel 2007 (teorie tutt’altro che condivise dalla maggior parte dei maggiori economisti mondiali) e alla fine fu costretto a dimettersi.

Solo dopo un certo tempo (e dopo aver prodotto gravi danni) alcune delle misure introdotte durante il suo governo risultarono decisamente “sbagliate”. Lo scorso anno, è stata la volta della norma voluta dalla Fornero (“Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici”) e inserita nel Decreto Salva Italia del Governo Monti è stato dichiarato incostituzionale.

Ora è un’altra delle misure tecniche volute dal governo tecnico a finire nel mirino della Corte dei Conti. I magistrati contabili ritengono che alcune delle operazioni in derivati fossero “improprie” e così come la loro chiusura. Della vicenda, nel 2012, parlò Orazio Carabini, sulle pagine de “L’Espresso”. Emersero sospetti anche di una “triangolazione” con alcune banche (anche nazionali subentrate a Morgan Stanley. Poi su tutta la vicenda cadde il silenzio.

“Riteniamo che la richiesta sia priva di basi e ci difenderemo con vigore”, ha commentato un portavoce di Morgan Stanley. L’accusa dei magistrati contabili, però, è pesantissima: il danno erariale deriverebbe dalle clausole capestro imposte dalla banca a fine 2011, e accettate con troppa facilità dal Tesoro. Quasi senza proferire parola. Il Tesoro avrebbe accettato da Morgan Stanley una clausola “unilaterale” Additional termination events (Ata) sconvolgente: se si fosse trovato esposta oltre un certo livello, la banca avrebbe potuto chiedere la chiusura del portafoglio. Per questo, secondo la Corte dei Conti, quei contratti non sarebbero serviti a stabilizzare il debito. Quindi il ministero Tesoro non avrebbe dovuto stipularli. A questo si aggiunge che il rischio era troppo elevato (la soglia era così bassa che la probabilità di superarla era troppo alta).

Una speculazione troppo azzardata per le povere casse dello stato. Quasi tre miliardi di euro non sono pochi, specie considerando che si tratta di una forma di speculazione basata su swap e che la perdita ammontava a quasi la metà delle intere entrate per l’IVA (2012). Tanto più che che, alla guida del paese, l’allora presidente Napolitano aveva chiamato quello che venne presentato (e per questo, nominato in pochi giorni prima senatore a vita e poi capo del governo) come uno dei massimi esponenti della finanza internazionale….

C.Alessandro Mauceri

 


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