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Chi paga i dazi di Trump? La Cina, gli altri esportatori o i consumatori americani?

Pubblicato

il

di Rajesh Kumar Singh
06.05.2019

Abbiamo tradotto questo articolo comparso nellq sezione “World News” del sito www.reuters.com.
L’articolo corregge delle dichiarazioni di Donald Trump, secondo il quale sarebbe la Cina a pagare i dazi imposti dagli USA sui loro prodotti.
La realtà, ovviamente, è che i dazi in parte verranno pagati dai consumatori americani, sotto forma di aumenti dei prezzi e in parte significheranno una riduzione dei profitti per le società americane che importano prodotti dalla Cina. Più tutte le conseguenze dirette ed indirette derivanti dai nuovi dazi applicati dalla Cina che sono illustrate nell’articolo.


Chicago: domenica scorsa Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha dichiarato che aumenterà i dazi dal 10% al 25% su 200 miliardi di dollari di prodotti provenienti dalla Cina.

Gli Stati Uniti hanno prelevato dazi su un totale di 250 miliardi di dollari di importazioni cinesi, importazioni globali di alluminio e acciaio e spedizioni di lavatrici e pannelli solari dal gennaio 2018, quando l’amministrazione Trump ha applicato le sue prime tariffe commerciali.

Trump si è definito “uomo dei dazi” ed afferma che le tasse che ha imposto su una serie di beni e sulle importazioni dei metalli stanno riempiendo le casse dello stato.

Fino a metà marzo, Washington ha totalizzato un netto di 15,6 miliardi di dollari di entrate attraverso i dazi imposti a partire dal Febbraio 2018, secondo i dati del Custom and Border Protection (CBP). Gli incassi dei dazi doganali nella prima metà dell’anno fiscale in corso, iniziato il 1 Ottobre, sono aumentati dell’89% rispetto a un anno fa portandosi a 34,7 miliardi di dollari, secondo i dati provenienti dal Tesoro degli Stati Uniti.

 

Chi Paga i Dazi ?

Trump dice che è la Cina a pagare il conto per i dazi USA sui beni cinesi importati.

“Per 10 mesi, la Cina ha pagato i dazi”, ha scritto su Twitter domenica scorsa. “Abbiamo miliardi che di dollari che arrivano al nostro Tesoro-miliardi-dalla Cina. Non abbiamo mai avuto 10 centesimi in entrata al Tesoro, ora abbiamo miliardi”, ha scritto il 24 gennaio scorso.

 

Pagati alla Dogana

Un dazio è una tassa sulle importazioni. In genere le dogane americane richiedono agli importatori di pagare i dazi entro 10 giorni dalla loro spedizione. Quindi i dazi vengono pagati al governo degli Stati Uniti da società di importazione. La maggior parte degli importatori di beni prodotti in Cina sono società statunitensi od unità di società straniere registrate negli Stati Uniti che importano merci dalla Cina.

Ad ogni articolo importato negli Stati Uniti viene legalmente assegnato un codice doganale. Ci si aspetta che gli importatori controllino i dazi e le altre tasse e imposte dovute sui beni che fanno entrare, calcolino quanto devono, e paghino.

Il CBP ricontrolla i pagamenti. Se rileva un ammanco, la dogana degli Stati Uniti invia all’importatore una nuova fattura.

 

Gli importatori statunitensi scaricano i costi dei dazi sui loro fornitori in Cina?

Alcuni di loro lo fanno, sì. In tal modo le aziende cinesi pagano parte dei costi. Un’azienda importatrice che paga dei dazi può gestire il costo in diversi modi:

1 Pagare l’intero costo abbassando il margine di profitto

2 Ridurre i costi per compensare i dazi più elevati

3 Chiedere uno sconto ai fornitori in Cina per compensare i dazi

4 Cercare di forniture fuori dalla Cina. Alcune aziende cinesi stanno infatti perdendo business.

5 Scaricare i costi doganali sui clienti aumentando i prezzi al dettaglio.

La maggior parte degli importatori potrebbe utilizzare una combinazione di queste opzioni per ripartire i costi tra i fornitori, se stessi e consumatori o acquirenti.

Come Funziona?

Ad esempio, i dazi più alti sulle importazioni di metalli e prodotti cinesi hanno aumentato i costi di produzione della Caterpillar di oltre 100 milioni di dollari lo scorso anno. In risposta, il produttore di attrezzature per impieghi gravosi ha aumentato i prezzi dei suoi prodotti.

Il produttore di trattori Deere & Co. Stima quest’anno un aumento di 100 milioni di dollari dei costi delle materie prime a causa dei dazi di Trump sulle importazioni cinesi. Deere ha tagliato i costi e aumentato i prezzi per proteggere i suoi profitti.

Un rapporto del Servizio di Ricerca del Congresso a febbraio ha rilevato che i dazi avevano portato a un aumento del 12% del prezzo delle lavatrici negli USA, rispetto a gennaio 2018 quando i dazi non erano ancora in vigore.

Secondo uno studio del Peterson Institute For International Economics i dazi su acciaio ed alluminio hanno portato a un aumento del prezzo dei prodotti in acciaio del 9% lo scorso anno, facendo così salire i costi per gli utilizzatori dell’acciaio di 5,6 miliardi di dollari.

Un altro studio della Federal Reserve Bank di New York, della Princeton University e della Columbia University ha concluso che i dazi cinesi e su acciaio e alluminio costano alle aziende e ai consumatori 3 miliardi di dollari aggiuntivi al mese in tasse aggiuntive ed alle aziende ulteriori 1,4 miliardi di dollari di perdite di utili nel 2018.

 

Cosa Pagano le Aziende Cinesi?

La Cina si è vendicata contro i dazi statunitensi imponendo anche lei dei dazi sulle importazioni dagli USA. La maggior parte degli importatori in Cina sono cinesi. Quindi nello stesso modo in cui il governo degli stati Uniti sta incassando le tasse di importazione su merce cinese dagli importatori americani, il governo cinese sta incassando le tasse sulle merci statunitensi pagate dagli importatori cinesi.

 

Qual è il bilancio complessivo?

Trump ha imposto una tassa del 25% su 50 miliardi di dollari di beni cinesi ed una tassa del 10% su altri beni che hanno un valore di circa 200 miliardi di dollari. Questo, in teoria, significherebbe che il governo degli Stati Uniti avrebbe un guadagno fiscale netto complessivo di 32,5 miliardi di dollari.

Le entrate doganali degli Stati Uniti sono state di 49,7 miliardi di dollari nel 2018. Il 41,2% in più rispetto ai 35,2 miliardi del 2017, quando la guerra commerciale non era ancora iniziata. La Cina ha imposto il 25% di dazi su 50 miliardi di dollari di importazioni statunitensi e applica tariffe che vanno dal 5 al 10% su altri 60 miliardi di beni di importazione. Ciò equivale ad incasso di circa 15,5-18,5 miliardi di dollari in dazi.

Le entrate doganali cinesi nel 2018 sono state di 284,8 miliardi di yuan (42,41 miliardi di dollari), in calo rispetto ai 299,8 miliardi di yuan (44,65 miliardi di dollari) del 2017.

Tradotto da Renato Nettuno e tratto da:
https://www.reuters.com/article/us-usa-trade-tariffs-explainer/explainer-who-pays-trumps-tariffs-china-and-other-exporters-or-u-s-customers-idUSKCN1SB0UF


Queste considerazioni in realtà evidenziano dei fondamenti più profondi dell’economia, che l’articolo non coglie.
Noi utilizziamo il denaro per misurare il valore commerciale dei beni, ma questo è altra cosa rispetto al valore reale, il valore d’uso, di un bene.
Una tonnellata di alluminio cinese, sottoposta ai dazi di Trump, ha lo stesso valore d’uso di una tonnellata di alluminio prodotta negli USA.
Per una nazione a sovranità monetaria (non l’Italia, quindi) il denaro è solamente uno strumento per governare e indirizzare l’economia. Uno stato sovrano può stamparsi tutta la moneta che vuole, non ha bisogno di imporre alla Cina dei dazi per “aumentare gli introiti fiscali”.
L’imposizione di dazi sulle importazioni di alluminio ed acciaio dalla Cina, ad esempio, avrà l’effetto di sfavorire la produzione di alluminio ed acciaio in Cina per esportarli negli USA. Di conseguenza la domanda americana di alluminio ed acciaio si indirizzerà verso altre nazioni produttrici non sottoposte a dazi o verso la produzione interna. Gli effetti non saranno immediati, in quanto per aumentare la produzione di alluminio ed acciaio negli USA sono necessari investimenti importanti, è necessario del tempo per realizzare dei nuovi stabilimenti, è necessario formare del personale specializzato. Ed è quindi necessario che gli investitori abbiano fiducia sul perdurare di queste misure. Se alle prossime presidenziali USA vincerà un candidato democratico che decidesse di porre fine ai dazi sui prodotti cinesi, eventuali investitori che avessero puntato sull’aumento di produzione di alluminio e di acciaio negli USA non avrebbero il tempo di ammortizzarli, andando incontro al fallimento.
Valutare gli effetti dell’imposizione di dazi doganali e, in generale, di barriere al commercio internazionale, è quindi molto complesso, volendo tenere conto delle conseguenze sui rapporti politici internazionali, delle conseguenze sull’economia interna e del fatto che i risultati duraturi non possono essere immediati.
Il dogma neoliberista del “libero commercio” che prevede la cancellazione dei dazi doganali, guarda unicamente agli interessi delle società di import/export, senza però tenere conto delle conseguenze sulle economie interne dei pasi ovvero sul tasso di occupazione dei lavoratori. La rinuncia a priori di questi strumenti di indirizzo dell’economia è quindi un grave errore, in quanto priva i governi di uno strumento fondamentale di governo dell’economia.
Il merito di Trump, con il suo slogan “America first”, è quello di avere intuito, pur senza dimostrare di averne compreso i complessi meccanismi, la correlazione fra i dazi doganali e lo sviluppo industriale interno degli USA.

Commenti di Davide Gionco

 


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