Analisi e studi
Chi c’è dietro le minacce degli Houthi all’Arabia Saudita di un attacco militare
Gli Houthi hanno minacciato di attaccare l’Arabia Saudita se questa non impedirà il transito degli USA sul loro territorio. Ci è dietro gli attacchi dei guerriglieri yemeniti e fino dove può spingersi?
Gli Houthi sostenuti dall’Iran attaccheranno l’Arabia Saudita se questa continuerà a permettere agli aerei da guerra statunitensi di utilizzare il suo territorio per gli attacchi militari contro il gruppo ribelle yemenita. Dopo aver preso il controllo della capitale yemenita di Sanaa nel 2014, gli Houthi stanno ora rafforzando la loro presenza militare per spingere sulla principale regione petrolifera e del gas del Paese, il Marib.
Il gruppo ha anche intensificato i suoi attacchi alle navi petrolifere che attraversano le rotte di transito chiave nel Mar Rosso e dintorni, compreso il punto cruciale dello Stretto di Bab-el-Mandeb. Questa via d’acqua larga 25 km scorre tra la costa occidentale dello Yemen da un lato e le coste orientali inizialmente di Gibuti ed Eritrea dall’altro, prima di unirsi al Mar Rosso.
Iran e Arabia alleati, ma gli Houthi minacciano
L’ultima volta che gli Houthi hanno lanciato grandi attacchi coordinati contro la terraferma saudita – il 14 settembre 2019 contro l’impianto di lavorazione del petrolio di Abqaiq e il campo petrolifero di Khurais – la produzione di petrolio dell’Arabia Saudita è stata dimezzata, causando il più grande calo infragiornaliero in termini di dollari americani dal 1988. Ora ci sono due domande chiave per i mercati petroliferi. In primo luogo, perché l’Iran permetterebbe agli Houthi di minacciare Riad, quando solo circa un anno fa ha concordato un accordo di ripresa delle relazioni con l’Arabia Saudita? E in secondo luogo, gli attacchi andranno avanti?
L’Iran si mostra più moderato, ma senza un suo appoggio i ribelli yemeniti non minaccerebbero l’Arabia Saudita. Perché allora, nonostante i buoni rapporti, Teheran non interviene sui suoi alleati?
Il motivo principale del tacito sostegno dell’Iran a questa aggressione è che nelle ultime settimane ha visto un abbassamento della tensione intorno alla guerra Israele-Hamas, ancora in corso, lontano dall’escalation di un conflitto più ampio in tutto il Medio Oriente, che quasi certamente riporterebbe l’esercito statunitense in scala nella regione.
L’iran tende una trappola:
L’obiettivo strategico dell’Iran è sempre stato chiaro: rovesciare l’ordine geopolitico dominato dagli Stati Uniti e dall’Occidente. Per raggiungere questo scopo, Teheran ha orchestrato una serie di mosse astute, volte a innescare una reazione a catena che avrebbe portato a una maggiore presenza militare americana in Medio Oriente e, di conseguenza, a una rivoluzione islamica contro gli stessi Stati Uniti.
La scintilla:
Gli attacchi di Hamas contro Israele, sponsorizzati dall’Iran, nell’ottobre 2023, sono stati concepiti come la scintilla per questa rivoluzione ad ampio raggio. L’Iran sapeva che Israele, alleato chiave degli Stati Uniti, avrebbe reagito con forza, provocando l’intervento americano nella regione.
Per realizzare tutto questo disegno, però, ha bisogno del denaro e del sostegno militare e politico di Russia e Cina, con le quali l’Iran ha accordi di cooperazione ampi, profondi e di lunga durata, Nel caso della Cina, il tacito sostegno alle minacce degli Houthi sostenuti dall’Iran contro l’Arabia Saudita non sarà stato facile da dare come per la Russia.
Una situazione scomoda per la Cina
Dal punto di vista politico, Pechino ha lavorato sulla propria relazione speciale con il Principe ereditario saudita Mohammed bin Salman, da quando è intervenuta con un’offerta per acquistare l’intera quota del 5% di Saudi Aramco nel 2016, che doveva essere venduta in un’offerta pubblica inizial. È questa stretta relazione che ha permesso alla Cina di mediare l’accordo di ripresa delle relazioni tra l’Arabia Saudita (il Paese chiave dell’Islam sunnita nel mondo) e l’Iran (il Paese chiave dell’Islam sciita) il 10 marzo 2023.
Dal punto di vista economico, la Cina ha molto da perdere dall’aumento dei prezzi del petrolio, come chiunque altro. Le economie dell’Occidente rimangono il suo blocco di esportazione chiave, con gli Stati Uniti che rappresentano ancora oltre il 16% dei ricavi delle esportazioni cinesi da soli. Ogni danno all’Occidente , paradossalmente, è anche un danno all’economia cinese che lo alimenta coi propri prodotti.
Tuttavia, forse questi due fattori sono più importanti del fatto che la Cina non vuole perdere il controllo effettivo sulle rotte di transito del petrolio chiave del Medio Oriente. Dopo aver mediato lo straordinario accordo di ripresa delle relazioni tra Arabia Saudita e Iran, la Cina ha consolidato il controllo su queste rotte critiche di transito del petrolio. L’accordo di 25 anni con l’Iran ha dato a Pechino l’influenza sullo Stretto di Hormuz, attraverso il quale transita circa il 30% del petrolio mondiale. Lo stesso accordo ha dato alla Cina un controllo sullo Stretto di Bab el-Mandeb (controllato sul lato dello Yemen dagli Houthi sostenuti dall’Iran), e sull’altro lato da Gibuti e dall’Eritrea (entrambi i quali devono denaro a Pechino come parte di prestiti legati alla ‘Belt and Road Initiative’). Però tutti questi accordi avevano come finalità la stabilità, non la destabilizzazione.
La Cina non è felice di questa situazione
La Cina è preoccupata per i recenti disordini nel commercio e le tensioni con l’Arabia Saudita, in quanto potrebbero portare a una maggiore presenza militare americana nella regione del Golfo di Aden. Pechino che in una situazione pacifica aveva assunto una forte influenza sul Corno d’Africa, fra Eritreea e Gibuti, teme che questa presenza americana possa diventare permanente, riducendo l’influenza cinese nella regione.
La Cina desidera rimanere un attore chiave nel Mar Rosso e non vuole essere esclusa dalle decisioni che riguardano la sicurezza e il commercio in questa importante rotta marittima. Però gli attacchi Houthi e le loro minacce, portando alla presenza americana nell’area, creano una situazione in cui Pechino si trova in difficltà.
La Russia ha una posizione diversa
La Russia, esportatore di petrolio, si avvantaggia invece dalla situazione di incertezza che viene a aumentare i prezzi dell’oro nero. questo significa una rafforzamento dei flussi finanziari verso Mosca, tra l’altro senza neppure forzare sulla produzione. Da questo punto di vista le posizioni di Mosca e di Pechino divergono fortemente: la seconda ha un interesse nella stabilità internazionale che la prima non condivide in modo così profondo.
Per ora l’Iran non è riuscito nel suo obiettivo, ma…
Per ora l’Iran non è riuscito nel suo obiettivo di destabilizzazione del Medio Oriente con il minimo intervento possibile, tramite gli agenti indiretti. Questo perché gli USA hanno rifutato di intervenire direttamente sul campo, ma si sono tenuti solo sul mare, pur attaccando direttamente gli Houthi, e questo rende difficile suscitare dei moti rivoluzionari nei loroo confronti.
Una minaccia o la ripresa degli attacchi verso l’Arabia potrebbe portare a un maggir intervento sul campo degli USA, ma rovinerebbe completamente le relazioni fra Teheran e Riad e inoltre irriterebbe la Cina, cliente essenziale per il petrolio dell’area. Per questi motivi l’Iran, pur spalleggiando gli Houthi, difficilmente spingerà oltre le tensioni, almeno in questa fase.
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