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Cataclisma vulcanico! Nuova ricerca rivela come ci sia una possibilità su sei di un cataclisma epocale vulcanico in questo secolo

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Eruzione del “Piccolo Krakatoa”

Studi rinnovati ed pprofonditi hanno rivelato che c’è una possibilità su sei che in questo  secolo vi sia un cataclisma epocale vulcanico, molto volte più intenso di quello del Vesuvio che distrusse Pompei o di quello che  descrisse Krakatoa. Le fosche previsioni provengono dal dottor Mike Cassidy, vulcanologo dell’Università di Birmingham, e dalla dottoressa Lara Mani, del Centro per lo studio del rischio esistenziale dell’Università di Cambridge.

La ricerca si basa sull’analisi dei depositi di zolfo – uno dei principali componenti dei gas vulcanici – trovati in antichi depositi di ghiaccio in Antartide e Groenlandia. Questi dati indicano la frequenza con cui si sono verificate grandi eruzioni in passato e quindi la probabilità che si verifichino in futuro, e mettono in discussione quella che viene definita “l’idea sbagliata” secondo cui i rischi di una grande eruzione sono bassi.

Queste probabilità – equivalenti al lancio di un dado – si riferiscono a un’eruzione di almeno sette gradi nell’Indice di esplosività vulcanica (VEI), una misura equivalente alla scala Richter per i terremoti, che va da uno per i più piccoli a otto per i più potenti. Per mettere questo dato nella giusta prospettiva, l’eruzione del Vesuvio, che ha causato la morte di circa 16.000 persone a Pompei e in altre città italiane nel 79 d.C., ha ottenuto un punteggio di cinque nel VEI.

27th May 1883: Clouds pouring from the volcano on Krakatoa (aka Krakatau or Rakata) in south western Indonesia during the early stages of the eruption which eventually destroyed most of the island. Royal Society Report on Krakatoa Eruption – pub. 1888 Lithograph – Parker & Coward (Photo by Hulton Archive/Getty Images)

Per capire come potrebbe svolgersi un evento catastrofico di questo tipo si può fare riferimento a due eruzioni storiche di livello sette del VEI. Entrambe sono avvenute in Indonesia, ma hanno avuto conseguenze terribili nel resto del mondo, anche a decine di migliaia di km di distanza.

La prima fu nel 1257 sull’isola di Lombok. Le uniche testimonianze oculari, contenute in un documento scritto su foglie di palma, descrivono come “il monte Samalas crollò, seguito da grandi flussi di detriti accompagnati dal rumore di massi. Tutte le case furono distrutte e spazzate via, galleggiando sul mare, e molte persone morirono“.

Si pensa che una nube di circa 150 km cubi di cenere, pomice e altre rocce abbia circumnavigato il globo in poche settimane, riempiendo la stratosfera di particelle di acido solforico che bloccarono la luce del sole.

Nella sua abbazia di St Albans, nell’Hertfordshire, il monaco inglese Matthew Paris ha registrato che l’anno 1258 iniziò con “un freddo così insopportabile che avvolse la faccia della terra, afflisse gravemente i poveri, sospese tutte le coltivazioni e uccise i piccoli del bestiame“. E questo fu solo l’inizio.

Quell’estate scrisse che “a causa della scarsità di grano, morì un numero elevatissimo di poveri; e si trovarono cadaveri in tutte le direzioni, gonfi e lividi, che giacevano a cinque e a sei nei porcili, sui letamai e nelle strade fangose“.

Si dice che questa eruzione abbia dato il via alla Piccola Era Glaciale, un freddo plurisecolare che iniziò all’incirca in questo periodo e che causò fenomeni come il congelamento del fiume Tamigi.

Questa si concluse a metà del XIX secolo, poco dopo che il mondo aveva subito un’altra eruzione di livello VEI sette, quella del Monte Tambora nell’aprile del 1815. A sole 100 miglia da Samalas, l’eruzione fu altrettanto letale, uccidendo circa 100.000 persone nelle sue immediate conseguenze prima di scatenare il caos in altri luoghi.

Nel 1816, l’Europa ha vissuto quello che è stato definito “l’anno senza estate”.

Durante quell’inverno apparentemente interminabile, le temperature globali scesero in media di un grado e l’oscuramento dei raggi solari portò a voci incontrollate sulla morte del sole.

I frequenti temporali e la pioggia incessante tenevano la gente in casa per giorni interi, ispirando la scrittrice inglese Mary Shelley, in vacanza in una Svizzera altrettanto cupa, a sognare la storia di Frankenstein.

Questa inizia con l’esploratore polare Robert Walton, l’uomo a cui Victor Frankenstein, il creatore del mostro, racconta la sua storia, desiderando il Polo Nord, “una regione di bellezza e delizia dove… il sole è sempre visibile”.

In tutta Europa vi fu una terribile carestia con il crollo del raccolto di grano e il conseguente aumento dei prezzi che fecero scoppiare rivolte in varie parti del Continente, Regno Unito compreso.

Il freddo e l’umidità,  uniti allo spostamento di masse di persone, causarono una serie di epidemie di tifo con decine di miglaia di morti.

La vulnerabilità è emersa chiaramente con l’eruzione di quarto livello VEI del vulcano islandese Eyjafjallajokull nella primavera del 2010 ha causato la chiusura delle rotte aeree intercontinentali e 4 miliardi di dollari di danni. Pensate che cosa succederebbe con un’eruzione di grado sei.


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