Crisi
Il castello di carte della banca centrale europea
Articolo di Francesco Simoncelli su Freedonia
«Quando chiedete lumi sulla crisi dei debiti sovrani al chief investment officer di Allianz, preparatevi a sentire una risposta che avete già sentito. “I problemi fondamentali non sono stati risolti, e tutti lo sanno,” ha detto Maximilian Zimmerer a Bloomberg. “La crisi della zona euro non è finita.” Mentre lo stimolo straordinario della Banca Centrale Europea ha incoraggiato gli investitori ad ingozzarsi di bond degli stati europei, secondo Zimmerer, il quale è responsabile di €556 miliardi ($757 miliardi) in una delle compagnie assicurative più grandi d’Europa, questa presunta soluzione non rappresenta un rimedio sufficiente. I paesi europei continuano ad accumulare debiti, e questo significa problemi nel futuro prossimo. Come ha ricordato Zimmerer, quando le azioni e le obbligazioni delle istituzioni finanziarie portoghesi sono di recente finite sotto pressione, agli investitori è stato dato un promemoria sulla volatilità della crisi dei debiti sovrani iniziata nel 2009. Nel mezzo di una quattro giorni di crisi, i rendimenti dei decennali portoghesi sono saliti di 279 punti base rispetto alla loro controparte tedesca, il differenziale più marcato sin dallo scorso 18 marzo. “C’è solo un paese il cui livello di debito lo scorso anno è risultato inferiore a quello del 2012 e questo può solo significare che la crisi del debito non è finita,” ha detto Zimmerer il 9 luglio. “Se i livelli di debito non scenderanno i nostri problemi si faranno sempre più asfissianti, questo è certo.”»
La Banca Centrale Europea (BCE) di recente ha imposto tassi negativi sui depositi e sta preparando una forma di quantitative easing (QE) per acquistare titoli coperti da asset, obbligazioni societarie o forse obbligazioni. Questa politica può sembrare sorprendente. Perché la BCE vorrebbe costringere le banche a concedere prestiti non performanti, o prendere in considerazione l’attuazione di una politica di quantitative easing la quale è stata chiaramente un fallimento totale (con ovvie conseguenze indesiderate) sia negli Stati Uniti sia in Giappone? La risposta si trova altrove. Con la scusa di evitare la deflazione o la “lowflation“, la BCE è, in realtà, in preda al panico e sta cercando di salvarsi dalla scure del boia. Il settore bancario europeo e la sua schiera di giornalisti, sostengono all’unanimità questa prospettiva di un furto continuo tramite la svalutazione. Sono eccitati alla prospettiva di un aumento dei prezzi degli asset, di redditi bancari più alti (ingiustificati dai fondamentali) e dal massiccio trasferimento di reddito e di ricchezza dai non abbienti ai ricchi.
L’Europa è un incidente annunciato. Poco è stato fatto per arginare l’ingolfamento dei settori pubblici. In quasi tutti i paesi europei la spesa pubblica è aumentata sin dal 2008. I rapporti debito/PIL continuano ad aumentare e molti paesi hanno sforato la soglia del 100%. I tassi di crescita del PIL avrebbero dovuto superare il 3% solo per stabilizzare questi rapporti. La soglia di deficit del 3% è priva di significato quando la crescita economica è in gran parte bloccata. Fatta eccezione per la Germania, la crescita nella zona euro è stata praticamente inesistente. La crescita italiana sin dal 1990 è stata in media meno dell’1%. Tali obiettivi di deficit sono un’illusione di sostenibilità e, in realtà, garantiscono semplicemente una morte lenta.
La cosiddetta austerità attuata in Europa è stata pingue di massicci aumenti delle imposte sul settore privato, costringendolo a sopportare il peso di quello che è sempre stato un problema del settore pubblico. Naturalmente, questa è una politica molto miope. Ai livelli fiscali correnti, aumentare le tasse alla fine si rivelerà controproducente. Tali aumenti fiscali possono aumentare i ricavi nel brevissimo termine, ma avranno conseguenze devastanti più avanti nel tempo. Implementare un tax rate marginale al 75%, come in Francia, può gonfiare le entrate fiscali quest’anno, ma probabilmente costringerà la vostra base imponibile a trovare pascoli verdi altrove. Vauban nel 1707 riteneva che la “dîme royale” (la decima reale) non dovesse superare il 30%. La curva di Laffer probabilmente ha un tax rate marginale massimo al di sotto del 30%. Eppure anche un tax rate pesante al 30% è di gran lunga auspicabile rispetto al carico fiscale di oggi in tutti i paesi europei.
Sotto le attuali condizioni economiche e politiche, una rottura dell’euro è quasi una conclusione scontata. Invece di lasciare che questo accada, la BCE, nel tentativo di salvare se stessa, preferisce rischiare di distruggere il valore dell’euro (cosa che si suppone dovrebbe proteggere) creando enormi distorsioni dei prezzi ed allocazioni errate e sperando che il quantitative easing possa risolvere magicamente i profondi problemi strutturali radicati nell’Europa.
Mario Draghi considera il suo commento del luglio 2012, “all’interno del nostro mandato, la BCE è pronta a fare tutto il necessario per preservare l’EURO; e, credetemi, sarà sufficiente”, una delle sue azioni politiche di maggior successo. Purtroppo per lui, si sbagliava. Il suo commento ha portato ad un calo dei tassi di interesse in tutta Europa, cosa che ha alleviato la pressione sul blocco meridionale dei paesi europei nell’adottare riforme strutturali significative. I mercati finanziari sono ormai totalmente dipendenti dalle conseguenze non intenzionali di questo commento che ora viene chiamato “bluff di Draghi”.
I tassi di interesse in Europa sono ormai totalmente distorti. Essi sono i prezzi più importanti in un’economia e riflettono le scelte di consumo intertemporali della società ed i rischi di default insiti in un’economia capitalista. Distorcere i tassi di interesse vuol dire distorcere tutti gli altri prezzi, causando un divario sempre crescente tra ciò che la società vuole che sia prodotto e ciò che viene effettivamente prodotto. Più questa distorsione va avanti, maggiore sarà il suddetto divario, e più a lungo durerà l’aggiustamento necessario per riallineare la produzione più vicino a ciò che la società vuole davvero.
Inoltre, tutto ciò ha solo aumentato il sentimento anti-europeo. Le recenti elezioni europee hanno visto un rafforzamento dei movimenti euroscettici. Prima del commento di Draghi, le riforme strutturali sarebbero state estremamente difficili, ma fattibili. Oggi, l’ambiente politico è molto meno favorevole ad approvare tali riforme, seppur essenziali.
L’Europa è un treno in corsa il cui futuro la porterà in un burrone. La BCE ne è ben consapevole, ed è anche consapevole della fragilità politica dell’Europa. E non è cieca alle pressioni politiche, come quella di Berlusconi nel 2012 quando auspicava che l’Italia potesse avere una stampante. Il blocco meridionale dell’Europa, come ha fatto in precedenza, sceglierà sempre la strada più facile (che passa attraverso la svalutazione). La conseguenza di questa scelta, naturalmente, è la distruzione completa della funzione di allocazione dei prezzi. E’ difficile immaginare una Germania disposta ad andare avanti in questo modo, data la sua passata esperienza con l’iperinflazione.
Quasi tutti gli episodi di iperinflazione seguono un percorso simile. C’è una breve ripresa dell’attività economica che diventa sempre più breve, poi c’è bisogno di un’espansione monetaria esponenzialmente crescente, fino a quando il denaro non perde sia la sua funzione di mezzo di scambio sia la sua funzione di riserva di valore. L’attività economica si arresta e sono necessari decenni per ripristinare il capitale, l’industria, il commercio ed il credito ai livelli pre-iperinflazione.
La Germania e altri paesi affini farebbero meglio a riflettere sul vero scopo delle azioni attuali della BCE. Meglio contrastare le azioni ora con il rischio di una rottura dell’Euro, piuttosto che avere a che fare con una rottura dopo ed affrontare anche gli effetti distorsivi della stampa di denaro una volta che prenderà piede.
Invece di lasciar accadere questa inevitabile rottura, l’attuale politica della BCE è quella di far affondare tutta la nave se questo salverà temporaneamente la situazione. Questo è un perfetto esempio dell’aforisma di Robert Burn “The best laid schemes o’ mice an’ men.” La BCE è stata istituita per essere una banca centrale indipendente, il cui scopo era quello di ridurre le pressioni politiche in materia di politica monetaria. Eppure tale indipendenza non ha protetto la politica monetaria dagli interessi personali degli individui che la gestiscono. Quando si tratta di BCE o, se è per questo, di qualsiasi altra banca centrale, gli interessi personali di chi gestisce la politica monetaria vinceranno sempre sugli interessi pubblici molto più grandi!
La BCE finirà per morire, ma solo dopo enormi sofferenze. Sembra che la gente non riesca ad imparare dal passato. L’unica strada per la stabilità economica di lungo termine e la prosperità, è basata sul denaro stabile divorziato da qualsiasi interferenza dello stato.
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