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Case per poveri che vivono in macchina di Carlo Alberto Morosetti

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Questa volta ci occupiamo di poveri e case in Italia e nel resto del mondo, sì, perché come sanno bene i lettori di Scenari Economici, il numero di chi è diventato povero, specie nei paesi del G-20 è aumentato negli ultimi anni, a causa della crisi finanziaria e degli effetti perversi della globalizzazione sulla ripartizione della ricchezza.

Una crisi di diseguaglianza direbbero i massimi esperti oggi in materia, l’eco- nomista francese Thomas Picketty e quello inglese Anthony B. Atkinson. Ma anche il nostro professor Rinaldi su questo ha detto più volte cose sacrosante. Non ultimo nel corso di un dibattito piuttosto acceso in televisone durante la trasmissione Coffee Break di La7 con il vicedirettore di Democratica, Mario Lavia.

Il nodo del dibattito verteva sul reddito di cittadinanza, sul quale Rinaldi sottolineava come in Italia ci sia una fascia della popolazione che è
davvero in enorme disagio, è quella che ha pagato il prezzo più alto delle politiche di austerity. Uno Stato ha il sacrosanto dovere di andare in supporto di queste persone, sostiene Rinaldi, perché c’è gente che non ha i soldi per mangiare. Se si va a vedere alla Caritas, c’è la fila di italiani che prima lavoravano e adesso non più.

Insomma in attesa delle riforme, a queste persone si dia almeno un minimo di vita dignitosa, come sta scritto nella Costituzione, che qui viene invocata solo quando fa comodo.

L’art.1 dice che l’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro, quindi tende alla piena occupazione, mentre negli ultimi anni sono state fatte politiche per uccidere il lavoro. Lo Stato ha l’obbligo di aiutare queste persone.

E rincarando la dose con tanto di documento Istat, Rinaldi, in un altro dibattito televisivo questa volta a In Onda, sempre su La7, con l’eurodeputato Gualtieri, ha fatto anche qualche cifra relativa al 2017, oltre cinque milioni i poveri censiti dall’istituto di statistica e di questi tanti, troppi con famiglia a carico sono costretti a vivere in macchina, perché hanno perso persino il tetto sotto il quale vivevano prima della crisi. Vi lascio immaginare le conseguenze. L’esigenza di avere un casa, che va di passo con quella di avere un lavoro, è il presupposto della dignità umana, sancita dalla nostra Carta Costituzionale.

E qui ci permettiamo di sposare un progetto concreto, come fa spesso il nostro blog, di recente dal blog di Beppe Grillo, che sembra interessante e percorribile anche dal governo italiano.
Nasce dalla constatazione che tra le tante necessità fondamentali degli esseri umani ci sono cibo, acqua e naturalmente un rifugio in cui cercare protezione. Nonostante ciò, circa 1,2 miliardi di persone nel mondo vivono in condizioni inadeguate e non hanno una casa in cui potersi sentire protetti.
E qui arriva la soluzione possibile evocata da Grillo:
Una start up tipografica americana con sede ad Austin nel Texas ha un nuovo approccio all’edilizia che prevede la costruzione di edifici stampati in 3D con tecniche al tempo stesso economiche e rapide da implementare.

Con questo metodo è possibile stampare una costruzione in cemento a singolo piano di circa 60 metri quadrati. Le operazioni di costruzione hanno una durata dalle 12 alle 24 ore, molto meno rispetto a un edificio convenzionale. Secondo i piani della compagnia, che sta lavorando ad un progetto concreto: le prime cento case verranno costruite l’anno prossimo a El Salvador in collaborazione con New Story, un’associazione nonprofit che si occupa proprio di soluzioni d’abitazione a basso costo.
La società sta al momento realizzando i primi test di abitabilità installando sensori per il monitoraggio della qualità dell’aria, e intende abbattere il prezzo di costruzione dai 10 mila dollari necessari oggi fino a 4 mila dollari per un’intera costruzione abitabile: “È molto più economica di una casa americana convenzionale”, ha spiegato Jason Ballard, uno dei fondatori della startup. La casa viene realizzata con la stampante Vulcan, procedura che ottimizza ovviamente i costi.

Attraverso questa tecnica ICON ha ammesso di essere in grado di realizzare abitazioni di un massimo di 75 metri quadrati, mediamente le case americane (prendendo come riferimento gli appartamenti di New York) sono grandi circa 80 metri quadrati. Nella prima costruzione di ICON troviamo un salotto, una stanza da letto, un bagno e un portico curvo. Quella di ICON non è la prima casa stampata in 3D, ma punta ad essere la migliore ad oggi disponibile.
Le altre, secondo Ballard, “sono stampate in un magazzino o sembrano la capanna di Yoda”, mentre quella di ICON somiglia molto più da vicino ad una casa realizzata con metodi tradizionali. La startup ha inoltre preferito il cemento alla plastica perché altrimenti si sarebbero presentati “alcuni problemi” e, una volta che la progettazione della casa verrà completata, la compagnia sposterà la stampante Vulcan a El Salvador per cominciare i lavori di costruzione.

Lavori che produrranno un quantitativo minimo di rifiuti, riducendo anche il costo delle operazioni. Non appena sarà provata la tecnologia, ICON intende spostare la produzione delle case negli Stati Uniti, per una soluzione che risolve un problema (quello della mancanza di abitazioni per i più poveri), ma ne crea un altro, soprattutto dal punto di vista dei lavoratori e delle associazioni che ne difendono i diritti. La costruzione via stampa 3D potrebbe però superare di molto i confini americani.
La tecnologia dietro la casa non è nuova. L’anno scorso, Apis Cor, azienda con sede a San Francisco, ha stampato una casa molto più grande in 24 ore usando materiali quasi identici. Quella casa è costata poco più di $ 10.000. All’epoca, la società vantava la prima stampante 3D mobile al mondo, in grado di essere facilmente spo- stata.

Il co-fondatore di ICON, Jason Ballard, ha dichiarato che la stampante 3D dell’azienda può essere spostata soltanto da due persone, con alcune altre che assistono alla costruzione. Ha anche detto che l’energia e il livello di comfort della casa superano gli standard di costruzione tradizionali, grazie a materiali e modelli speciali. “Potrebbe essere infatti la soluzione per tutti i tipi di case”, conclude Ballard, anche quelle extraterrestri e, aggiungiamo noi, persino per gli “extraterrrstri italiani” costretti purtroppo nel 2018 a dormire in macchina con la loro prole!

Carlo Alberto Morosetti


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