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Carbone: la domanda crea prezzi record! Greta non sarà contenta…
Esaurito l’effetto dell’immissione delle riserve petrolifere USA nel mercato, i prezzi del carbone negli Stati Uniti hanno superato i 100 dollari la tonnellata per la prima volta in 13 anni.
Il prezzo del carbone dagli Appalachi centrali è aumentati del 9% a $ 106,15 per tonnellata la scorsa settimana, il più alto dalla fine del 2008, i prezzi nel bacino dell’Illinois sono saliti a $ 109,55, superando $ 100 per la prima volta dal 2005. Anche in questo caso la scelta deriva dalla ricerca di alternative al carbone russo, che rappresentava quasi il 18% delle esportazioni globali nel 2020 e dalla ripresa economica che ha comunque aumentato la domanda globale.
I prezzi negli Appalachi centrali e nel bacino dell’Illinois stanno aumentando più che in altre regioni produttrici di carbone degli Stati Uniti perché hanno un accesso più facile ai mercati internazionali. Le esportazioni statunitensi sono aumentate del 23% lo scorso anno e si prevede che quest’anno aumenteranno di un altro 3,3% con le società minerarie che si arricchiranno con questi prezzi elevati.
Nella sua recente discussione sull’impennata record dei prezzi del carbone, la Bank of America scrive che i prezzi del carbone di Newcastle sono saliti a livelli record, $440/t, all’inizio di marzo, quando il caos ha dilagato i mercati globali delle materie prime sulla scia dell’invasione russa dell’Ucraina. La Russia sia il più grande esportatore mondiale di gas naturale, è anche il terzo esportatore mondiale di carbone termico, dietro solo a Indonesia e Australia. L’anno scorso la Russia ha rappresentato circa il 15% del mercato marittimo del carbone termico e ha spedito quasi 150 milioni di tonnellate di carbone termico in tutto il mondo e rappresentava circa la metà delle importazioni di carbone dell’Europa.
I prezzi record non hanno però portato all’aumento della produzione atteso anche a causa di una serie di problemi dal meteorologico al logistico al covid che hanno ridotto la capacità produttiva delle miniere. Poi eventi nazionali hanno peggiorato la situazione: a gennaio l’Indonesia, il più grande esportatore di carbone del mondo, ha vietato le esportazioni di carbone per combattere le scarse scorte interne, inviando i prezzi di Newcastle a oltre $ 220/t e lasciando il mercato marittimo con poco spazio di manovra. Quindi la Russia ha invaso l’Ucraina alla fine di febbraio, minacciando un’ulteriore interruzione delle forniture globali di carbone, facendo salire i prezzi di Newcastle a ben oltre $400/t per poi ridursi a livelli più bassi, ma comunque molto elevati. Il prezzo record del gas in Europa aiuta a mantenere molto caro il gas naturale.
C’è poi un problema di qualità: il 25% del carbone a alto potere calorifero era di origine russa. L’Indonesia potrà sostituirlo dal punto di vista quantitativo, ma difficilmente qualitativo. per quello bisognerà veder aumentare la produzione americana o australiana. L’India, grande utilizzatore del carbone indonesiano, probabilmente ridurrà le importazioni a fronte di questo prezzo elevato.
“Le ricadute energetiche dell’invasione russa dell’Ucraina potrebbero durare per un po’”, ha detto a Bloomberg in un’intervista Michelle Bloodworth, CEO del gruppo commerciale di carbone America’s Power. “Il carbone sarà necessario per il prossimo futuro”. Il tutto nonostante il carbone sia stato il principale nemico degli ambientalisti, Greta in testa. L’effetto delle politiche di limitazione del carbonio sono state opposte a quelle desiderate, e hanno mandato i prezzi alle stelle ben prima della crisi russa, che non ha fatto che peggiorare una situazione già verificatasi antecedentemente. Il modo superficiale con cui è stata affrontata la politica energetica e ambientale in Europa e non solo, senza predisporre un’offerta energetica alternativa a quella al carbonio, ma pensando di ridurla “Pestando i piedini” e imponendo tasse, ha avuto come effetto quello di renderle carbone, gas e petrolio più costosi e ricercati.
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