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Bulgaria: No alla nazionalizzazione di Lukoil, ma le sanzioni USA spingono per un “commissariamento”
La Bulgaria respinge la nazionalizzazione di Lukoil, ma le sanzioni USA spingono il governo verso un “commissariamento” di fatto della raffineria strategica.

Il solito pasticcio geopolitico finisce per colpire, come sempre, l’Europa, questa volta in Bulgaria. Mercoledì 5 novembre, il Parlamento di Sofia ha respinto una mozione per la nazionalizzazione “pura” degli asset strategici di Lukoil nel paese.
La proposta, avanzata dal piccolo partito nazionalista-populista Mech (e appoggiata solo dai filorussi di Vuzrazhdane), ha raccolto la miseria di 42 voti a favore, contro 80 contrari e 70 astenuti.
Sembrerebbe una vittoria del libero mercato? Non proprio. La politica bulgara sta solo cercando di gestire una crisi energetica innescata da Washington.
La vera causa: le sanzioni di Trump
Il vero motore di questa crisi non è a Sofia, ma Oltreoceano. Tutta la vicenda è una diretta conseguenza dell’ultima, pesante, tornata di sanzioni decisa dall’amministrazione Trump, che ha colpito duramente Rosneft e la stessa Lukoil.
Inserendo questi colossi energetici nella “lista nera” OFAC (Office of Foreign Assets Control) del Tesoro USA, Washington ha di fatto bandito le istituzioni finanziarie americane (e chiunque voglia lavorare con loro) dall’avere contatti con le entità sanzionate. Una mossa che, come avevamo già analizzato, ha messo immediatamente in crisi buona parte delle collegate internazionali dei gruppi russi.
Per la Bulgaria, questo significa guai seri, dato che le sanzioni colpiscono:
- L’unica raffineria del paese, la Lukoil Neftochim di Burgas.
- La Lukoil Bulgaria, una delle più grandi reti di distributori di benzina nazionali.
Le sanzioni entreranno pienamente in vigore il 21 novembre, creando un’urgenza notevole per evitare il blocco energetico del paese.
Dalla nazionalizzazione al “Manager Speciale”
Mentre il parlamento boccia la nazionalizzazione “pura” (una mossa troppo radicale), la situazione resta caotica. La stessa Lukoil, ormai impossibilitata a operare in occidente, ha già annunciato di aver trovato un accordo per vendere i suoi asset internazionali al trader Gunvor.
Ma Sofia non si fida, o forse,, vuole controllare il gioco e tutelare l’interesse nazionale.
Il Parlamento aveva già approvato norme per supervisionare qualsiasi vendita, richiedendo il via libera dei servizi di sicurezza (SANS) e del governo. Legge su cui, però, lo stesso 5 novembre, il Presidente Roumen Radev ha messo il veto. Un classico conflitto istituzionale.
E qui arriva la soluzione “tecnica”: nonostante la bocciatura della nazionalizzazione, i media bulgari riportano che la coalizione di governo sta pensando a emendamenti per nominare un “manager speciale” per gli asset di Lukoil.
Questo manager avrebbe poteri enormi, inclusa l’approvazione della vendita degli asset, e le sue decisioni non sarebbero soggette a revisione amministrativa o giudiziaria. Un commissariamento di fatto, reso necessario dalle pressioni esterne di Washington, per salvare un asset strategico nazionale ed evitare che la Bulgaria rimanga a secco.
Domande e risposte
Perché le sanzioni USA costringono la Bulgaria a intervenire su Lukoil? Le nuove sanzioni OFAC volute da Trump vietano alle istituzioni finanziarie USA di trattare con Lukoil. Questo rende quasi impossibile per la filiale bulgara (che gestisce l’unica raffineria del paese) operare sul mercato internazionale, finanziarsi o persino pagare i fornitori. La Bulgaria rischia una crisi energetica e deve quindi trovare un modo per “isolare” o gestire questi asset strategici, anche se formalmente sono ancora di proprietà russa, per garantirne l’operatività.
Che differenza c’è tra la “nazionalizzazione” bocciata e il “manager speciale”? La nazionalizzazione è un’acquisizione forzata da parte dello Stato, che ne diventa proprietario. È una mossa radicale, bocciata dal parlamento. Il “manager speciale” è una forma di commissariamento: lo Stato non compra l’azienda, ma nomina un amministratore fiduciario che ne assume la gestione operativa e decisionale, bypassando i proprietari (Lukoil). È una soluzione temporanea, meno drastica, pensata per gestire la transizione (come la vendita a Gunvor) assicurando che la raffineria non si fermi.
Chi comprerà Lukoil Bulgaria? Lukoil ha già annunciato un accordo di vendita con il colosso del trading petrolifero Gunvor. Tuttavia, l’articolo suggerisce che il governo bulgaro vuole avere l’ultima parola. Il Parlamento ha legiferato per dare ai servizi di sicurezza (SANS) e al governo il potere di approvare la vendita (anche se il Presidente Radev ha messo il veto su questa legge specifica). La nomina di un “manager speciale” servirebbe proprio a supervisionare questa vendita, assicurando che l’acquirente sia gradito a Sofia.









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