Seguici su

EnergiaEuropa

Budapest non ha molta voglia di rinunciare al petrolio e al gas russi

Scandalo immunità Salis: perché il voto del PPE al Parlamento Europeo svela un gioco di potere e compromessi politici. Un’analisi dietro il “baratto” che sbugiarda le leggi.

Pubblicato

il

Nonostante le crescenti pressioni da Washington e Bruxelles, l’Ungheria non ha alcuna intenzione di rinunciare al petrolio russo. Un gesto che, per la nazione, non è solo una questione politica, ma una cruda e semplice necessità fisica. A spiegarlo in modo pragmatico e privo di fronzoli è stato il Ministro degli Esteri ungherese, Peter Szijjarto.

Durante una riunione delle Nazioni Unite a New York, Szijjarto ha messo in chiaro le cose: per l’Ungheria, la sicurezza energetica non è un bel sogno da rincorrere, ma una questione di infrastrutture. “Possiamo sognare di comprare petrolio e gas da altre fonti,” ha detto con una punta di disincanto, “ma possiamo acquistare solo da dove abbiamo le infrastrutture”. E l’infrastruttura, in questo caso, è la condotta Druzhba, un’eredità dell’epoca sovietica che continua a far fluire il greggio dalla Russia.

In sostanza, per l’Ungheria, la realtà batte l’ideologia. L’oleodotto Druzhba, costruito in epoca sovietica, continua a essere la spina dorsale dell’approvvigionamento energetico di Budapest e Bratislava. Una dipendenza storica e infrastrutturale che rende le richieste di diversificazione un po’ come chiedere a un pesce di fare a meno dell’acqua.

Il contesto è complesso, un po’ come una partita a scacchi con troppi giocatori:

  • Pressione USA: Il presidente Donald Trump ha apertamente chiesto all’Unione Europea di tagliare tutti i legami con gli idrocarburi russi, compreso il gas naturale liquefatto (GNL).
  • Pressione UE: Bruxelles sta cercando di convincere l’Ungheria a cedere. Per farlo, si sta discutendo di sbloccare oltre mezzo miliardo di euro di fondi congelati tre anni fa, ufficialmente per questioni legate alla giustizia e ai diritti. Un’offerta che sa molto di “incentivo”, e poco di “libera scelta” come riporta il FT.
  • La posizione ungherese: L’Ungheria, che importa circa 5 milioni di tonnellate di greggio russo all’anno tramite la sua società energetica MOL, non si muove dalla sua posizione. Insieme alla Slovacchia, continua a proteggere la propria sicurezza energetica, votando contro pacchetti di sanzioni che metterebbero a rischio i propri rifornimenti.

È una situazione che solleva un quesito interessante: quanto vale un’infrastruttura storica rispetto a una strategia politica? E fino a che punto si può spingere un paese a fare qualcosa che va contro la sua stessa sopravvivenza economica, anche se per una causa comune? La risposta, per ora, sembra risiedere in un’unica, pragmatica verità: la fisica vince sulla politica.

Oleodotto Druzbha

Domande e Risposte

1. Perché l’Ungheria non riesce a fare a meno del petrolio russo? La ragione principale è legata alle infrastrutture esistenti. L’Ungheria, insieme alla Slovacchia, riceve il petrolio attraverso l’oleodotto Druzhba, una linea costruita in epoca sovietica. Senza un’alternativa infrastrutturale, l’approvvigionamento energetico del paese sarebbe a rischio. Non è una questione di preferenza politica, ma di necessità fisica e di costi. Costruire nuove infrastrutture per il greggio da altre fonti richiederebbe tempo, investimenti enormi e non garantirebbe la stessa efficienza.

2. Qual è il collegamento tra i fondi UE bloccati e il petrolio russo? Bruxelles ha congelato oltre mezzo miliardo di euro destinati all’Ungheria tre anni fa, adducendo motivazioni legate al rispetto dello stato di diritto, come l’indipendenza del sistema giudiziario e i diritti umani. Ora, secondo il Financial Times, l’Unione Europea sta valutando di sbloccare questi fondi per incentivare l’Ungheria a rinunciare al petrolio russo. Questo collegamento solleva interrogativi sull’uso dei fondi come strumento di pressione politica.

3. L’Ungheria è l’unico paese a dipendere dalla Russia per l’energia? No, sebbene Ungheria e Slovacchia siano i maggiori importatori diretti di petrolio russo tramite l’oleodotto Druzhba, molti altri paesi europei hanno avuto in passato una forte dipendenza dal gas e dal petrolio russi. Tuttavia, a seguito delle sanzioni, molti hanno diversificato le loro fonti di approvvigionamento. L’Ungheria è uno dei pochi paesi che ha strenuamente difeso la sua posizione, ritenendo che la sicurezza energetica nazionale sia prioritaria rispetto alle sanzioni.

Google News Rimani aggiornato seguendoci su Google News!
SEGUICI
E tu cosa ne pensi?

You must be logged in to post a comment Login

Lascia un commento