EconomiaEuroEuropaUcraina
Bruxelles tra il baratro e il bluff: l’impasse sui fondi all’Ucraina e il miraggio del debito comune
Il vertice di Bruxelles si arena sui veti e sui rischi legali. Mentre Kiev finisce i fondi, l’Europa non sa scegliere tra rischiare la credibilità finanziaria o spaccarsi sul debito.

Il Consiglio Europeo (EUCO) ha aperto i battenti a Bruxelles in un clima che definire “teso” sarebbe un eufemismo diplomatico. La posta in gioco è, come spesso accade, il denaro. Una montagna di denaro. I leader dell’Unione sono chiamati a decidere se e come garantire all’Ucraina l’accesso a risorse vitali per non soccombere nello sforzo bellico contro la Russia.
Tuttavia, dietro la retorica solenne di Ursula von der Leyen – che ha promesso discussioni “intensive” – e le aspirazioni geopolitiche del nuovo Presidente del Consiglio Europeo António Costa, si cela la solita, farraginosa macchina decisionale comunitaria. L’urgenza è dettata dal calendario: le casse di Kiev rischiano di prosciugarsi entro fine marzo. Ma la soluzione tecnica e politica appare lontana, impantanata tra veti incrociati, paure legali e la solita, irrisolta questione del debito comune.
Il miraggio dei beni congelati: un rischio legale sistemico
La “soluzione magica” preferita dai falchi del Nord e dall’Est Europa sembrava semplice: utilizzare i circa 210 miliardi di euro di asset sovrani russi congelati, la maggior parte dei quali (185 miliardi) giace nei forzieri di Euroclear, in Belgio. L’idea è quella di un “prestito di riparazione” garantito da questi beni. Semplice sulla carta, disastroso nella pratica giuridica ed economica.
Il Belgio ha tirato il freno a mano. Il Primo Ministro Bart De Wever, con un pragmatismo che manca a molti colleghi, ha sollevato un’obiezione fondamentale: chi paga se la Russia fa causa e vince? La Banca Centrale russa ha già avviato azioni legali contro Euroclear. Se domani un tribunale internazionale dovesse dare ragione a Mosca, o se gli investitori globali (Cina, Arabia Saudita, ecc.) decidessero che l’Europa non è più un porto sicuro per i loro capitali, il danno reputazionale e finanziario sarebbe immenso.
Bruxelles, con la sua tipica leggerezza, vorrebbe che il Belgio si assumesse il rischio, ma De Wever è stato chiaro: o il rischio legale si condivide (“saltiamo tutti insieme dalla scogliera”), o non se ne fa nulla. Anche l’Italia, insieme a Bulgaria e Malta, guarda con estremo sospetto a questa manovra, temendo che minare la certezza del diritto sulla proprietà degli asset possa destabilizzare la credibilità finanziaria dell’Eurozona, un lusso che un paese con il nostro debito pubblico non può permettersi.
Il “Piano B”: il ritorno del Debito Comune (e dei vecchi fantasmi)
Fallita o zoppicante la via degli asset russi, ecco rispuntare il cavallo di battaglia della Commissione e dei paesi del Sud: i joint loans, ovvero il debito comune. Si tratterebbe di un prestito sostenuto dal bilancio dell’UE, una sorta di riedizione in tono minore del NextGenEU.
Qui però si entra in un campo minato tecnico e politico.
Da un lato, c’è l’opposizione ferrea dei “frugali” (Germania in testa, seguita dai nordici), che vedono il debito comune come fumo negli occhi, temendo che diventi un precedente strutturale per finanziare le “cicale” del Sud. Dall’altro, c’è la realtà dei Trattati, che la Commissione finge spesso di dimenticare.
Per attivare questi strumenti serve l’unanimità. E l’unanimità non c’è. Viktor Orbán, forte dei suoi legami con il Cremlino, ha già fatto sapere che “gli asset russi non sono sul tavolo” e non vede di buon occhio nemmeno il debito comune per armare Kiev.
L’analisi tecnica: perché la strada è bloccata
Per comprendere la gravità dello stallo, bisogna guardare ai meccanismi giuridici, spesso ignorati dalla narrazione mainstream ma essenziali nella pratica. Anche perché tutta la UE non è che un insieme di formalismi e meccanismi, nulla più.
- Il nodo dell’Unanimità: Qualsiasi decisione che implichi joint loans (che tecnicamente non sono vero debito federale, ma passività pro-quota che gravano sui singoli Stati per aggirare l’art. 125 TFUE sul no-bailout) deve passare per l’articolo 312 TFUE. Questo richiede l’unanimità del Consiglio, come nota correttamente Luciano Barra Caracciolo.
- La Cooperazione Rafforzata: Si è parlato di escludere l’Ungheria e la Slovacchia procedendo a 25. Tuttavia, l’art. 329 TFUE pone paletti enormi: la cooperazione rafforzata non può toccare competenze esclusive o la politica estera e di sicurezza comune (PESC). Finanziare una guerra rientra pienamente nella PESC/difesa. Inoltre, per attivare la cooperazione rafforzata serve… l’unanimità iniziale del Consiglio per autorizzarla. Un cane che si morde la coda.
- L’articolo 122: L’uso della clausola di emergenza (Art. 122 TFUE) per aggirare il Parlamento e i veti è stato discusso, ma è giuridicamente scivoloso e politicamente tossico.
Il contorno surreale: Mercosur e agricoltori in attesa
Mentre si discute della sopravvivenza dell’Ucraina, il vertice offre anche il solito spettacolo di disconnessione dalla realtà. I leader sono arrivati in ritardo perché von der Leyen e Costa erano impegnati a incontrare le associazioni degli agricoltori, infuriati per l’accordo Mercosur.
Francia e Italia, per una volta allineate, cercano di bloccare o ritardare l’accordo di libero scambio con il Sud America che devasterebbe il settore agricolo europeo. Macron ha detto che “non siamo pronti a firmare”, e la Meloni ha rincarato la dose. Eppure, la Commissione spinge, con Sanchez che definisce “frustrante” il mancato accordo, anche perché la Spagna potrebbe rafforzare la propria influenza sul Sud America. È l’immagine perfetta di un’Europa che non sa scegliere le priorità: spingere per la globalizzazione commerciale mentre si prepara a un’economia di guerra, il tutto ignorando le basi produttive interne.
Scenari: come finirà questa partita a scacchi?
Di fronte a questo quadro, le opzioni sul tavolo sono poche e tutte dolorose. Ecco una sintesi delle possibili vie d’uscita, ordinate per probabilità decrescente di efficacia reale.
| Scenario | Descrizione | Probabilità | Criticità |
| 1. Il Compromesso in Extremis | Accordo su un prestito basato sugli asset russi, con la Germania che offre contro-garanzie al Belgio per i rischi legali. | Media | Richiede che Berlino apra il portafoglio per coprire i rischi di Bruxelles. Un debito mascherato. |
| 2. Il “Piano B” a 25 | Emissione di debito comune con l’esclusione (opt-out) di Ungheria e Slovacchia. | Bassa | Giuridicamente acrobatico, crea un precedente pericoloso di Europa a due velocità sulla difesa. |
| 3. Soluzioni Ibride/Nazionali | Ogni stato contribuisce bilateralmente o tramite veicoli fuori bilancio UE. | Alta | Segnerebbe il fallimento politico dell’Unione come entità geopolitica unitaria. Ok per l’Ucraina, che comunque otterrebbe qualcosa. |
| 4. Il Nulla di Fatto | Rinvio della decisione, dichiarazioni di principio, nessun soldo immediato. | Medio-Alta | Catastrofico per l’Ucraina, disastroso per la credibilità UE. |
Conclusioni: il trionfo del “fai da te”?
Zelenskyy è stato chiaro: senza questi soldi, l’Ucraina rischia il collasso militare e Putin la conquista totale. Kaja Kallas e Macron parlano di “momento della verità”. Tuttavia, la struttura stessa dell’Unione Europea, basata su un’architettura giuridica complessa e su interessi nazionali divergenti, rende ogni decisione rapida un’impresa titanica.
È molto probabile che, nonostante la retorica infuocata di Costa e von der Leyen sul “momento dell’indipendenza europea”, alla fine assisteremo al più totale dei nulla di fatto istituzionali. L’Unione non riuscirà a trovare la quadra giuridica per usare i beni russi senza suicidarsi finanziariamente, né troverà l’unanimità per indebitarsi ancora in comune. Il fatto che, al momento attuale, si prenda tempo sulla discussione sui beni russi indica che il rischio del nulla di fatto è ben presente.
Il risultato più realistico? Una “coalizione dei volenterosi” mascherata. Ogni Paese andrà per sé a garantire gli aiuti che ritiene opportuni, attingendo ai propri bilanci nazionali, senza obbligare gli altri e senza vere garanzie comuni. Magari il tutto verrà impacchettato con qualche formula di copertura europea vuota di sostanza, un bel comunicato stampa congiunto per salvare la faccia, mentre la sostanza sarà, ancora una volta, demandata alle singole cancellerie. L’Europa geopolitica, quella che doveva “parlare il linguaggio della potenza”, rischia di finire balbettando scuse procedurali mentre la storia, a Est, corre veloce.
Domande e risposte
Perché non si possono semplicemente prendere i soldi russi e darli all’Ucraina?
Il problema è giuridico e finanziario. I beni sono “congelati”, non confiscati. Una confisca diretta violerebbe il diritto internazionale e, soprattutto, esporrebbe l’intermediario (Euroclear in Belgio) a cause miliardarie da parte della Russia. Se Euroclear fallisse o se gli investitori internazionali perdessero fiducia nella sicurezza giuridica dell’Europa ritirando i capitali, il danno all’economia dell’Eurozona sarebbe superiore al valore degli aiuti stessi.
Cos’è esattamente il “Piano B” o debito comune?
È l’alternativa proposta dalla Commissione: l’UE emette obbligazioni sui mercati (come fatto per il PNRR) per raccogliere i fondi da girare all’Ucraina. Questo debito sarebbe garantito dal bilancio comune dell’UE. Tuttavia, i paesi “frugali” (Nord Europa) si oppongono perché non vogliono condividere ulteriore debito con i paesi del Sud, e l’Ungheria minaccia il veto per ragioni politiche.
Cosa succede se il Consiglio Europeo non trova un accordo?
Sarebbe un disastro geopolitico. L’Ucraina finirebbe i soldi per pagare stipendi e armi entro marzo, rischiando il collasso del fronte. Putin ne approfitterebbe per avanzare. Per l’UE, dimostrerebbe l’incapacità di agire come attore globale unito, confermando la sua lentezza decisionale e frammentazione interna proprio mentre gli USA chiedono all’Europa di farsi carico della propria difesa.








You must be logged in to post a comment Login