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BREXIT: PRIMA ANCORA DELL’ACCORDO IL PARLAMENTO VOTA IL RINVIO, MA MACRON LI MANDA AL DIAVOLO

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La discussione per l’eventuale approvazione dell’accordo di Boris Johnson con l’Unione inizia subito male, molto male. Il parlamento ha accolto il primo ministro non con un voto sul Deal, l’accordo, ma con un’emendamento al Benn Act, chiamato Letwin Amendment, che obbligherebbe fin da ora il primo ministro a chiedere un rinvio della Brexit al 31 gennaio 2020.

L’emendamento è passato con il voto dell’opposizione e dei conservatori remainer, quindi con una maggioranza 322 a 306, piuttosto abbondante. Quindi ora Boris Johnson è obbligato a chiedere il rinvio, almeno in teoria.

Parliamo di “Teoria” perchè Boris Johnson ha già affermato che non c’è nulla nel Benn Act che lo obblighi a chiedere qualsiasi rinvio della data finale, e che lui non  chiederà mai, per nessun motivo, un rinvio nella Brexit. Il leader dei Laburisti, Jeremy Corbyn, ha minacciato di portarlo in tribunale, ma questo on sembra spaventare Johnson più di tanto. Alla fine deve tenere duro dodici giorni, con ordini, contro ordini e decisioni di carattere giuridico per arrivare alla Brexit. Per dimostrare la propria decisione si Boris Johnson sia tutti i deputati ancora fedeli alla linea del partito sono usciti dall’aula quando il SNP, contrario alla Brexit , ha preso la parola.

Ad aiutare Johnson potrebbe arrivare il più improbabile degli alleati. Mentre a Bruxelles non ci sono delle reazioni ufficiali Macron, il presidente francese, ha affermato che “il rinvio non è nell’interesse di nessuno”. Lo stesso politico aveva affermato giovedì che l’accordo raggiunto con Johnson era il migliore possibile per tutti e che ora la responsabilità di accettarlo o di respingerlo era del parlamento del Regno Unito. Ora la parola torna al parlamento che può scegliere di respingere l’accordo ed andare ad una hard brexit o di accettarlo.

 

 

 


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