Attualità
BREXIT ED IL BILANCIO DEGLI AIUTI DELLA UE (di C.A. Mauceri)
Su tutti i giornali non si parla d’altro che di Brexit, del referendum che potrebbe portare il Regno Unito ad decidere di uscire dall’Unione Europea.
Chi sta da una parte e chi dall’altra; chi vota per il SI e chi per il NO. Grosse le pressioni da parte di tutti i capi di stato non solo europei (ne ha parlato anche Obama), nel tentativo di influenzare questa o quella fazione.
Nessuno, però, si è preso la briga di dire agli inglesi (e a tutti gli altri “cittadini europei”) una cosa: stare nell’Unione Europea, al di là delle parole dei politici conviene loro o no?
Eppure questi numeri non sono un mistero. In Italia, ad esempio, si sa (e da anni, da quando alcuni parlamentari chiesero a Monti quanto avevamo dato all’UE e quanto avevamo ricevuto) che siamo contribuenti attivi: nonostante le imposizioni e i dictat di Bruxelles, la somma che versiamo all’UE è molto maggiore degli aiuti che riceviamo.
Anzi siamo i quarti per residuo lasciato nelle casse dell’UE (con un bilancio negativo di 23.782 milioni di euro dal 2010 al 2014) dopo la Germania (-59.506), il Regno Unito (-32.129) e la Francia (-35.848).
In altre parole, stare nell’Ue, agli inglesi è costato tra i sette e gli otto miliardi di euro all’anno, ai francesi quasi nove e ai tedeschi più di dieci miliardi di euro.
Se si guarda al contributo per abitante la situazione non cambia di molto. Come spesa pro capite i maggiori contributori all’UE sono Svezia e Danimarca: ogni svedese paga per l’UE un conto salatissimo: oltre novecento euro netti. Poco meno ogni danese (829). E poi olandesi, tedeschi, belgi, austriaci, finlandesi. Ogni italiano paga quasi quattrocento euro (387,09) il proprio essere “cittadino dell’Unione”.
Ma se questi paesi hanno un bilancio negativo (ovvero versano all’Europa più di quanto ricevono) ci sarà pure qualcuno che incassa questi soldi. Il paese che ha ricevuto di più è la Grecia (non sorprende vista la crisi e gli aiuti concessi dalla Troika). A sorprendere, invece, dovrebbero essere gli oltre 57 miliardi di euro di aiuti “netti” ricevuti dalla Polonia. O i 21 miliardi di euro netti ricevuti dall’Ungheria. Per non parlare dei 18 miliardi di euro di aiuti ricevuti dal Portogallo.
Ancora una volta se si guarda al bilancio degli aiuti in rapporto alla popolazione le sorprese non mancano. Gli europei che hanno ricevuto gli aiuti maggiori sono stati i lituani: ogni cittadino di questo paese ha ricevuto aiuti netti per quasi duemilacinquecento euro. Poco meno gli abitanti dell’Estonia. E poi giù a scalare, greci, ungheresi, lituani, portoghesi, polacchi…
Inevitabile che, dopo aver letto tutti questi numeri, venga voglia di sapere per cosa sono stati utilizzati i soldi che i cittadini tedeschi, inglesi, francesi e italiani hanno dato in più al resto d’Europa. Anche qui le sorprese non mancano. A cominciare dagli aiuti ai paesi extra europei ovvero a quelli che non hanno contribuito neanche con un centesimo al bilancio comunitario. Dai conti dell’UE, risulta che, solo nel 2014, oltre sei miliardi di euro sono stati utilizzati per sostenere progetti fuori dell’Unione. Ancora una volta si tratta di aiuti a volte difficili da giustificare o da comprendere. Come quelli destinati alla Tunisia per produrre olio d’oliva (mentre alle aziende italiane venivano imposte limitazioni). O come i 20 milioni di euro (tutti italiani) destinati allo sviluppo del “nascente settore olivicolo pakistano”. O i 280 milioni di Euro spesi nel 2014 per migliorare i trasporti in paesi extraUe: una spesa difficile da capire pensando alle condizioni di molte strade in Italia (e in molti altri pesi europei) cadono a pezzi e che l’ANAS non ha ancora provveduto (forse proprio per mancanza di fondi) a ripristinare il viadotto crollato un anno fa.
Anche la ripartizione delle somme all’interno dell’UE suscita molte perplessità: da decenni gran parte delle regioni dell’Italia sono considerate “Obiettivo 1”, ovvero meno sviluppate (un eufemismo per non dire sottosviluppate) rispetto ad altre regioni europee la Germania. E allora come mai, nel 2014, proprio alla Germania sono stati concessi oltre 2 miliardi di aiuti per la “convergenza” destinata alle regioni meno sviluppate (quasi quanto all’Italia alla quale sono stati concessi poco di più, 2,8 miliardi)?
E come mai la Germania e la Spagna hanno ricevuto aiuti per l’agricoltura (European Agricultural Guarantee Fund, EAGF) più che l’Italia? Per non parlare della Francia che di questo tipo di aiuti ha ricevuto quasi il doppio.
L’elenco delle “anomalie” e delle voci di spesa inspiegabili potrebbe essere ancora lungo.
La verità è che manca non solo un reale controllo si come vengono utilizzati i soldi che ogni anno gli italiani (e molti altri europei) versano all’Ue e non vedono più tornare indietro, ma anche su chi effettivamente abbia beneficiato di questo stato di cose.
Se non fossero stati costretti a pagare all’UE per il privilegio di essere chiamati membri dell’Unione ai cittadini italiani (a tutti, non solo ad alcuni) sarebbero rimasti in tasca quasi quattrocento euro, cinque volte gli ottanta euro renziani (in molti casi poi chiesti indietro).
E se non avessero regalato all’UE 23 miliardi nell’ultimo periodo, a dicembre, gli italiani forse non avrebbero avuto bisogno di alcuna manovra finanziaria: sarebbero bastati i soldi risparmiati.
Forse, prima di andare alle urne per votare la Brexit, sarebbe utile far sapere a tutti i cittadini britannici che anche per loro questo onore ha un costo non indifferente. Se lo sapessero certamente l’esito del referendum non sarebbe più in dubbio.
Peccato che questo, agli italiani (e agli inglesi), i politici (specie quelli strapagati di Bruxelles) si guardano bene dal dirlo.
C.Alessandro Mauceri
Tag
Brexit, aiuti UE, C.Alessandro Mauceri
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