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Bilancio UE: Italia contribuente netto. La Germania, “malato d’Europa”, taglia il contributo

la Germania in crisi taglia l’assegno, l’Italia paga ancora. Il paradosso dei contributi netti. Berlino versa 13 miliardi (in calo), Roma 1,6. Ma con il Sud povero, perché finanziamo ancora la crescita dell’Est? I dati che Bruxelles non pubblica più.

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La crisi tedesca colpisce anche Bruxelles: Berlino versa meno, ma resta il primo contributore. E l’Italia? Continua a pagare per gli altri, mentre le richieste della Von der Leyen rischiano di aumentare il conto.

Secondo l’ultimo studio dell’Istituto economico tedesco (IW Colonia), la geografia economica dell’Unione Europea sta cambiando pelle, e non in meglio per le vecchie locomotive continentali. La notizia principale è che la Germania rimane il maggiore contributore netto al bilancio dell’UE, ma il suo “assegno” si sta riducendo vistosamente. Il motivo? La crisi economica che attanaglia Berlino.

La recessione tedesca ha un impatto diretto sulle casse comuni: se nel 2022 i pagamenti netti tedeschi ammontavano a 19,7 miliardi di euro, nel 2023 sono scesi a 17,4 miliardi e per l’anno scorso (2024) la cifra si è attestata a 13,1 miliardi di euro. Un calo drastico, che riporta i livelli a quelli pre-Brexit, quando però c’era Londra a dividere il fardello.

La classifica: chi paga e chi incassa

Nonostante le difficoltà, la Germania versa ancora molto più di quanto riceve. Ma è interessante notare la posizione dell’Italia. Il nostro Paese si conferma al terzo posto tra i pagatori netti. Ecco la situazione dei principali contributori (“chi mette i soldi”):

  • Germania: 13,1 miliardi di euro
  • Francia: 4,8 miliardi di euro (in calo rispetto agli 8,96 mld del 2023)
  • Italia: 1,6 miliardi di euro
  • Paesi Bassi: 1,5 miliardi di euro
  • Svezia: 1 miliardo di euro

Sul fronte opposto, ecco chi trae i maggiori benefici dai fondi europei (“chi prende i soldi”):

  • Grecia: 3,5 miliardi di euro (primo beneficiario netto)
  • Polonia: 2,9 miliardi di euro (in forte calo rispetto agli 8,1 mld dell’anno precedente, segno di una crescita economica interna)
  • Romania: 2,7 miliardi di euro
  • Spagna: 2,2 miliardi di euro
  • Ungheria: 2 miliardi di euro

Il paradosso italiano: poveri ma pagatori

Qui sorge la riflessione che spesso sfugge ai burocrati di Bruxelles. L’Italia è un contributore netto, il che significa che versiamo a Bruxelles più di quanto ci torni indietro sotto forma di fondi o sussidi. Facendo un rapido calcolo pro-capite, se ogni tedesco versa circa 157 euro netti all’anno (cifra comunque alta), ogni cittadino italiano paga all’Europa circa 27 euro.

Potrebbe sembrare poco, ma è una cifra che stride con la realtà economica del nostro Paese. L’Italia versa contributi netti pur avendo intere regioni (il Mezzogiorno) con un reddito pro-capite tra i più bassi d’Europa, spesso inferiore a quello di alcune regioni dei Paesi beneficiari (come certe aree della Polonia o della Repubblica Ceca che invece incassano). Siamo, di fatto, un Paese con forti divari interni che finanzia lo sviluppo altrui.

Germania e Francia: i “figli problematici”

Samina Sultan, esperta dell’IW, non usa mezzi termini: “Il bilancio dell’UE riflette le dinamiche di potere economico”. E oggi queste dinamiche ci dicono che Germania e Francia sono i nuovi “figli problematici” dell’Unione. La loro stagnazione riduce i contributi, mentre Paesi come la Polonia crescono e necessitano di meno aiuti.

La Commissione Europea prevede per la Germania una stagnazione anche nel 2025, dopo due anni di recessione. La Francia crescerà di un misero 0,7%. Al contrario, la Spagna (che è beneficiaria netta) crescerà del 2,9%. Anche i contributi europei aiutano la crescita, stimolando la spesa pubblica.

La “Lotteria” Pro Capite: vincono i Baltici (e l’illusione Lussemburgo)

Se abbandoniamo i valori assoluti e guardiamo a quanto finisce nelle tasche di ogni singolo cittadino, la geografia dei vincenti cambia radicalmente. In vetta alla classifica appare il Lussemburgo, con un saldo attivo mostruoso di 560 euro per abitante. Attenzione però ai miraggi statistici: come nota l’Istituto IW, questo primato è “drogato” dalla presenza delle sedi istituzionali e da programmi specifici (come quello spaziale) concentrati nel Granducato. È una ricchezza burocratica, non un aiuto alla povertà.

I veri trionfatori dell’assistenza europea sono gli Stati Baltici. La Lettonia incassa ben 547 euro netti a testa, seguita a ruota dall’Estonia (444 euro) e dalla Lituania (435 euro). Il divario diventa ancora più imbarazzante se si considera l’impatto del NextGenerationEU: sommando i fondi ordinari a quelli del PNRR europeo, la Lettonia ottiene risorse pari al 3,12% della sua intera produzione economica. Mentre l’Italia versa contributi netti (circa 27 euro a testa pagati), il fiume di denaro scorre verso Nord-Est, finanziando nazioni che, ironia della sorte, vantano spesso tassi di crescita e dinamismo che la vecchia “Europa fondatrice” si è ormai dimenticata.

Trasparenza cercasi (e il rischio Von der Leyen)

C’è poi un tema politico: fino al 2020 la Commissione pubblicava dati chiari sui saldi netti. Da allora ha smesso, ufficialmente per “motivi politici”. Meno si sa, meglio è, evidentemente. L’Istituto IW ha dovuto calcolare questi dati autonomamente per garantire un minimo di trasparenza.

Il futuro? Non promette risparmi. Con le nuove ambizioni della Commissione Von der Leyen – dalla difesa al Green Deal – la pressione per aumentare il bilancio UE sarà fortissima. E con la Germania in crisi che paga meno, indovinate a chi potrebbe essere chiesto di mettere mano al portafoglio, nonostante i problemi del Sud? Esatto, a Roma.

Riga, capitale della Lettonia, secondo paese percettore dei soldi europei (Unsplash)

Domande e risposte

Perché il contributo della Germania all’UE sta diminuendo?

Il contributo tedesco cala perché è legato all’andamento dell’economia nazionale, che è in crisi. Il sistema di finanziamento dell’UE si basa in gran parte sul Reddito Nazionale Lordo (RNL). Essendo l’economia tedesca in stagnazione (e recessione tecnica negli ultimi due anni), l’importo dovuto a Bruxelles si riduce automaticamente. I tedeschi restano i primi pagatori, ma la loro “capacità contributiva” si sta erodendo velocemente.

L’Italia ci guadagna o ci perde dal bilancio UE?

L’Italia è un “contributore netto”, quindi ci perde in termini puramente contabili: versiamo circa 1,6 miliardi di euro in più di quanto riceviamo indietro sotto forma di fondi diretti e indiretti. Questo dato è paradossale se si considera che vaste aree del Sud Italia hanno indicatori economici da “regione povera”, eppure i contribuenti italiani finanziano lo sviluppo di altre nazioni dell’Est Europa.

Come mai la Polonia riceve meno soldi rispetto al passato?

La Polonia ha visto crollare il suo saldo positivo (da 8,1 a 2,9 miliardi) perché la sua economia sta correndo molto più di quella dei vecchi membri dell’UE. Diventando più ricca, ha diritto a meno fondi di coesione e deve contribuire di più. È l’ironia della sorte: le economie dell’Est, un tempo “povere”, oggi mostrano tassi di crescita che Germania e Francia si sognano.

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