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Economia

Big Pharma fa infuriare Trump: vende cari i farmaci, ma poi non paga tasse negli USA

Le Big Pharma USA hanno sede e fanno ricerca negli USA; dove applicano prezzi abnormi per i farmaci, poi non pagano tasse negli USA. Una vera e propria elusione legittima, ma ha anche ragione Trump a voler riformare il sistema

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Nessuno mette in dubbio che i prezzzi dei farmaci negli USA siano fra i più alti al mondo. Basterebbe prendere il caso dell’insulina, che negli Stati Uniti viene venduta a prezzi che sono un multiplo di quanto accade nel resto del mondo.

Eppure, come sottolinea il CFR, questi prezzi elevati non si traducono in alti profitti dichiarati negli Stati Uniti. Al contrario, le grandi aziende farmaceutiche, le famose “Big Pharma”,  dichiarano generalmente di essere in perdita in quel Paese.

Nel 2023, Pfizer ha dichiarato di perdere 4,4 miliardi di dollari negli Stati Uniti, AbbVie 3,5 miliardi di dollari, Merck 15,6 miliardi di dollari e Johnson & Johnson 2,0 miliardi di dollari. Tra le maggiori aziende statunitensi, solo Eli Lilly sembra aver ottenuto un piccolo profitto (0,9 miliardi di dollari) negli Stati Uniti.

Imposte pagate negli USA da Big Farma (a sinistra) e quelle pagate all’estero

Non si tratta di un’aberrazione. Le grandi aziende farmaceutiche americane registrano costantemente profitti modesti negli Stati Uniti e grandi profitti all’estero, il tutto nonostante il prezzo dei farmaci sia stratosferico ngli USA. In questo Trump ha perfettamente ragione nell’essere itato con Big Pharma.

Quindi i prezzi elevati sembrano stranamente essere correlati a grandi perdite, il che è contro la logica economica .  Questo, ovviamente, è un chiaro segno che le aziende farmaceutiche vivono in un mondo caratterizzato da prezzi di trasferimento e arbitraggio fiscale, un modo politically correct per definire l’elusione fiscale.

Le perdite negli Stati Uniti, a loro volta, si traducono in un’imposta sul reddito statunitense molto ridotta.

Le grandi aziende farmaceutiche statunitensi pagano alcune imposte a livello globale. La maggior parte sembra pagare un’aliquota fiscale effettiva del 10-15% in un anno tipico.

Naturalmente, in alcuni anni specifici, l’aliquota fiscale effettiva riportata nel 10-K può essere influenzata dalle conseguenze fiscali di un acquisto importante o di una grande riorganizzazione (nel 2023 ci sono stati molti oneri legati alla riorganizzazione delle operazioni delle aziende a Porto Rico).

Ma una cosa salta all’occhio: queste società in genere non pagano la maggior parte delle imposte sul reddito negli Stati Uniti.

Pfizer, Johnson & Johnson e Merck non hanno pagato nulla di imposte negli Stati Uniti nel 2023, ma vi hanno riportato perdite. 

Dati di Utile , fatturato e tasse gagate negli USA (domesitic) e all’estero dalle principali case farmaceutiche

AbbVie ha pagato un po’ di tasse negli Stati Uniti, anche se ha registrato tutti i profitti del suo farmaco di successo Humira alle Bermuda per un semplice motivo: le Bermuda non hanno imposte sul reddito delle società. AbbVie doveva quindi agli Stati Uniti un po’ di imposta sul reddito globale intangibile a bassa tassazione (GILTI).

Sommando le imposte pagate negli Stati Uniti dalle prime sette aziende farmaceutiche (in base al fatturato), il loro debito fiscale combinato negli Stati Uniti nel 2023 era… zero. Per la precisione, 250 milioni di dollari di perdita.

La tendenza generale è chiara: le aziende farmaceutiche guadagnano di più rispetto a prima del Tax Cuts and Jobs Act (TCJA), ma pagano meno tasse negli Stati Uniti rispetto a prima di questa legge.

Il TCJA doveva essere una norma che avrebbe dovuto permettere agli USA di riportare a casa parte degli utili delle multinazionali, garantendo tassi d’imposizione fiscale minori, ma è fallita: la media delle tasse pagate dalle multinazionali farmaceutiche negli USA dal 2018 al 2022 è stata pari solo al 3% degli utili globali. 

Una riforma del fisco USA è necessaria, ma non farà piacere a molti

Quindi gli USA hanno bisogno di una riforma fiscale che costringa chi vende e ricerca i farmaci negli USA a produrli li e, soprattutto, a pagarvi le tasse.  Esistono infatti modi per riformare il codice fiscale in modo da costringere le aziende che vendono farmaci sviluppati negli Stati Uniti e venduti ad acquirenti statunitensi a pagare le tasse negli Stati Uniti.

In questo modo, le aziende farmaceutiche sarebbero effettivamente incentivate a produrre i loro farmaci più avanzati e protetti da brevetto negli Stati Uniti piuttosto che in Irlanda, Belgio, Singapore o Svizzera. Avrebbero anche un minor incentivo ad aumentare i prezzi perché l’extra utile verrebbe tassato. Se l’aliquota fosse strutturata in modo marginale ci sarebbe un incetivo ancora superiore a non aumentare i prezzi. 

Attualmente, la produzione offshore contribuisce a creare la base legale per la contabilizzazione dei profitti sui beni venduti negli Stati Uniti da un’azienda statunitense.

Questa è una proposta “America first”: crea incentivi per la produzione di farmaci avanzati negli Stati Uniti e per il pagamento delle tasse negli Stati Uniti.

Il risultato è raggiungibile perché così funziona in quasi tutto il mondo, al di fuori degli USA (e forse dell’Italia…) Sappiamo che Novo Nordisk, oggi l’azienda più preziosa d’Europa e altamente innovativa, paga effettivamente le tasse in Danimarca con l’aliquota danese. Questo è ciò che rivela nel suo rapporto annuale.

Anche le aziende farmaceutiche svizzere tendono a pagare la maggior parte dell’imposta sul reddito delle società in Svizzera; quelle francesi pagano la maggior parte delle imposte in Francia.
Solo gli Stati Uniti hanno un codice fiscale che permette alle aziende farmaceutiche americane di far parte della base imponibile di Irlanda, Belgio, Bermuda, Malta, Ungheria, Singapore e Svizzera in misura maggiore rispetto agli stessi Stati Uniti.

Ovviamente questa riforma necessiterà una vera e propria guerra civile prima di poter essere applicata. Immaginiamo come le lobby di Big Pharma faranno fuoco e fiamme nelle Camere USA eppure solo Trump può condurre questa battaglia di pura giustizia, che dispiacerà soprattutto ai paradisi fiscali, anche europei, dall’Irlanda al Lussemburgo. Noi, con il nostro carico fiscale, non avremo problemi, ma dovremmo aiutare a portare un po’ di giustizia fiscale nel mondo. Anche noi ne avremmo un vantaggio.

 


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