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BBVA, l’OPA che non s’ha da fare: Sabadell resiste (e il titolo BBVA vola)

L’assalto di BBVA a Sabadell finisce in un flop. Solo il 25% aderisce all’OPA, ben sotto le attese. Ecco come la difesa di Sabadell (e la politica) hanno bloccato l’operazione (e perché il titolo BBVA festeggia).

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Fallimento OPA in Spagna. Niente da fare per BBVA. Il secondo tentativo in pochi anni di conquistare Banco Sabadell si è concluso con un sonoro fallimento. L‘offerta pubblica di acquisto (OPA) ostile, durata mesi e combattuta senza esclusione di colpi, si è arenata su percentuali quasi imbarazzanti: solo il 25,33% del capitale di Sabadell ha accettato lo scambio azionario proposto.

Un risultato misero, ben al di sotto della soglia minima di legge fissata al 30% e lontanissimo dall’obiettivo del 50,01% che BBVA necessitava per ottenere il controllo della banca catalana. La lunga battaglia, durata un anno e mezzo, si chiude di fatto con la vittoria della “difesa numantina” di Sabadell. Un flop clamoroso, che non passerà senza conseguenze.

Il gruppo basco, forse per mascherare la delusione, ha imputato il fallimento alla “falsa aspettativa di una seconda offerta pubblica di acquisto” che avrebbe spinto gli azionisti a non aderire, sperando in un rilancio. Una seconda offerta che BBVA aveva definito “improbabile” e che, ora, è definitivamente tramontata.

La difesa vincente di Sabadell

Sabadell non è rimasta a guardare mentre il “Golia” basco tentava la scalata. Il consiglio di amministrazione, guidato da Josep Oliu, ha respinto l’offerta fino all’ultimo, giudicandola una sottovalutazione del potenziale della banca. Ma non si è trattato solo di prezzo; la strategia difensiva è stata articolata e ha toccato corde economiche, politiche e simboliche:

  • Liquidità e Dividendi: La mossa chiave è stata la vendita della controllata britannica TSB a Banco Santander per circa 3,1 miliardi di euro. Un’operazione che ha generato cassa, permesso la distribuzione di un maxi-dividendo e, soprattutto, ha dimostrato al mercato che Sabadell era in grado di creare valore per i suoi azionisti anche da sola.
  • Il Fattore Territoriale: Decisivo è stato il ritorno (ampiamente pubblicizzato) della sede centrale da Alicante (dove era stata spostata dopo la crisi indipendentista catalana del 2017) alla città d’origine, Sabadell. Una mossa simbolica che ha rinsaldato il legame con il territorio, le imprese catalane e le PMI, spaventate dall’idea di una fusione che avrebbe ridotto la concorrenza nel credito.
  • I Soci Fedeli: I grandi azionisti, come il partner assicurativo Zurich (quasi il 5%), hanno tenuto fede ai patti e non hanno aderito. Ma la vera sorpresa è arrivata dai piccoli azionisti e dai clienti, che detenevano circa il 30% del capitale: la stragrande maggioranza di loro (il 97,2%) ha snobbato l’offerta di BBVA.

L’ironia della Borsa e il “Piano B” di BBVA

La vicenda ha avuto anche il suo corollario (quasi ironico) sui mercati. Appena ufficializzato il fallimento dell’OPA, il titolo di BBVA è volato a Wall Street, guadagnando quasi il 7%.

Come mai? Semplice: il mercato temeva l’operazione. Per finanziare l’acquisto, BBVA avrebbe dovuto lanciare un massiccio aumento di capitale (circa il 18%), diluendo pesantemente gli attuali azionisti. Svanito il pericolo della diluizione, gli investitori hanno festeggiato.

BBVA, incassato il colpo, non ha perso tempo e ha immediatamente attivato il “piano B” (che, forse, era il “piano A” di molti suoi soci): remunerazione. Il gruppo ha annunciato la ripresa immediata del suo piano di riacquisto di azioni proprie (buyback) per quasi 1 miliardo di euro e ha confermato il pagamento di un dividendo record.

In sintesi: se non posso usare i soldi per comprare il concorrente, li uso per “comprare me stesso” (ritirando azioni) e per pagare i miei azionisti. Almeno questi saranno contenti e non manderanno a casa il CdA, che ha fallito, domani mattina…

Un’operazione ostacolata (anche) dalla politica

A pesare sul fallimento non è stata solo la difesa di Sabadell. BBVA si è scontrata con un percorso a ostacoli fin dall’inizio. L’aver lanciato l’offerta ostile a ridosso delle elezioni catalane ha immediatamente politicizzato la questione. Il governo spagnolo, inizialmente neutrale, ha virato verso una netta opposizione, preoccupato per la riduzione della concorrenza e per l’impatto sulle PMI.

La stessa Antitrust (CNMC) aveva avviato un’analisi approfondita, e la Moncloa era arrivata a porre un veto sulla fusione per tre anni (estensibili a cinque), di fatto sterilizzando le famose “sinergie” da 900 milioni che BBVA prometteva (e che, come spesso accade, si traducono in tagli di sportelli e personale).

Si chiude così il secondo round BBVA-Sabadell, dopo quello fallito nel 2020. Allora Sabadell valeva 2,5 miliardi; oggi, dopo la ripresa, ne vale oltre 16. Per ora, il consolidamento bancario spagnolo subisce una brusca frenata.

Domande e Risposte (Q&A)

1) Perché il titolo BBVA è salito se l’acquisizione è fallita? Non dovrebbe essere una cattiva notizia?

No, in questo caso è una buona notizia per gli azionisti esistenti di BBVA. Per comprare Sabadell, BBVA avrebbe dovuto emettere molte nuove azioni (un aumento di capitale del 18%) per pagarle. Questo processo, chiamato “diluizione”, avrebbe ridotto il valore relativo di ogni singola azione già in circolazione. Il mercato temeva questa diluizione più di quanto credesse nei vantaggi della fusione. Fallita l’offerta, è svanito il rischio di diluizione e il titolo ha festeggiato. Inoltre, BBVA userà ora quella liquidità per i dividendi e per riacquistare azioni proprie, sostenendo ulteriormente il valore del titolo.

2) Cosa significa che Sabadell ha attuato una “difesa numantina”?

È un riferimento storico alla città di Numanzia, in Spagna, che resistette all’assedio romano fino allo stremo. Nel contesto finanziario, indica una strategia di difesa totale e ostinata contro un’offerta ostile (OPA). Sabadell non si è limitata a dire “no” al prezzo, ma ha usato ogni leva a sua disposizione: ha venduto asset strategici (la banca TSB) per generare valore immediato, ha rafforzato il suo legame simbolico e politico con il territorio (spostando la sede) e ha mobilitato la sua base di piccoli azionisti e clienti, convincendoli che il futuro da soli era migliore della fusione.

3) Il governo spagnolo poteva davvero bloccare la fusione?

Sì, anche se l’operazione fosse riuscita (cioè se BBVA avesse ottenuto il 51% delle azioni), il governo spagnolo aveva l’ultima parola. Poiché le banche sono considerate asset strategici e data l’alta concentrazione del mercato (BBVA+Sabadell avrebbe avuto una quota enorme, specie nel credito alle PMI), il Ministero dell’Economia aveva il potere di porre un veto per motivi di “interesse generale” o per eccessivi rischi per la concorrenza. Cosa che aveva già minacciato di fare, ponendo un veto di 3-5 anni che avrebbe reso l’integrazione e le “sinergie” (i risparmi sui costi) quasi impossibili.

E tu cosa ne pensi?

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