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“Autonomia differenziata: considerazioni a margine. P. I° ” di R. SALOMONE MEGNA

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L’autonomia differenziata, per essere compresa in tutti i suoi risvolti, necessita di un’ analisi storica e geopolitica, poiché la sua genesi ha radici antiche.

Essa trae origine dalla modifica del Titolo V parte seconda della nostra Carta Costituzionale, avviata dal Governo D’Alema, nell’ormai lontano 2001.

L’iter fu completato dal Governo Amato, di centro sinistra anch’esso, e successivamente tale modifica fu definitivamente approvata con il referendum popolare confermativo del 7 ottobre 2001.

L’originario articolo 114 così riportava: La Repubblica si riparte in Regioni, Province e Comuni.” fu quindi così modificato: “La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato.

I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni sono enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla Costituzione.”

Due campioni dell’europeismo di sinistra trasformavano la nostra Costituzione in chiave federalista, travalicando quello che era il suo spirito originario.

Infatti, se è vero che nell’Assemblea Costituente italiana eletta nel 1946 erano presenti anche i federalisti e che istanze federaliste erano comuni a tutte le forze della resistenza, allo scopo così di determinare una grande discontinuità non solo con lo stato accentratore fascista, ma anche con quello liberale preesistente e rispettare nel contempo le minoranze linguistiche, che erano state vessate durante il ventennio, pur tuttavia non si andò verso l’istituzione di uno stato federale, bensì verso un regionalismo.

Il punto d’incontro tra le varie componenti costituenti fu, quindi, l’istituzione delle regioni.

Infatti i più tiepidi, se non ostili, verso un regionalismo eccessivamente spinto, si collocavano ai due estremi dello schieramento politico. Essi erano i liberali, preoccupati giustamente che il federalismo potesse compromettere l’unità dello Stato, e i due partiti marxisti, PCI e PSIUP, timorosi che il decentramento istituzionale potesse alimentare spinte conservatrici localistiche.

Pertanto, possiamo senz’altro affermare che la realizzazione di uno stato federale, grazie al regionalismo differenziato di D’Alema &C., vada ben oltre quanto previsto dai nostri Costituenti.

Il nuovo dettato ha consentito di svilire anche quanto riportato in altri articoli della Costituzione.

Prendiamo ad esempio l’art.33 e quanto dispone:” L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento. La Repubblica detta le norme generali sull’istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi. Enti e privati hanno diritto di istituire scuole ed istituti di educazione , senza oneri per lo Stato … omissis….

Prima né lo stato, né le regioni, né i comuni potevano finanziare scuole private, dopo la novella dalemiana le regioni ed i comuni possono dare soldi ai privati, poiché l’art.33 impone il divieto di finanziamento solamente allo Stato. Magnifico esempio di bipensiero orwelliano!

Ove non bastasse, la dinamica coppia D’Alema-Amato grazie alla nuova scrittura del Titolo V ha introdotto un ulteriore principio, che ha trasformato di fatto l’Italia in una colonia, cosa tra l’altro non richiesta da nessuno dei trattati di adesione all’Unione Europea.

Infatti, il novellato art. 117 così riporta:

La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali…omissis…

Il diritto comunitario è diventato, d’emblée, fonte primaria per le leggi italiane.

Così, mentre la Germania ed altri paesi inseriscono la normativa europea nel loro ordinamento solo se compatibile con loro costituzioni, in Italia la normativa europea viene recepita direttamente.

La modifica dalemiana deve però essere letta in combinato disposto con un’altra modifica costituzionale, quella del 2012 pensata, rectius ordita, da Mario Monti.

Ancora una volta un Governo sostenuto dal P.D., quello tecnico di Mario Monti, il liquidatore inviato da Bruxelles, inserisce in Costituzione per ossequio ai mercati, il “pareggio di bilancio” altra devastante novella.

Con la modifica dell’art 81 e successivi, lo stato italiano è stato ridotto al rango di un’impresa commerciale di diritto civilistico, che deve tenere obbligatoriamente i conti in pareggio, andando a rendere così vani anche i Principi Fondamentali della Carta Costituzionale, che sono immodificabili se non in melius.

Si completa la trasformazione in colonia dello stato italiano, anzi per l’esattezza in banca travestita da nazione, dove non si può legiferare autonomamente e men che meno fare scelte di politica economica, ma solo imporre gabelle per conto di Bruxelles.

Ultimo, ma non ultimo, arriva in questa triste storia di asservimento e servaggio ad interessi economici autoctoni ed alloctoni, un altro campione nostrano dell’europeismo: tal Enrico Letta.

Anziché stare sereno, come gli suggeriva il buon Matteo Renzi, il Governo guidato da Letta, autore tra l’altro di un inquietante libello dal titolo “Euro si. Morire per Maastricht. “, stila la normativa con cui dare attuazione al regionalismo differenziato con la legge di stabilità del 2014 (la legge del 27/12/2013 n. 147), che così riporta al comma 571 dell’art.1:Anche ai fini di coordinamento della finanza pubblica, il Governo si attiva sulle iniziative delle regioni presentate al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro per gli affari regionali ai fini dell’intesa ai sensi dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione nel termine di sessanta giorni dal ricevimento. La disposizione del primo periodo si applica anche alle iniziative presentate prima della data di entrata in vigore della presente legge in applicazione del principio di continuita’ degli organi e delle funzioni. In tal caso, il termine di cui al primo periodo decorre dalla data di entrata in vigore della presente legge.

A questo punto il cerchio si è chiuso e tutti i tasselli sono andati al loro posto.

Il termine per dare attuazione al regionalismo differenziato decorre dalla data del ricevimento delle iniziative regionali da parte del Governo, il quale ha l’obbligo di dare attivazione all’iniziativa regionale finalizzata all’intesa, con la presentazione di una legge rinforzata, il cui contenuto è proprio l’ intesa tra regione e Stato, acquisito il parere degli enti locali interessati,

Tale legge dii recepimento deve essere approvata a maggioranza assoluta dalle Camere.

Questo è l’excursus delle violenze perpetrate alla nostra Carta Costituzionale, che hanno messo i presupposti per arrivare all’autonomia differenziata.

Come si può evincere da quanto illustrato, essendo un fatto storico incontestabile, l’autonomia differenziata ha seguito un percorso attivato nell’ambito del centro sinistra o con l’appoggio delle forze di centro sinistra e di tutti gli alfieri dell’europeismo nostrano.

Questa è la storia.

Vediamo ora di chiarire nel dettaglio cosa si debba intendere per autonomia differenziata e quali siano le procedure per darvi attuazione.

Partiamo dal novellato articolo 116, terzo comma del Titolo V della Parte Seconda della Costituzione, che prevede la possibilità di attribuire forme e condizioni particolari di autonomia alle Regioni a statuto ordinario.

E’ il così detto “regionalismo differenziato” o “regionalismo asimmetrico”, in quanto consente ad alcune Regioni di dotarsi di poteri diversi dalle altre, restando ferme le particolari prerogative di cui godono le Regioni a statuto speciale (art. 116, primo comma).

Infatti, il terzo comma dell’articolo di cui sopra così prevede:

“Ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, concernenti le materie di cui al terzo comma dell’articolo 117 e le materie indicate dal secondo comma del medesimo articolo alle lettere l), limitatamente all’organizzazione della giustizia di pace, n) e s), possono essere attribuite ad altre Regioni, con legge dello Stato, su iniziativa della Regione interessata, sentiti gli enti locali, nel rispetto dei principi di cui all’articolo 119”.

L’ambito delle materie nelle quali possono essere riconosciute tali forme ulteriori di autonomia sono le seguenti:

  • tutte le materie che l’art. 117, terzo comma, attribuisce alla competenza legislativa concorrente;

  • un ulteriore limitato numero di materie riservate dallo stesso art. 117 (secondo comma) alla competenza legislativa esclusiva dello Stato:

  1. organizzazione della giustizia di pace;

  2. norme generali sull’istruzione;

  3. tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali.

Tutto questo avviene secondo il dettato costituzionale vigente.

Continua parte seconda

Raffaele Salomone megna

 


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