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“Autonomia differenziata: considerazioni a margine. P. 3° ” di R. SALOMONE MEGNA

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Continua dalla parte seconda

Ne consegue che gli stati nazionali europei, con le loro Costituzioni, sono un ostacolo e devono essere indeboliti.

Ma sono anche di ostacolo le religioni e tutto quanto impedisce alla società di essere liquida che esercitano una sorta di vero e proprio catechon.

Questa attività di caos creativo non coinvolge la Germania, ovviamente, paese dell’ortodossia economica per eccellenza, dell’austerità compulsiva ed unica nazione che ha tratto un enorme vantaggio dall’euro assieme ai suoi piccoli satelliti come Olanda e Belgio.

Da un punto di vista geopolitico, vediamo come in Europa in meno di un quinquennio e precisamente tra la fine degli anni ‘80 e l’inizio degli anni ‘90, mentre la Germania si riunificava, contemporaneamente si divide la Cecoslovacchia, si polverizza la Jugoslavia, si frammenta l’URSS ed in Italia viene fatta richiesta di autonomia da parte di alcune regioni del nord.

Questo disegno conferma quanto precedentemente detto: l’Europa degli stati sovrani deve essere soppiantata dell’Europa delle regioni e delle macro regioni.

Ed infatti proprio tra gli anni ‘80 e ‘90 un personaggio improbabile, senza né arte né parte, dagli studi molto incerti per non dire incolto, tal Umberto Bossi da Cassano Magnago paesone del varesotto, comincia a muoversi tra le brume e le foschie delle valli del Nord Italia, vagheggiando di Celti e del dio Eridano, antico nome attribuito al fiume Po, e chiedendo nel contempo l’autonomia delle regioni del nord.

Favorito da “ mani pulite”, il golpe giudiziario con cui una parte della magistratura ha eliminato tutta la classe politica della Prima Repubblica, il Bossi riesce perfino ad arrivare in Parlamento nel 1992 con 20 deputati e 50 senatori, cosa assolutamente impensabile qualche anno prima.

Da allora la questione meridionale scomparirà per sempre dall’agenda politica italiana per essere sostituita, con una tragica eterogenesi dei fini, dalla questione del federalismo del nord, più esplicitamente della secessione dei ricchi.

Nel frattempo, tal Achille Occhetto, erede di Gramsci, Togliatti, Longo e Berlinguer, scioglie il Partito Comunista per fondare il Partito Democratico della Sinistra, al secolo P.D.S., che diventerà successivamente Democratici di Sinistra ed infine Partito Democratico.

Precisiamo che la trasformazione del più grande partito comunista occidentale non è solo una questione semantica, poiché gli eredi di Antonio Gramsci passeranno dal marxsismo-leninismo al sostegno entusiastico del progetto europeo.

I post comunisti, abbandonata la velleità di realizzare il socialismo, non comprendono o quanto meno fanno finta di non comprendere che il progetto dell’Unione Europea non ha nulla da spartire con il Manifesto di Ventotene di Altiero Spinelli e che la su realizzazione impone il lavoro-merce, la disoccupazione a livelli endemici per tenere l’inflazione bassa, la deflazione salariale.

Non comprendono neanche che l’accettazione pedissequa dei vincoli esterni, intesa come cessione di sovranità e non come volontaria limitazione della stessa ( Art. 11 della Costituzione) su alcune materie, impedirà di fatto ai successivi Governi qualsiasi politica di sviluppo economico che non sia quella del rispetto cieco ed ottuso dei vincoli di Maastricht, costi quel che costi.

In definitiva, la “sinistra” è diventata negli anni un mero aggettivo qualificativo, avendo sostituito l’internazionalismo proletario con il cosmopolitismo, barattato i diritti sociali con quelli civili, trasformato i cittadini prima in consumatori e successivamente in debitori, sostituito il Patto di Varsavia con la NATO.

Questo partito, pro U.E., pro NATO e pro euro, ha fatto come cardine della sua azione politica l’antifascismo senza fascismo e si è contrapposto con una opposizione di maniera al centro destra.

Il centro destra, a sua volta rappresentato da Forza Italia ed alleati ed anch’esso pro U.E., pro NATO e pro euro, si è contrapposto ad un comunismo senza comunisti.

Una squallida commedia delle parti sulla pelle del popolo italiano.

Entrambi sono facce diverse della stessa moneta, sempre d’accordo sulle rivoluzioni colorate e sulla diffusione della democrazia negli stati sovrani riottosi alla globalizzazione, anche con la guerra sotto l’egida della NATO.

Sia il centro destra che il centro sinistra hanno usato un escamotage semantico, vale a dire il termine riforma, per fare strame dello stato sociale e conculcare i diritti dei lavoratori; entrambi sono convinti della “ fine della storia” come asseriva Francis Fukuyama.

Poi c’è la realtà fattuale, che è impietosa.

Il sistema creato con lo stravolgimento della Costituzione non funziona ed ha accentuato il declino economico italiano.

A partire dall’anno 2001 la Corte Costituzionale si è dovuta pronunciare ben 2100 volte per dirimere conflitti di competenza tra stato e regioni e la modifica costituzionale del titolo V è stata fortemente criminogena, avendo diffuso la corruzione ed il malaffare nelle regioni ( inquisiti 17 Consigli Regionali su 20).

Per contro, l’Unione Europea favorisce il decentramento, perché indebolisce gli stati e trasferisce alle regioni i rapporti con essa.

Che forza politica potranno avere tante piccole nomadi a rimettere in discussione le norme vessatorie su cui si basa l’euro? Nessuna!

L’obiettivo di Francia e Germania è quindi di favorire le spinte autonomiste, per riportarci nella stessa situazione della pace di Westfalia del 1648, in cui l’Europa del Nord ( Francia e Svezia), prendevano il sopravvento sugli stati del Sud ( Spagna, etc.).

E’ questo il motivo per il quale gli ambienti comunitari guardano con grande benevolenza all’indipendentismo scozzese, che indebolisce l’Inghilterra, a quello della Catalogna, che indebolisce la Spagna, nazione confinante con la Francia, all’autonomismo delle Fiandre, che indebolisce il Belgio, al federalismo delle regioni italiane del nord.

Ribadiamo che il progetto geopolitico e le finalità politiche sono chiare: affinché nessuno possa scappare dall’Unione Europea, bisogna distruggere gli stati nazione, mentre dall’altro canto abbiamo l’ accordo di Aquisgrana del 22 gennaio 2019 con cui Francia e Germania, i custodi della “prigione dei popoli”, vanno verso la Kernel Europa.

Cosa avverrà per l’Italia e per le regioni interessate dal regionalismo differenziato ?

Nulla di buono.

Di certo Francia e Germania continueranno nel loro intento di deindustrializzazione dell’Italia. Ricordiamo che dal 2008 ad oggi l’Italia ha perso il 20% della sua capacità produttiva.

Il fatto che alcune regioni potranno reimpiegare il residuo fiscale positivo sui loro territori sarà una vittoria di Pirro.

Infatti, i minori trasferimenti al sud operati dallo stato determineranno da una parte una minore propensione al consumo delle genti meridionali e, quindi, una ulteriore caduta della già asfittica domanda interna e soprattutto ci si rivolgerà verso prodotti stranieri a più basso costo rispetto a quelli made in Nord Italy.

Il tutto sarebbe risolvibile se l’Italia avesse una propria moneta nazionale ed una Banca centrale che sia tale.

Infatti, in un paese normale lo stato prima spende e poi tassa e non viceversa.

Non è un caso che l’art. 53 della Costituzione parla di concorrenza alle spese statali:

Art. 53. “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività .

Uno stato con moneta sovrana non ha bisogno delle imposte per attivare progetti ed investimenti.

Può ricorrere alla monetizzazione del debito o ai biglietti di stato.

Così faceva l’Italia negli anni settanta e ottanta, quando era la quinta potenza economica mondiale.

In conclusione, la scelta federalista comporta l’adesione incondizionata dell’Italia all’Unione Europea, a questa Unione Europea, germanicocentrica, senza alcuna possibilità di redenzione e con buona pace dei sovranisti che sono al Governo ed annulla ab origine anche le conseguenze di una eventuale vittoria degli euroscettici italiani alle prossime elezioni europee.

Con grande rammarico diciamo: nulla salus extra ecclesiam!

Raffaele SALOMONE MEGNA


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