Economia

Auto dalla Cina: non più solo export, ma una strategia di sopravvivenza che inonda il mondo

L’industria automobilistica cinese, trainata dall’inarrestabile avanzata delle auto elettriche, dipende sempre più dalle esportazioni per sopravvivere a un mercato interno stagnante. Un’analisi dei dati rivela come questa non sia una semplice espansione commerciale, ma una necessità vitale che nasconde una profonda debolezza strutturale e ridisegna gli equilibri economici mondiali.

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L’economia cinese sta diventando un motore che esporta auto, tante, tatissime auto.

I grafici dell’economista Brad Setser  descrivono come ormai la Cina stia diventando la fabbrica di auto del mondo, ma anche come questo export colossale stia diventando una sorta di droga per l’industria. La grande locomotiva cinese, un tempo alimentata da un mercato interno insaziabile, oggi sopravvive solo inondando il mondo di veicoli, perché la sua stessa gente non è più in grado di assorbirne la produzione colossale. Il cuore di questa avanzata mondiale è uno: l’auto elettrica.

Come sottolinea Setser ormai la Cina esporta 7 milioni di veicoli, di cui 6 sono autovettura, come si può veder dal grafico sottostante:

Export di mezzi e export di autovetture

Però l’industria dell’auto cinese si basa sempre di più, per crescere, sull’export, piuttosto che sulla crescita interna, come si può vedere in questo grafico , sempre di Setser, che mostra la produzione di auto totale, la quota che va in Export e quella che invece va sul mercato interno:

La realtà, cruda e innegabile, è che mentre la produzione di veicoli in Cina continua a viaggiare su livelli stratosferici, le vendite interne sono stagnanti da anni. Questo scollamento tra produzione e domanda ha creato una voragine, una sovrapproduzione sistemica che può essere gestita in un solo modo: scaricandola all’estero. L’export non è più una scelta per conquistare quote di mercato, ma una necessità vitale per evitare il collasso di un settore chiave e una crisi occupazionale che il Partito Comunista non può permettersi. L’esplosione delle esportazioni di auto, che oggi rappresentano il traino principale del commercio estero cinese, non è un segnale di forza, ma il sintomo di una profonda debolezza strutturale.

A rendere questo quadro ancora più precario è la natura stessa di questa produzione. L’industria automobilistica tradizionale cinese, quella basata sui motori a combustione interna (ICE), è in caduta libera. L’unica cosa che tiene in piedi l’intero castello di carte, spingendo la produzione e l’export a livelli record, è l’inarrestabile ascesa delle auto elettriche (EV) e ibride. Questo è dimostrato da questo grafico di Setser, che mostra come a dicembre 2024 la produzione di auto elettriche ha raggiunto quella di auto a motori a combustione interna , in cina, arrivando a 12,5 milioni di auto:

La Cina ha scommesso il suo intero futuro industriale su questa transizione, senza un piano B. Questo la rende incredibilmente vulnerabile e, di conseguenza, aggressiva. Qualsiasi misura protezionistica, come i dazi minacciati da Trump o le barriere normative richieste in Europa, non verrebbe percepita da Pechino come una semplice mossa commerciale, ma come un atto di ostilità diretto, una minaccia alla sua stessa stabilità.

Ma la parte più allarmante di questa storia è la sua natura predatoria e imperialista. L’ultimo grafico chiude il cerchio in modo spietato: all’impennata vertiginosa delle esportazioni di auto cinesi corrisponde un crollo altrettanto verticale delle importazioni di veicoli, per cui non è un’apertura di mercato, ma proprio una politica d’espansione e di conquista.

Mentre la Cina ci vende sempre più auto, smette di comprare le nostre. La sua finalità è solo quella, praticamente, di conquistare i mercati esterni, senza

La conclusione è inevitabile: l’export di auto è ormai l’unico strumento con cui l’industria cinese può sopravvivere e questo può avvenire soprattutto con l’esportazione di auto elettriche, a loro volta ormai essenziali all’iudustria. Quindi ogni rallentamento agli obblighi nell’intruzione delle auto EV , soprattutto in Europa, è visto come un impedimento allo sviluppo dell’industria cinese. Ogni spinta verso l’auto elettrica è un regalo per Pechino. 



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