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Economia

Atlante ha santi in paradiso, in subordine geometri

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Abbiamo sentito del fondo Atlante, sappiamo anche che ce ne sono due, Atlante I ormai senza liquidità e Atlante II.

Il gigante greco che regge la sfera celeste e la terra su volere di Zeus per l’eternità, un po’ come adesso la Grecia regge le rendite di posizione del nord Europa pagando un interesse del 7% circa sui suoi buoni del tesoro.

Ma le singolarità non sono finite, chi detiene i fondi atlante?

Attraverso diverse aziende la catena conduce a Quaestio Holding S.A che è di proprietà di Fondazione Cariplo  (37,65%), di Locke srl (22%) detenuta dallo stesso Penati e dal management, della Cassa Italiana di Previdenza ed Assistenza dei Geometri Liberi Professionisti (18%), della Direzione Generale Opere Don Bosco (15,6%) e della Fondazione Cassa di Risparmio di Forlì (6,75%).

Anche qui fra gli azionisti, che quindi si fanno carico dei rischi, spuntano soggetti perlomeno strani, la cassa dei geometri, che dovrebbe pensare alla previdenza dei suoi iscritti, e le Opere di Don Bosco che per vocazione dovrebbero aiutare i poveri, non i ricchi manager, che in questo giro stanno rischiando di scappare solo con quello che ci starà nella loro valigia.

Molti hanno messo soldi nel fondo Atlante primo fra tutti il risparmio  postale attraverso la cassa depositi e prestiti, e poi le due grandi banche italiane, che adesso decidono di svalutare i loro investimenti da un miliardo ciascuna.

Cosa significa? Che le due banche pensano che quel miliardo non lo rivedranno più completamente, che i loro azionisti grandi e soprattutto piccoli ne patiranno, svalutando aumentano le loro stesse sofferenze, ed aumentando il rischio di un ipotetico default mettendo a rischio anche i loro correntisti.

Ma non era meglio fare come fanno i tedeschi? Che attraverso le loro strutture regionali lo stato detiene in pratica le innumerevoli banche locali, e possono dal quel canale far fluire gli aiuti, appunto di stato.

Statalizzare le banche venete invece di inventarsi atlante e scrivere sui giornalini che i nostri conti sono a posto grazie ad un accurata gestione era una soluzione già fatta da altri stati, che impogono a noi rigore, e dal dischetto tirano sempre loro.

Per completare il quadro ora Unicredit pensa di svalutare il suo investimento in Altlante, e come dargli torto? Ma quando nel 2006 comprava la fallimentare HypoVereinsbank tedesca a cosa pensava? O forse non poteva pensare diversamente.

E qui mi fermo, ma è evidente che se avessimo una banca centrale di nostra proprietà, veramente operativa e indipendente, questi giochi si fermerebbero in un niente…. Anzi in un clik.

Roberto Alice

 


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