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Assassinio Kennedy: il famoso Dossier russo. Cosa contiene e cosa sapeva (e temeva) il Cremlino

Il Dossier Russo su JFK: Mosca temeva la Guerra Mondiale. Ecco i documenti segreti su Oswald e i tentativi di Khrushchev di cooperare con gli USA dopo l’assassinio.

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L’assassinio di John Fitzgerald Kennedy non è solo un evento storico; è la madre di tutte le teorie del complotto, un buco nero che ha inghiottito la fiducia pubblica americana e generato decenni di speculazioni. In questo scenario, ogni frammento di archivio declassificato viene analizzato con fervore quasi religioso. Stavolta, però, la fonte è di quelle pesanti: Mosca.

Recentemente, la Russia ha consegnato un corposo dossier di oltre 300 pagine sull’assassinio di JFK. Il destinatario, con una mossa che la dice lunga sulle attuali dinamiche geopolitiche, è stata la deputata repubblicana (vicina a Trump) Anna Paulina Luna.

Il dossier è downlodabile a questo link.

Chi si aspettava il proverbiale “smoking gun” – la prova che Oswald fosse un agente del KGB o che il Cremlino avesse orchestrato l’evento – rimarrà deluso. Il dossier, infatti, non contiene colpi di scena storici. Ma, come spesso accade, il diavolo (e l’interesse storico) sta nei dettagli.

Il vero valore di questi documenti non è nel rivelare chi ha sparato, ma nel mostrare come l’altra superpotenza mondiale reagì al caos. Quello che emerge è il ritratto di un’Unione Sovietica spaventata, ansiosa di gestire la transizione verso Lyndon B. Johnson e, soprattutto, terrorizzata all’idea di essere incolpata. Il dossier è la prova documentale che Nikita Khrushchev cercò attivamente di scuotersi di dosso ogni responsabilità, cooperando (in modo molto calcolato) con gli americani.

Come è Strutturato il Dossier del Cremlino

Prima di tuffarsi nei contenuti, è fondamentale capire cosa abbiamo davanti. Non si tratta di un romanzo, ma di una raccolta archivistica tecnica (in russo: Сборник документов), intitolata “L’assassinio del Presidente degli Stati Uniti J.F. Kennedy e le relazioni Sovietico-Americane“.

Questa raccolta, proveniente dagli archivi presidenziali, del Ministero degli Esteri (MID) e del KGB, è organizzata in modo meticoloso, riflettendo le priorità burocratiche e diplomatiche di Mosca in quelle settimane concitate.

L’analisi della sua struttura è già di per sé illuminante:

  1. Prefazione Archeografica: L’introduzione tecnica che spiega i criteri di raccolta dei documenti.
  2. Sezioni Documentarie Principali: Il dossier è diviso in sezioni tematiche. Sebbene la prima non sia esplicitamente numerata, la logica segue questo flusso:
    • Una sezione sulla reazione sovietica immediata all’omicidio e l’inizio dell’interazione con il nuovo presidente Lyndon B. Johnson.
    • Una sezione (la più corposa, con 66 documenti) dedicata all’assistenza “attiva” fornita dalle autorità sovietiche alle indagini americane, coprendo il periodo dal 22 novembre 1963 al 28 settembre 1964.
    • La Terza Sezione, dedicata alla creazione della Biblioteca Presidenziale e Museo J.F. Kennedy a Boston (7 documenti).
  3. Apparati Finali: Come ogni raccolta scientifica che si rispetti, il dossier si chiude con indici nominativi (pagine 260-270), indici geografici (271-278), elenchi dettagliati dei documenti pubblicati e un’appendice finale di 90 pagine contenente copie e fotocopie dei materiali originali.

Questa struttura ci dice che il focus sovietico era duplice: gestire la crisi immediata (Sezione II) e costruire un rapporto con la nuova amministrazione (Sezione III).

La “Patata Bollente” di Lee Harvey Oswald

Il cuore della paura sovietica aveva un nome e un cognome: Lee Harvey Oswald. L’ex marine aveva vissuto in Unione Sovietica dal 1959 al 1962, aveva sposato una donna russa (Marina Prusakova) e aveva persino tentato di ottenere la cittadinanza sovietica.

Lee Harvey Oswald dopo l’arresto, poco prima del suo assassinio (wikipedia)

Mentre certa stampa americana, definita “reazionaria” nei documenti sovietici, cavalcava l’onda del “complotto comunista”, il Cremlino si muoveva in direzione opposta. Il dossier dimostra che il KGB e il Ministero degli Esteri non persero tempo per smentire qualsiasi legame, fornendo materiali agli americani in due fasi distinte.

Fase 1: L’Iniziativa Sovietica (Novembre 1963)

Subito dopo l’omicidio, i sovietici agirono proattivamente (по своей инициативе). L’Ambasciata sovietica a Washington fu istruita di consegnare al Dipartimento di Stato le fotocopie della corrispondenza consolare intercorsa con Oswald e sua moglie Marina nel periodo 1962-1963 (cioè dopo il suo ritorno negli USA).

L’obiettivo era chiaro: dimostrare che i loro contatti con Oswald erano stati puramente burocratici e recenti, disinnescando la narrazione dell'”agente comunista”. Il Segretario di Stato Dean Rusk, come riportano i documenti, apprezzò molto la tempestività del gesto.

Fase 2: la richiesta della Commissione Warren (Aprile 1964)

La Commissione Warren, trovando utili i primi documenti, chiese di più. Il 24 marzo 1964, Rusk ed Earl Warren chiesero formalmente i materiali relativi al soggiorno di Oswald in URSS (1959-1962).

Il 23 aprile, il Presidium del Comitato Centrale del PCUS approvò l’invio (confidenziale) di un secondo pacchetto di documenti. Questo è ciò che conteneva:

  • Materiali sull’Impiego: Domanda e autobiografia di Oswald per l’assunzione alla Fabbrica di Radio di Minsk (dove lavorò come regolatore).
  • Materiali sulla Residenza: Le sue dichiarazioni per ottenere il permesso di soggiorno (che ricevette come “apolide”, лица без гражданства) e le prove che la sua richiesta di cittadinanza sovietica era stata respinta.

    La richiesta autografa di cittadinanza sovietica di Lee Harvey Oswald

  • Dati Medici: Le cartelle cliniche di Oswald (e di sua moglie) provenienti dall’Ospedale Botkin di Mosca (reparti psicosomatico e chirurgico) e dal Secondo Ospedale Clinico di Minsk.

I sovietici stessi ammisero che i materiali erano di “carattere limitato”, ma cruciali. Il KGB e il MID sottolinearono agli americani un punto chiave: le cartelle cliniche non contenevano alcuna prova di malattia psichica (психическом заболевании). Questo, paradossalmente, supportava la tesi della Commissione Warren di un “lupo solitario” lucido, e non di un pazzo manipolato o di un agente addestrato.

Diplomazia e curiosità: la Biblioteca e il Ponte

Il dossier non è solo Oswald. Rivela anche affascinanti tentativi di distensione e alcune bizzarre curiosità d’archivio.

 

La Biblioteca JFK (Sezione III)

La terza sezione del dossier è interamente dedicata alla creazione della Biblioteca Presidenziale JFK a Boston. Il 26 febbraio 1964, Robert F. Kennedy scrisse personalmente a Khrushchev chiedendo assistenza per raccogliere materiali.

L’URSS colse l’occasione. I documenti elencano ciò che Mosca decise di donare:

  • Un film documentario sull’incontro tra Khrushchev e Kennedy a Vienna nel giugno 1961.
  • Una registrazione audio della parte conclusiva del discorso di Khrushchev su quell’incontro.
  • Foto e materiali della stampa sovietica.

L’obiettivo, dichiarato nei documenti, era contribuire a presentare Kennedy come una “figura di Stato eccezionale” (выдающийся государственный деятель) che cercava un “approccio realista” alle relazioni internazionali. Una traduzione diplomatica per: “Kennedy era uno con cui potevamo parlare, speriamo che LBJ sia uguale”.

Foto di un incontro Kennedy Krushev allegata alla documentazione

Le Curiosità nelle Note

Come spesso accade, le cose più interessanti si trovano nelle note a piè di pagina o negli indici.

1. Il Tentato Omicidio del Generale Walker (Pag. 310) In una nota a pagina 310, il dossier russo cita il Generale Edwin A. Walker, una figura dell’estrema destra anticomunista. La nota riporta che lo stesso Walker denunciò un tentativo di omicidio il 10 aprile 1963. La cosa interessante? Il dossier russo riporta pedissequamente la conclusione della Commissione Warren: a sparare quel colpo (che mancò il bersaglio colpendo il telaio della finestra) fu proprio Lee Harvey Oswald. Includendo questo dettaglio, i sovietici rafforzavano l’immagine di Oswald come un fanatico solitario e violento, non legato ad alcuna agenda di stato.

2. Il Refuso sullo “Stretto di Berlino” Forse la stranezza più affascinante si trova nell’elenco dei documenti. Tra le reazioni dei cittadini stranieri all’omicidio, figura la lettera di un certo Dave Sandstrom (Providence, USA), datata 26 novembre 1963.

La sua proposta? La costruzione di un “Ponte della Pace Khrushchev-Kennedy” (Моста мира «Хрущева-Кеннеди»).

Fin qui, tutto normale. Se non fosse per l’ubicazione proposta. Il testo russo originale, nell’indice, indica che il ponte avrebbe dovuto attraversare lo “Stretto di Berlino” (через берлинское проливе).

Il ponte della Pace

Ovviamente, lo “Stretto di Berlino” non esiste. Berlino è una città continentale, all’epoca divisa da un Muro, non da un braccio di mare. È quasi certo che si tratti di un refuso (un errore di battitura) nel documento originale, o forse nella lettera stessa di Sandstrom, per indicare il ben più logico Stretto di Bering (Берингов пролив), l’unico punto di contatto geografico tra USA (Alaska) e URSS (Siberia).

Questo piccolo errore, conservato negli archivi, è forse il simbolo perfetto di quel momento storico: un disperato desiderio di unire i due mondi, confuso dalla nebbia della Guerra Fredda e da un’evidente, seppur banale, imprecisione geografica. Il documento riport anche altre lettere e proposte dell’epoca, un segno di come, comunque, si cercasse la pace.

Conclusione

Il dossier russo su JFK non riscrive la storia dell’assassinio. Fa qualcosa di più utile: conferma la versione “ufficiale” (Oswald come lupo solitario) dalla prospettiva dell’avversario.

Rivela che, nel novembre 1963, il Cremlino era terrorizzato quanto Washington. La paura non era solo quella di un complotto interno americano, ma che un ex-residente dell’URSS potesse aver acceso la miccia della Terza Guerra Mondiale. La cooperazione di Khrushchev, rapida e calcolata, non fu un atto di amicizia, ma un capolavoro di realpolitik per la sopravvivenza.

 

Domande e Risposte sul Testo

1. Il dossier russo suggerisce quindi che Oswald NON era un agente del KGB? Esattamente. L’intero sforzo diplomatico documentato nel dossier è volto a dimostrare alle autorità statunitensi che Lee Harvey Oswald non aveva alcun legame con il KGB o il GRU (i servizi segreti militari). I sovietici fornirono documenti per dimostrare che Oswald era visto come un individuo instabile, a cui fu persino negata la cittadinanza sovietica. La loro cooperazione serviva a smentire la tesi del “complotto comunista” che temevano potesse portare a un’escalation militare.

2. Qual è la scoperta più interessante o curiosa del dossier? Oltre alla conferma della cooperazione sovietica, la curiosità più affascinante è il riferimento a un progetto di “Ponte della Pace Khrushchev-Kennedy”. La cosa bizzarra è che il documento d’archivio russo lo colloca sullo “Stretto di Berlino” (un luogo inesistente), che è quasi certamente un refuso per il più logico “Stretto di Bering” (il confine marittimo tra USA e URSS). Questo errore simboleggia la confusione e il desiderio di distensione di quel momento.

3. Perché i sovietici hanno conservato i documenti medici di Oswald? I documenti mostrano che Oswald fu ricoverato all’Ospedale Botkin di Mosca (per un apparente tentativo di suicidio) e monitorato a Minsk. Per i servizi segreti sovietici era prassi standard monitorare e archiviare informazioni su stranieri eccentrici, specialmente ex militari americani che chiedevano asilo. Fornendo queste cartelle cliniche (che, secondo loro, non mostravano malattie psichiche), i sovietici volevano dimostrare trasparenza e allo stesso tempo confermare che Oswald era un soggetto anomalo, ma non un loro agente.

E tu cosa ne pensi?

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