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ARTIGIANI E PICCOLI IMPRENDITORI: RUBINETTI BANCARI CHIUSI IN ESTATE, PER COLPA DI DI MAIO IN VERSIONE KAFKIANA. (di Alessio Bini)

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Elettricisti, idraulici, parrucchieri, estetiste e molti altri artigiani hanno dovuto distrarsi dal proprio lavoro per addentrarsi in un labirinto voluto da una legge degna del miglior Kakfa. Questi piccoli artigiani amano così tanto il proprio lavoro che gli dedicano spesso anche la domenica, ma lo Stato li obbliga ad occuparsi di altro. Li obbliga ad imparare nuovi termini e nuovi procedimenti che niente hanno a che fare col proprio lavoro. E quest’anno, a causa dello Stato, molti di loro si sono visti negare anche i prestiti bancari!

Nel 2018 il Ministro Luigi Di Maio annunciò di togliere i famigerati Studi di Settore. Ottimo, dissero tutti! Eh già, ma tolti quelli volle inserire altre regole, altre gabbie per gli imprenditori. E così ha introdotto i codici ISA, ovvero Indici Sintetici di Affidabilità. Ecco la nuova parola che hanno dovuto imparare i piccoli imprenditori. Nella sostanza impongono alle aziende lo stesso giogo degli Studi di Settore: è lo Stato che decide quanto devono guadagnare e quante tasse devono pagare. Non importa se hanno davvero guadagnato quei soldi oppure no. Le tasse vanno pagate lo stesso e, se non è così, l’imprenditore subisce un lungo e fastidioso controllo da parte dell’Agenzia delle Entrate, che gli chiede conto di ogni singola fattura.

Ma c’è di più. Fino a tutto settembre non è stato nemmeno possibile, anche volendolo, inoltrare la dichiarazione dei redditi 2019 (relativa ai redditi 2018), perché i codici ISA non erano ancora pronti. Le società se la sono cavata, perché potevano depositare comunque il bilancio in Camera di Commercio, ma le ditte individuali e le società di persone (ovvero i più piccoli), no!

La conseguenza è stata che se un artigiano o un piccolo imprenditore si presentava in banca, non poteva avere un prestito, perché è proprio sulla dichiarazione dei redditi che la banca si basa. Quindi, chi voleva espandersi ha dovuto rinunciare. Chi aveva bisogno di uno scoperto di conto per superare il calo di lavoro del periodo estivo ha dovuto fare senza, magari risparmiando o magari chiedendo i soldi in prestito a genitori e parenti e umiliandosi come imprenditore.

Soltanto da settembre i programmi di controllo, che consentono la verifica delle dichiarazioni dei redditi, sono disponibili. Ne uscirà una pagella –come a scuola- da 1 a 10. Sopra il voto 8 scattano premi fiscali, al di sotto della sufficienza scatta un bel controllo. Quindi se un artigiano ha resistito alla crisi, guadagnando poco, si becca pure l’Agenzia delle Entrate, dopo aver superato la negazione dell’accesso al credito in estate. Se invece è una delle mosche rare che guadagna abbastanza, avrà pure degli sgravi fiscali.

Ed ancora.

Mentre gli Studi di Settore, tanto odiati e tanto complicati, permettevano di capire le regole del gioco, i codici ISA no. Lo Stato è come la leggenda della Bocca della Verità: una volta inserita la dichiarazione dei redditi, se lo Stato ritiene che l’imprenditore dica una bugia gli taglia la mano, ovvero gli impone una verifica fiscale serrata.

L’imprenditore, cioè, farà la propria dichiarazione dei redditi e solo dopo scopre se è sufficiente per lo Stato oppure no. Il voto da 1 a 10 non è possibile da prevedere prima. Se lo Stato non gradirà, l’imprenditore avrà due possibilità: o subìre un controllo oppure potrà alzare la propria dichiarazione dei redditi. Come dire? “Stato, quest’anno ho guadagnato 30.000,00 euro lordi con gran fatica”. “Ma manco per sogno –si sentirà rispondere- tu ne devi riportare a casa almeno 50.000,00, perché devi pagare più tasse, chiaro?”. Chiaro. Quindi, l’imprenditore o pagherà più tasse subito o le pagherà dopo una tenace verifica dell’Agenzia delle Entrate.

Ma esiste ancora l’articolo 53 della Costituzione che vuole le tasse proporzionali al reddito?

L’Ordine dei commercialisti più volte ha alzato quest’anno la voce per proteggere i propri clienti dai famigerati codici ISA, ma ovviamente non è stato ascoltato, perché il Ministro Di Maio era impegnato almeno a farli questi codici ISA, per sbloccare la situazione che lui stesso aveva contribuito a creare. Farli bene era un lavoro eccessivo, evidentemente.

Un vero e proprio percorso ad ostacoli per i piccoli imprenditori: l’estate passata arrancando, perché le banche hanno chiuso i rubinetti non alle società di capitali (Srl e SpA), ma alle piccole società di persone e alle ditte individuali. E adesso l’autunno si prospetta come un percorso con tranelli e ghigliottine fiscali.

Quale attenzione possono dedicare al proprio mestiere i piccoli artigiani, se grava sulla loro testa una ghigliottina del genere, dopo aver subito le umiliazioni in banca e dopo aver attraversato il campo minato dei codici ISA?

Nel 2012, Luigi Furini scrisse un bel libro autobiografico, dal titolo “Volevo solo vendere la pizza”. L’autore è un giornalista de L’Espresso che racconta la sua breve storia da imprenditore. Pensa di acquistare una pizzeria, spinto dalla sua passione per la pizza. Ha l’atteggiamento di molti, che ritengono la gestione di una piccola azienda sia una cosa facile. Non passa molto tempo che viene sopraffatto dalle norme Asl, dall’Ispettorato del lavoro e da mille altri problemi. Alla fine, si riduce a comprare la pizza dal vicino concorrente e a rivenderla. E subito dopo vende, per disperazione, tutta la pizzeria ai cinesi….e non c’erano ancora i codici ISA!


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