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Arrestare i golpisti!

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Titolo ad effetto per un articolo con cui voglio tornare a parlarvi dei delitti contro la personalità dello Stato, riportando direttamente uno stralcio dal mio libro “Il tramonto della democrazia, analisi giuridica della genesi di una dittatura europea”  distribuito on line da ibs.

Non si può accettare che una classe politica che invoca la fine dell’Italia come Stato, chiedendo la cessione della nostra sovranità, che come noto appartiene al popolo e non a questi signori, possa continuare ad imperversare impunemente.

Parliamo dunque ancora una volta della fattispecie penale del 241 c.p. e degli altri reati che costituiscono quel complesso che prende il nome di “delitti contro la personalità dello Stato”Costituisce circostanza indubbia che, dichiarazioni a parte, la sovranità nazionale sia stata sottratta in favore di organismi stranieri, che fanno capo ai capitali diventati potere politico, tra cui la stessa BCE. Altrettanto è circostanza indubbia che l’indipendenza dello Stato non solo sia stata limitata, ma addirittura sia stata completamente cancellata. Quasi inutile ricordare nuovamente che l’art. 47 Cost. dispone che debba essere la Repubblica a coordinare e controllare il credito e non viceversa.

In puro diritto, ai fini della sussistenza del reato di cui all’art. 241 c.p., occorre unicamente spendere due parole in particolare sulla definizione giuridica di violenza necessaria alla consumazione del reato. Dopo la “strana” riforma del 2006, infatti, la mera compressione della sovranità, o la menomazione dell’indipendenza nazionale, sono reato, solo se commessi con violenza. Ma questo non è un problema per l’applicazione della norma penale. 

La giurisprudenza è assolutamente unanime e consolidata sull’interpretazione ampia del concetto di violenza che non comprende solo l’atto fisico dell’agente. La violenza si identifica infatti in qualsiasi mezzo idoneo a privare coattivamente l’offeso della libertà di determinazione e di azione, potendo consistere anche in una violenza “impropria”, che si attua attraverso l’uso di mezzi anomali diretti ad esercitare pressioni sulla volontà altrui, impedendone la libera determinazione.

L’austerità è l’atto che, anche qualora non ritenuto violento di per sè, distruggendo la domanda interna e conseguentemente riducendo la popolazione in una condizione di paura e sempre più dilagante povertà, ha direttamente determinato l’accettazione, attraverso la cooptazione, di ogni atto con cui la sovranità italiana è stata completamente sottratta. In sostanza la forza di cooptazione dell’austerità è stata tale da provocare addirittura la caduta di un Governo (Berlusconi) per sostituirlo con un altro pronto ad eseguire il compitino imposto dalla stessa BCE. L’austerità non aveva alcuna ragione di esistere e la sua applicazione è frutto della rappresentazione di una falsa emergenza contabile determinata, in realtà, dalle regole economiche e monetarie che impongono la crisi come risultato certo e matematico. Lo stesso Giuliano Amato aveva definito addirittura “Faustiana”, la pretesa di creare una banca centrale che non fungesse da prestatrice illimitata di ultima istanza, abbinare tale scelta demenziale all’obbligo di contenere il deficit in misura tale da obbligare l’Italia a fare vent’anni di avanzo primario, ovvero a tassare più di quanto spende, non poteva che portare miseria e paura.  Monti invece ha espressamente confessato che le crisi e le gravi crisi sono lo strumento per obbligarci a cedere sovranità, perché il costo di non fare le riforme, se è in atto una crisi visibile e conclamata, diventa superiore a quello di farle.

Il reato dunque è perfettamente consumato e tanta è la convinzione in tale affermazione che non si fatica ad esprime pubblicamente questo concetto, che ormai è fatto proprio da numerosi giuristi, anche di chiara fama. Si comprende una naturale ritrosia a parlare di certi temi, poiché obiettivamente non si è mai verificata, nella storia recente, una situazione simile. Cionondimeno pare completamente inutile tentare di negare l’evidenza e mettere la testa sotto la sabbia, non è così che salveremo la democrazia.

Abbiamo una larga fetta della classe politica che scientemente, o semplicemente perché ha seguito il vento dominante, si è appiattita sulla posizione di superare gli Stati nazionali, posizione non compatibile con legge e democrazia. In sostanza si sta imponendo un nuovo “patto sociale” in assenza della parti che naturalmente dovrebbero sottoscriverlo, i popoli.

Peraltro le tesi appena enunciate trovano conforto anche dalla piana lettura della relazione al codice penale a cura dell’On. Alfredo Rocco, datata 1929. Essa rappresenta una sorta d’interpretazione autentica della fattispecie incriminatrice che ho menzionato e consente di comprendere appieno la fondamentale ratio della tutela del bene giuridico “personalità dello Stato”:

(omissis…) con le disposizioni contenute in questo titolo, il Progetto afferma che non è soltanto la sicurezza dello Stato, quella che va penalmente tutelata, ma anche tutto quel complesso di interessi politici fondamentali, di altra indole, rispetto ai quali lo Stato intende affermare la sua personalità. Codesti interessi, attraverso sfere gradatamente più ampie, vanno dalla saldezza e dalla prosperità economica al migliore assetto sociale del Paese, e perfino al diritto di conseguire e consolidare quel maggiore prestigio politico, che allo Stato possa competere in un determinato momento storico.

Dunque, anche se la personalità dello Stato è lesa nella sfera economica e sociale, come pacificamente è avvenuto con le cessioni di sovranità previste nei trattati europei, si rientra nell’ambito dell’oggetto che le fattispecie penale intendeva tutelare. Ma vi è di più, si ha reato, non solo nel caso di cessione della sovranità, ma anche se avviene una mera “limitazione”:

(omissis…) l’intenzione di sottoporre lo Stato alla sovranità di uno Stato straniero: sovranità territoriale, cioè, destinata ad affermarsi, oltre che rispetto all’ordinamento politico, anche sul territorio dello Stato soggetto, come nel caso di sottoposizione, totale o parziale, del territorio dello Stato italiano alla sovranità di uno Stato straniero; sovranità soltanto personale, come nel caso di menomazione dell’indipendenza della Stato, quando, pure rimanendo la sua sovranità estesa su tutto il territorio, la sovranità medesima subisce limitazioni, che possono essere più o meno estese, per il fatto che ad esse si sovrappone, comprimendola, ma senza tuttavia eliderla, la sovranità di uno Stato straniero, come nel caso del protettorato nelle sue varie forme (omissis…) Come per il Codice vigente, è questo un delitto formale: il tentativo fin nel primo stadio degli atti preparatori, è elevato a reato perfetto2.

La norma oggi va certamente letta in combinato con l’art. 11 Cost., che in allora, ovviamente, non esisteva ancora. Pertanto la mera limitazione di sovranità sarà punibile solo se avviene in assenza di reciprocità tra gli Stati e per scopi estranei alla pace. Ed ovviamente il fatto che l’Europa ci imponga un certo modello economico e sociale non ha in alcun modo a che vedere con la pace, per non parlare della totale assenza di parità di condizioni tra i vari Stati aderenti all’UE.

Con buona pace di quei giuristi che ancora insistono nel non voler vedere la realtà è certo che nelle aule di giustizia quotidianamente affrontiamo condotte di ben più difficile riconduzione all’interno di fattispecie punite penalmente, rispetto a quelle che ho portato fin qui all’attenzione dei lettori. Ovvio che le ragioni per cui i processi non si aprono a questo punto sono da ricercarsi nella cultura e nella politica. 

Che dovrebbe fare una persona per essere processata per delitti contro la personalità dello Stato se non basta neppure invocare ed attuare cessioni di sovranità tali da portare alla stessa (ed invocata) fine dell’Italia?

I reati previsti nel codice penale, applicabili ai fatti che stiamo vivendo in questo lento tramonto della democrazia, risultano poi punibili anche in base ad ulteriori norme. In particolare, anche qualora non si condividesse quanto detto in merito all’ambito di operatività dell’art. 241 c.p., anche se davvero non si vedrebbe come, quanto è avvenuto potrebbe rientrare comunque nell’ambito di operatività di cui all’art. 243 c.p., norma dimenticata nella modifica del 2006 e che punisce:

Chiunque tiene intelligenze con lo straniero affinché uno Stato estero muova guerra o compia atti di ostilità contro lo Stato italiano, ovvero commette altri fatti diretti allo stesso scopo, è punito con la reclusione non inferiore a dieci anni. Se la guerra segue, si applica la pena di morte; se le ostilità si verificano, si applica l’ergastolo”.

Trattasi di disposizione normativa che mira a tutelare l’interesse del mantenimento della pace e dell’esclusione, nello svolgimento delle relazioni internazionali, di interferenze da parte di soggetti non autorizzati, conniventi con lo straniero, capaci di compromettere i rapporti e la pacifica convivenza tra i popoliIl verificarsi dell’evento bellico non è certamente elemento necessariamente richiesto per la consumazione del reato per il quale è sufficiente l’avvenuta intelligenza con lo straniero a tale fine o a quello di compiere anche altri atti altrimenti ostili verso la nazione. Ed è proprio questo ciò che qui interessa.

Tenere “intelligenze” significa semplicemente stringere un accordo con lo straniero, accordo che ai fini del reato può anche essere assolutamente palese e non occulto. La stipula di un trattato internazionale è per definizione un atto d’intelligenza con lo straniero. La sua liceità dipende unicamente dal fatto che l’accordo sia o meno diretto ad interessi compatibili con quelli della Repubblica. A quel punto ovviamente se l’atto d’intelligenza, se l’accordo, è invece ostile al Paese, il reato è consumato. La qualificazione giuridica che definisce il concetto di “atto ostile” è davvero semplicissima.

Atti di ostilità sono tutte le azioni d’inimicizia, diverse dalla guerra stessa, che risultino in qualche modo dannosi per la personalità giuridica della nazione anche qualora non caratterizzati da coercizione o violenza. La personalità giuridica è il potere d’imperio dello Stato sul suo territorio e sul suo popolo. Se tale potere non esiste più è lo Stato stesso a cessare la sua esistenza. In tutta evidenza questo rappresenta l’atto più ostile possibile contro una nazione. Ogni evento bellico è per sua definizione il tentativo di sottomettere un altro Stato menomandone proprio la sua sovranità e la sua indipendenza. Oggi la compromissione dell’indipendenza e della sovranità nazionale non avviene più con i carri armati, ma con quei vincoli di bilancio imposti con i trattati, che spogliano la nazione di qualsivoglia personalità giuridica in materia politica ed economica. 

La cessione di sovranità dell’Italia in favore dell’Europa rappresenta indiscutibilmente la fine dell’Italia quale nazione libera ed indipendente, la fine dell’Italia come Stato. La valutazione delle ragioni per le quali si vuole cancellare l’Italia sono completamente irrilevanti per la configurazione della responsabilità penale. Anche se si ritenesse che la cancellazione dell’Italia come Stato possa essere un atto compiuto nell’interesse del popolo italiano, ciò non eliminerebbe la qualifica di atto ostile ad un trattato che la disponga ed inoltre, il mero tentativo, come peraltro valeva già per l’art. 241 c.p., è già sufficiente per la piena consumazione del reato.

Ergo il carattere ostile di un atto è in re ipsa nella cessione di sovranità compiuta o tentata, ovvero nella sua limitazione oltre i vincoli tassativi dell’art. 11 Cost. In merito all’elemento psicologico per la consumazione del reato, come detto, non rileva affatto che il soggetto agente voglia il male della popolazione italiana, ma unicamente che il soggetto agente abbia il dolo specifico di compiere un atto contrario alla sopravvivenza della nazione Italia, quale entità indipendente e sovrana.

Ovviamente quando, ad esempio, il Presidente Mattarella afferma di “voler superare gli Stati nazionali”, come fatto in maniera tutt’altro che implicita nel citato discorso pronunciato a Cernobbio, ipotizza ed invoca l’atto più ostile che si possa immaginare contro la Repubblica italianaIl fatto che lo chieda per il bene del popolo (questo pare trasparire dalle parole del Capo dello Stato), non rileva affatto. Consola umanamente, certo, ma non cambia la sostanza. Il fatto che su queste frasi manchi almeno un franco dibattito dunque è davvero incredibile.

La libertà di opinione nel nostro Paese è fortunatamente sacra, ma un conto è esprimere un’idea contraria alla conservazione dell’indipendenza nazionale, altra cosa è agire concretamente in tale direzione. Il passaggio dall’opinione, all’atto concretamente eversivo dell’ordinamento democratico, è davvero breve.

Si possono poi considerare ulteriori fattispecie penali per punire le azioni dei moderni golpisti.

L’art. 264 c.p. sanziona, ad esempio, l’infedeltà negli affari di Stato. Tale norma punisce chi, trattando interessi italiani, si rende infedele al mandato ed agisca contro la nazione. Questa fattispecie è improvvisamente diventata d’attualità estrema dopo una sconcertante, ma ampiamente veritiera, dichiarazione del deputato PD Afredo d’Attorre, il quale ha ammesso, in diretta televisiva, che proprio il suo partito al Governo “fa interessi di Paesi stranieri”Anche un Magistrato di chiara fama come il Dott. Luciano Barra Caracciolo, Presidente della V Sez. del Consiglio di Stato, ha affrontato tale tematica con pungenti articoli sul proprio interessantissimo blog. Stona che tale frase, a quanto è dato sapere, non abbia ancora spinto ad approfondimenti. Talvolta le Procure indagano su fatti ben meno importanti, d’altronde l’esercizio dell’azione penale è obbligatorio e non meramente facoltativo.

Ci si potrebbe poi spingere fino ad ipotizzare anche la configurazione del reato di cui all’art. 246 c.p., ovvero corruzione del cittadino ad opera dello straniero, ma sarebbe necessario avere le prove che, al fine di ottenere le cessioni di sovranità, ci sia Stata una dazione effettiva di denaro in favore di nostri esponenti politici. Ovviamente non ho alcun elemento di prova circa tali corresponsioni, la loro dimostrazione richiederebbe pertanto un’indagine specifica.

Benché, tuttavia, è vero ed innegabile che personaggi come Mario Monti abbiano svolto i propri incarichi di governo in palese conflitto d’interesse, avendo precedentemente esercitato attività professionali in favore di grandi banche d’affari internazionali di cui innegabilmente, una volta al timone del Paese, hanno continuato a tutelare gli interessi. La stessa mancata costituzione delle istituzioni, quali parti civili, nel processo contro l’agenzia di rating a Trani, la dice lunga sul punto.

Meritano infine menzione i reati di attentato alla Costituzione di cui all’art. 283 c.p., che punisce “chiunque, con atti violenti, commette un fatto diretto e idoneo a mutare la Costituzione dello Stato o la forma di governo, è punito con la reclusione non inferiore a cinque anni” e quello di usurpazione del potere politico di cui all’art. 287 c.p., che invece condanna al carcere chi “usurpa un potere politico o persiste nell’esercitarlo indebitamente”.

In merito alla prima fattispecie è agevole notare che la Costituzione sia stata effettivamente modificata, ad esempio con l’introduzione del pareggio in bilancio, in evidente contrasto con i suoi principi fondamentali. Inoltre, come abbiamo visto, la forma di governo è stata prima surrettiziamente modificata con il porcellum, con conseguente grave alterazione della rappresentatività democratica, confermata anche dalla Corte di Cassazione, e poi definitivamente compromessa con quanto oggi Renzi sta compiendo. Mi riferisco ancora all’approvazione dell’italicum che, in combinato con la riforma Costituzionale che elimina il bicameralismo, stravolge la forma di governo del Paese in favore dell’esecutivo, che diviene il potere dominante, rompendo così l’equilibrio previsto dalla Costituzione del 1948, asservendoci ulteriormente al vincolo esterno UE che diventa costituzionalizzato nel nuovo art. 117.

La seconda fattispecie, come ho già scritto, è altrettanto di agevole identificazione. Basta prendere atto che il potere politico è oggi in mano a persone che lo hanno ottenuto in forza ad una legge elettorale dichiarata incostituzionale e che, malgrado tale potere sia stato considerato la conseguenza di una grave alterazione del principio di rappresentatività democratica, persistono indebitamente nel trattenerlo con il consenso della Presidenza della Repubblica stessaQui l’incriminazione pone un problema in più visto che la Corte Costituzionale ha apparentemente avallato la tesi della legittimità del Parlamento a proseguire, così consentendo apparentemente il mantenimento di un potere abusivamente ottenuto.

Tuttavia il problema è di diversa soluzione. Il fatto che la Corte dica (peraltro a mio avviso sbagliando clamorosamente per le ragioni che ho già argomentato) che il Parlamento possa andare avanti sotto il profilo costituzionale (benché non dica che lo possa fare per atti di straordinaria amministrazione come la riforma costituzionale), non toglie nulla alla circostanza che tale prosecuzione possa essere comunque un reato ai sensi di una norma penale vigente ed, al contrario del porcellum, mai dichiarata incostituzionale (e non si vede perché dovrebbe essere ritenuta tale).

In sostanza la Corte può dire ciò che vuole, ma il mantenimento di un potere politico illegittimamente ottenuto fortunatamente è, e resta, reato. Dopo la certificazione della Cassazione dell’avvenuta grave alterazione del principio di rappresentatività democratica, diventa assai discutibile, per non dire impossibile, anche negare la presenza di un dolo specifico di usurpazione del potere politico. Renzi ed amici sono perfettamenti consapevoli di non avere legittimazione democratica. Nessuno, ad oggi, può infatti pensare di occupare la propria poltrona istituzionale nel rispetto del principio di rappresentatività democratica.

Insomma il codice penale è ricco di spunti, peraltro assai semplici da comprendere e da applicare, che rappresentano davvero forme di efficace difesa contro il colpo di Stato in corso, difesa che talvolta esula perfino dalla disamina della Costituzione, che resta in ogni caso stuprata dai trattati europei. Le norme dunque esistono, manca semplicemente qualcuno che abbia il coraggio e la volontà di applicarle. La storia insegna che la Magistratura si muove contro le dittature unicamente al tramonto del loro potere politico. Speriamo davvero che questa volta si possa ad arrivare ad un’eccezione di portata storica. 

Per approfondire ulteriormente nel dettaglio questi ragionamenti, non vi resta che leggervi il mio libro denuncia, ed invitare le Procure della Repubblica a fare altrettanto…

Avv. Marco Mori – scenarieconomici – Alternativa per l’Italia.

 


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