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Apologia del disertore

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Nel marzo scorso, la Commissaria europea per la “gestione delle crisi”, Hadja Lahbib, ha presentato un kit di sopravvivenza per 72 ore. Con il tono garrulo e querulo tipico di chi non sa esattamente di cosa sta parlando, ma lo fa perché sta scritto nel copione, la loquace signora ci ha edotti su cosa mettere in saccoccia in caso di crisi. La saccoccia si chiama “borsa della resilienza”, dove il secondo sostantivo non a caso fa rima con deficienza, e anche con demenza. Ci stanno preparando a diventare responsabili, e responsivi, in caso di guerra (hai visto mai…). E così la materna Unione ci insegna a fare le scorte di alcuni “elementi essenziali”: documenti, medicamenti, cibo e acqua, una torcia, fiammiferi, accendino e una cassettina basica di pronto soccorso. Così come, all’epoca della pandemenza, ci insegnarono a lavarci le manine, a indossare le mascherine, a prendere le tachipirine e a inocularci certe peculiari medicine.

Ma andiamo avanti: è notizia di ieri che il Ministro degli esteri Antonio Tajani ha magnificato come segue i provvidenziali effetti collaterali del Ponte sullo Stretto: “Io credo che il Ponte rappresenti, quando ci sarà, punto importante nel trasporto, anche per l’evacuazione, per garantire la sicurezza in caso di un attacco da sud. Perché esiste anche il fianco sud della Nato”. Sempre poche ore fa, il Capo di Stato Maggiore dell’aeronautica francese, Fabien Mandon, nel paventare una escalation armata contro Mosca (ma, in realtà, orwellianamente parlando nella lingua biforcuta delle nostre classi dirigenti, deve leggersi: “nell’auspicare”), ha così ammonito i suoi connazionali (in un modo più diretto, ma anche più sincero, di quello usato dal nostro Tajani): “Ciò che ci manca è la forza di carattere per accettare la sofferenza per proteggere ciò che siamo. Perché bisogna dire le cose come stanno: se il nostro Paese vacilla è perchè non è pronto ad accettare di perdere i propri figli”.

Ecco la chiave di tutto. Mandon finalmente lo ha detto e dobbiamo rendergli grazie perché questa brutalità potrebbe servire a risvegliare chi ancora dorme il sonno dei babbei o coltiva l’inerzia degli ignavi. Il sistema spinge perché voi siate finalmente pronti a “perdere i vostri figli”. Lo siete? Perché –  ove non lo siate già – potreste anche diventarlo; se non con le buone, con le cattive. È quanto successo a una malcapitata famiglia inglese (papà Nathan Trevallion, mamma Catherine Birmingham e i tre figlioletti). Il Sistema – con tutto il suo armamentario di assistenza sociale, giustizia preventiva e ordinanze restrittive o come diamine volete chiamarle – gli ha sospeso la potestà genitoriale. Altro squisito eufemismo orwelliano per dire che gli hanno tolto i figli.

La loro colpa? Vivere in un bosco, seguendo la natura, a contatto con gli animali e in un ambiente incontaminato senza gli insostituibili benefit tecnologici, informatici ed elettrici della “modernità”. Dice: non mandavano a scuola i bambini! Ma questo è un diritto (anche se poco noto) di qualsiasi genitore. Si chiama “scuola parentale” o “home schooling”. E i due poveri genitori lo esercitavano rispettando la legge e impartendo un’istruzione adeguata ai figlioli supportati da un’insegnante. Però, a quanto pare, essi non erano abbastanza civilizzati. Ma i due lo hanno capito certamente. Come direbbe il buon Mandon, lo Stato gli ha spiegato che ci vuole un attimo a “perdere i propri figli”. Vi chiederete se c’è un nesso tra le parole della Lahbib, da cui abbiamo preso le mosse, quelle di Tajani e quelle del generalissimo francese. Eccome se c’è. Lo stesso nesso che passa tra il dire e il fare, tra la terra e il mare, tra la teoria e la pratica, tra un incubo onirico e uno reale.

Ricordatelo sempre: il Sistema è pronto, è rapace, è efficiente. Ed è prossimo il punto di non ritorno, scavallato il quale avrete sempre meno tempo per porvi la domanda cruciale: siete pronti a perdere i vostri figli per una guerra? O a farveli togliere per una disobbedienza?  O, meglio ancora, a “sacrificarli” per un ideale superiore? Perché, gira che ti rigira, alla fine della fiera moltissime persone hanno pur sempre dimostrato di essere pronte a perdere (quasi) tutto: dalla libertà di circolare a quella di pensare, dal diritto di parlare a quello di manifestare, da quello di decidere a quello di lavorare. Hanno cestinato persino la salute (in nome della salute!), fidandosi della Scienza e dello Stato. Ma i figli?

Adesso lo “Stato” sta facendo un salto di qualità. È già disposto a togliervene qualcuno se non vi allineate al “modus vivendi” dettato dalla Matrice del controllo. E si sta attrezzando a toglierveli tutti, se mai fosse necessaria carne da cannone per la crociata contro un mascalzone. Direte che non è possibile, che sarebbe una dissonanza cognitiva schizofrenica quella di un’Europa nata per scongiurare i conflitti del ventesimo secolo e finita con l’augurarsi un conflitto nuovo di zecca nel ventunesimo. Ma allora non ci siamo ancora capiti: la dissonanza cognitiva e la dissociazione schizofrenica non sono un’eccezione, sono la quintessenza stessa e “regolare”  attraverso cui il Sistema e l’Unione ci pascolano. Per loro non è affatto un problema tenere insieme diavolo e a guerra santa. Ma per voi? Quanto pensate manchi al momento in cui vi verrà chiesto un “sacrificio” nuovo, ma “nobile” come quello di arruolare i figli per spedirli al fronte?

Rileggete le parole di Lahbib, Tajani, Mandon. Pensate che lorsignori ciancino a vanvera? Oppure, cosa assai più probabile, stanno cercando – come  fanno da sempre – di “seminare” nuovi slogan, nuove “regole”, nuove “abitudini” nelle menti dei bravi e buoni cittadini della nazione? Solo che, a breve, non  chiederanno più di sacrificare un condizionatore, o un motore a scoppio, o una caldaia, o un piatto di carne, o un litro di vino, o gli stessi neuroni. A breve – come può facilmente intuire chi sa annusare il tempo che fa – chiederanno i figli. Allo stesso modo, dopotutto, in cui i figli sono stati chiesti ai nostri bisnonni, ai tempi della prima e della seconda guerra mondiale. Ma adesso, in teoria, dovremmo essere più scafati. Dovremmo aver imparato che non esistono mai guerre “giuste” o “sante” o “democratiche”. Esistono solo guerre per interessi, per obbiettivi, per agende. In una parola: per “calcoli” economici, politici, sociali e psicologici.

Ed è qui che si pone il tema della diserzione. Il disertore è sempre stato considerato un vigliacco, un fuggitivo, un criminale che si sottrae al “dovere civico” di combattere il “nemico alle porte” (l’austriaco di ieri o il russo di domani). Il suo italico pullula di lapidi, altari, memoriali ai “caduti” per la difesa della patria. La stessa patria che è stata poi liquefatta perché ci hanno raccontato che era ciarpame “nazionalista” da rottamare. In vista di una affratellante convergenza degli stessi popoli che videro spolpata la carne, versato il sangue e frantumate le ossa dei propri figli nelle trincee francesi della Marna o in quelle italiane del Carso. E i giornaloni della sera, e del mattino, che si apprestano a vergare  commoventi elzeviri per convincerci a lasciar partire i figli (per difendere una patria “nuova”) sono i medesimi che, nel 1914, insultavano i loro avi pacifisti che “resistevano” all’ingresso trionfale dell’Italia nella Grande Guerra.

Gli stessi “giornalai” che ci hanno ipnotizzati per aderire al processo di unificazione, in nome della Pace, ora provano a incantarci per aderire al processo di militarizzazione, in nome di una Guerra che (ancora una volta, orwellianamente) ribattezzano Pace. Sapete, andrà tutto bene finchè si limiteranno a propinarci i loro insopportabili sermoni. Dopotutto, essi sono solo propaggini incoscienti, semoventi e semi-senzienti della Matrice che li domina e di cui fanno lo sporco lavoro, propagandandone l’ignobile agenda. Ma quando avranno finito di toglierci tutto il “toglibile” e saranno rimasti solo i figli? Glieli darete? Pensateci, pensiamoci. Per questo, papà Nathan Trevallion e mamma Catherine Birmingham sono eroi ed esempi per la nostra generazione.

Disertare questo Sistema e questa Matrice sta diventando l’unica opzione possibile. Così come erano (già) degli eroi, nel loro piccolo, i disertori delle guerre passate (anche se il perbenista “programmato” non lo potrà mai ammettere, e tantomeno capire), altrettanto lo saranno quelli delle guerre future. E allo stesso modo lo siamo noi, in qualsiasi frangente – non per forza di guerra guerreggiata – della nostra vita. È e sarà così ogniqualvolta sappiamo e sapremo – come hanno fatto (pagandone un prezzo atroce)  papà Nathan Trevallion e mamma Catherine Birmingham –  dire di no ai comandi, alle regole, ai diktat di “questo” orribile, mostruoso e machiavellico “Ordine”.

Se amate la letteratura e l’alta filosofia leggete il “Trattato del ribelle” di Enrst Junger dove si parla, per metafora, di quel “passaggio al bosco” che la coppia di inglesi ha tradotto in azione e che le nostre istituzioni sono troppo miopi, e incolte, per comprendere (ammesso e non concesso che sappiano chi è Junger). Vi troverete “passaggi” molto istruttivi su cosa significa “disertare”: “Per quel che riguarda il luogo, il bosco è dappertutto: in zone disabitate e nelle città, dove il Ribelle vive nascosto oppure si maschera dietro il paravento di una professione. Il bosco è nel deserto, il bosco è nella macchia. Il bosco è in patria e in ogni luogo dove il Ribelle possa praticare la resistenza. Ma soprattutto il bosco è nelle retrovie del nemico stesso. Il Ribelle non si lascia abbagliare dall’illusione ottica che vede in ogni aggressore un nemico della patria. Egli conosce bene i campi di lavoro forzato, i nascondigli degli oppressi, le minoranze in attesa che scocchi l’ora fatale. (…) Il Ribelle organizza la rete di informazioni, il sabotaggio, la diffusione delle notizie tra la popolazione”.

In alternativa, c’è una magnifica poesia di Trilussa, una nenia di ninna nanna per un bimbo appena nato, musicata e cantata in modo magistrale da Claudio Baglioni. Essa potrebbe servirci, come mantra e promemoria per richiamarci all’esercizio eminentemente individuale e supremamente salvifico della diserzione: “Ninna nanna, pija sonno ché se dormi nun vedrai tante infamie e tanti guai che succedeno ner monno fra le spade e li fucili de li popoli civili. Ninna nanna, tu nun senti li sospiri e li lamenti de la gente che se scanna per un matto che commanna; che se scanna e che s’ammazza a vantaggio de la razza o a vantaggio d’una fede per un Dio che nun se vede, ma che serve da riparo ar Sovrano macellaro che sa bene che la guera è un gran giro de quatrini che prepara le risorse pe li ladri de le Borse”.

Forse siamo arrivati a uno snodo cruciale della Storia dove non solo l’obbedienza non è più una virtù (come profeticamente ammoniva Don Milani), ma la diserzione è un diritto; il cui esercizio non è più né negoziabile, né rinviabile.

Francesco Carraro

www.francescocarraro.com

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