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Antibiotici: trovato un composto 100 volte più potente, nascosto in piena vista
Antibiotico 100 volte più potente contro i superbatteri scoperto “per caso” in un batterio studiato da 50 anni.

La resistenza antimicrobica (AMR) non è una minaccia futura; è un incubo presente. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) continua a lanciare allarmi, sottolineando come la pipeline di nuovi farmaci sia pericolosamente vuota (“too few antibacterials in the pipeline”). Molti antibiotici facili da scoprire sono già stati trovati, e la cronica mancanza di incentivi finanziari ha trasformato la ricerca e sviluppo (R&S) in questo settore in un campo quasi sterile.
In questo scenario a tinte fosche, arriva una notizia sorprendente da un’alleanza tra l’Università di Warwick e la Monash University. I loro chimici hanno identificato un nuovo, promettente antibiotico capace di combattere alcuni dei superbatteri più temuti, inclusi MRSA e VRE.
La cosa quasi ironica? Questo potente composto era, come si suol dire, “nascosto in bella vista”.
La scoperta: l’ingrediente è meglio del prodotto finito
La ricerca, pubblicata sul Journal of the American Chemical Society, svela la scoperta del pre-metilenomicina C lattone. Questo composto non è altro che un intermedio, un precursore, nel processo naturale che porta alla formazione di un antibiotico ben noto (ma molto meno potente) chiamato metilenomicina A, scoperto ben 50 anni fa.
Il professor Greg Challis, co-autore dello studio, ha commentato: “Sebbene [la metilenomicina A] sia stata sintetizzata diverse volte, pare che nessuno abbia mai testato l’attività antimicrobica degli intermedi sintetici!”.
Il team di ricerca ha adottato un approccio quasi “ingegneristico”: eliminando specifici geni biosintetici nel batterio produttore (Streptomyces coelicolor), hanno di fatto “rotto” la catena di montaggio biologica. Così facendo, hanno scoperto due intermedi precedentemente sconosciuti, entrambi molto più potenti del prodotto finale.
Una potenza 100 volte superiore contro MRSA e VRE
L’analisi di uno di questi intermedi, il pre-metilenomicina C lattone, ha dato risultati sbalorditivi. Il composto ha mostrato un’attività oltre 100 volte superiore rispetto alla metilenomicina A contro diversi batteri Gram-positivi.
Nello specifico, si è dimostrato efficace contro:
- S. aureus: Il batterio responsabile del temuto MRSA (Staphylococcus aureus resistente alla meticillina).
- E. faecium: Il batterio dietro il VRE (Enterococcus resistente alla vancomicina).
La dottoressa Lona Alkhalaf (Università di Warwick) ha sottolineato la sorpresa: “Trovare un nuovo antibiotico in un organismo così familiare [S. coelicolor è studiato dagli anni ’50] è stato un vero shock”. Sembra quasi che il batterio, nel corso dell’evoluzione, abbia trasformato un antibiotico potentissimo (il precursore) in uno molto più debole (il prodotto finale), forse per altri scopi biologici.
Il vero vantaggio: la difficoltà a sviluppare resistenza
La potenza non è tutto. Il vero tallone d’Achille degli antibiotici moderni è la velocità con cui i batteri imparano a resistervi. La vancomicina, ad esempio, è considerata un trattamento di “ultima linea” per le infezioni da Enterococcus, ma il VRE (la versione resistente) è ormai una minaccia prioritaria secondo l’OMS.
I ricercatori hanno osservato un fatto cruciale: non sono riusciti a rilevare l’insorgenza di resistenza al pre-metilenomicina C lattone nei batteri Enterococcus nelle stesse condizioni in cui, invece, emerge rapidamente la resistenza alla vancomicina. Non si forma antibiotico- resistenza o se avviene, ciò sarà molto più lento.
Un nuovo paradigma per la scoperta?
Questa scoperta non fornisce solo un nuovo candidato farmaco, ma suggerisce un cambio di strategia. Come afferma il Professor Challis, “identificando e testando gli intermedi nelle vie metaboliche di diversi composti naturali, potremmo trovare nuovi potenti antibiotici con una maggiore resilienza alla resistenza”.
Invece di cercare solo il prodotto finito, forse dovremmo iniziare a guardare la “catena di montaggio” biologica.
Dalla scoperta allo sviluppo
La strada verso un farmaco è ancora lunga e richiederà test pre-clinici. Tuttavia, un ostacolo importante è già stato superato. Un team della Monash University, in una pubblicazione coordinata, ha già sviluppato una sintesi scalabile del pre-metilenomicina C lattone, ponendo la base per la sua produzione di massa.
Questo significa che i ricercatori possono ora produrre il composto in quantità sufficienti per studi più approfonditi. Con la sua struttura semplice, alta potenza, basso profilo di resistenza e sintesi scalabile, questo composto “nascosto” rappresenta una delle speranze più concrete nella lotta contro l’AMR, che miete già oltre 1,1 milioni di vittime ogni anno.
Domande e risposte
Come hanno fatto i ricercatori a trovare questo composto se era “nascosto”?
I ricercatori stavano studiando il batterio Streptomyces coelicolor, che produce un antibiotico noto (metilenomicina A). Hanno deciso di “sabotare” il processo di produzione eliminando alcuni geni specifici (in particolare mmyE). Questa modifica ha bloccato la “catena di montaggio” prima che fosse completata, causando l’accumulo del prodotto intermedio, il “pre-metilenomicina C lattone”. Testando questo intermedio, hanno scoperto che era molto più potente del prodotto finale che il batterio produce di solito.
Cosa rende questa scoperta così importante rispetto ad altri antibiotici?
La sua altissima potenza (100 volte superiore al prodotto finale) è notevole, ma l’aspetto cruciale è l’efficacia contro superbatteri già resistenti ai farmaci di ultima istanza, come MRSA e VRE (resistente alla vancomicina). Inoltre, nei test iniziali, i batteri hanno mostrato grande difficoltà a sviluppare resistenza a questo nuovo composto. È questa combinazione di potenza e resilienza alla resistenza che lo rende un candidato così promettente.
Questo nuovo antibiotico sarà presto disponibile in farmacia?
No, purtroppo la strada è ancora molto lunga. La scoperta è in fase di ricerca. Il prossimo passo fondamentale sono i test pre-clinici per valutarne la sicurezza e l’efficacia su organismi complessi, non solo in laboratorio. Sebbene il team abbia già trovato un modo per produrlo in grandi quantità (sintesi scalabile), un passo essenziale per la sperimentazione, ci vorranno probabilmente ancora diversi anni prima di un’eventuale approvazione per l’uso sui pazienti.









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