Difesa
La vendetta di Teheran: come l’arsenale missilistico iraniano potrebbe mettere in ginocchio Israele
Un attacco di saturazione con centinaia di missili ha testato i limiti della difesa israeliana. L’analisi delle armi usate da Teheran, la sua strategia di dispersione e la nuova, concreta minaccia per le basi USA.

Sulla scia dell’ondata di attacchi israeliani contro ufficiali e scienziati militari iraniani, nonché contro le sue capacità nucleari e missilistiche balistiche, Teheran ha giurato vendetta. nei giorni scorsi si sono visti circa una decina di attacchi di droni e missili, con luso di diverse centinaia di vettori.
Secondo quanto riportato, l’attacco israeliano avrebbe colpito obiettivi a Tabriz, uno dei siti di lancio di un attacco missilistico balistico iraniano contro Israele nell’ottobre 2024. Si dice anche che Israele abbia ucciso Mohammad Hossein Bagheri, capo di stato maggiore delle forze armate iraniane, e Hossein Salami, capo del Corpo delle Guardie Rivoluzionarie Islamiche (IRGC). Quest’ultima è l’organizzazione responsabile del programma missilistico balistico dell’Iran.
Prima dell’attacco, i missili balistici erano, e molto probabilmente sono ancora, il mezzo più potente di Teheran per colpire Israele Il CENTCOM americano valutava che l’Iran ne avesse circa 3000, compresi però anche quelli a breve raggio.
Per raggiungere Israele dall’Iran sono necessari missili con una gittata superiore a 1.000 km, noti come Missili Balistici a Medio Raggio (MRBM). L’Iran ne possiede una vasta gamma. Questo include missili a propellente liquido basati su collaborazioni con la Corea del Nord, come il Ghadr e il Khorramshahr, ma anche missili balistici avanzati a propellente solido. Una parte di questi è stata sicuramente utilizzata.
Ecco un elenco completo:
Alcuni di questi missili, come il Kheibar Shekan, sono dotati di veicoli di rientro manovrabili con alette di controllo e navigazione satellitare, per aumentare la precisione e consentire loro di manovrare all’interno dell’atmosfera. L’Iran afferma di aver sviluppato una variante del Kheibar Shekan, chiamata Fattah, in grado di seguire traiettorie ipersoniche (non balistiche) attraverso l’atmosfera, il che la renderebbe più difficile da intercettare.
Oltre a questi MRBM, l’Iran dispone di un vasto arsenale di missili balistici a corto raggio (SRBM, con gittate tra 300 e 1.000 km). Alcuni di questi (basati sugli Scud sovietici) utilizzano propellente liquido, ma la maggior parte usa propellente solido. Molti di questi sono anch’essi dotati di alette di controllo e sistemi di navigazione satellitare. Queste testate sono una minaccia per le basi usa nei paesi vicini, come ad esemmpio quelle americane in Iraq, Kuwait e Qatar, ma non per Israele.
Nell’attacco iraniano contro Israele dell’aprile 2024, denominato operazione “Vera Promessa”, l’Iran ha utilizzato 110 missili balistici, in combinazione con veicoli aerei senza pilota e missili da crociera. Si è trattato di una rappresaglia per l’assassinio da parte di Israele di Mohammad Reza Zahedi, comandante della Forza Quds dell’IRGC, in un attacco al complesso dell’ambasciata iraniana a Damasco.
La maggior parte dei missili balistici è stata intercettata dai sistemi di difesa missilistica di Israele, utilizzando gli intercettori Arrow 2 e Arrow 3. Questi sono stati supportati dai cacciatorpediniere della Marina statunitense, operanti al largo della costa israeliana, armati di intercettori per missili balistici Standard Missile 3. Durante un secondo attacco, nell’ottobre 2024, chiamato “Vera Promessa II”, l’Iran ha attaccato Israele con circa 150 missili balistici. Anche in questo caso, la maggior parte è stata intercettata, ma diversi hanno colpito le basi aeree di Nevatim e Tel Nof, così come l’area vicino al quartier generale dell’intelligence israeliana.
Una questione di quantità
Respingere attacchi così massicci ha messo a dura prova le difese israeliane. Il numero di lanciatori per i missili intercettori è limitato. Inoltre, analizzare tutti i missili in arrivo, identificare la loro destinazione e decidere quale intercettore assegnare a quale missile, ha messo sotto pressione la struttura di comando e controllo, così come le risorse radar.
Il fatto che alcuni missili siano passati potrebbe essere il risultato della necessità di Israele di dare priorità alla difesa di determinati obiettivi. È anche possibile che alcuni missili non siano stati ingaggiati inizialmente perché sembravano diretti verso aree disabitate, per poi manovrare e colpire comunque i loro bersagli, e questo è un effetto dell’introduzione delle ultime testate manovrate.
Questi attacchi hanno prosciugato le scorte israeliane di missili intercettori, ulteriormente ridotte da dozzine di attacchi missilistici Houthi contro Israele dall’ottobre 2023. Dopo il secondo attacco iraniano, le difese missilistiche sono state rafforzate dal dispiegamento da parte degli Stati Uniti di un sistema di difesa missilistica THAAD in Israele, già utilizzato per la difesa contro gli attacchi Houthi.
Non è chiaro quanto del’infrastruttura missilistica iraniana sia stata distrutta. Se i centri di produzione sono stati sicuramente colpiti, anzi erano in testa agli obiettivi, non si sa quanti depositi e lanciatori siano stati inertizzati, nonostante i video israeliani in cui viene mostrata la distruzione di numerosi vettori,
Molte aree di lancio sono fortificate contro gli attacchi aerei, sebbene i loro ingressi possano essere vulnerabili. L’Iran ha anche mostrato filmati di missili lanciati da tali strutture sotterranee. In alternativa, i loro tunnel possono essere utilizzati per immagazzinare e preparare i missili, per poi disperderli verso i luoghi di lancio utilizzando camion.
Per trasportare, erigere e lanciare i propri missili, l’Iran utilizza principalmente camion commerciali o rimorchi trainati da camion commerciali, come si evince da filmati di parate, esercitazioni e dalle loro strutture sotterranee. I rimorchi sono spesso dotati di telai che permettono di coprire l’equipaggiamento di lancio e il missile, in posizione orizzontale, con un telone, mascherandoli efficacemente da veicoli commerciali. Anche i veicoli di lancio per missili più piccoli e a corto raggio hanno coperture simili, ma i loro lanciatori possono anche essere camuffati da container.
Per evitare che i missili rimanenti vengano distrutti in successivi attacchi israeliani, l’Iran potrebbe disperdere le sue forze missilistiche. Una volta che i trasportatori hanno lasciato la loro base, saranno difficili da identificare e tracciare. I missili a propellente solido sono più mobili di quelli a propellente liquido e le loro preparazioni al lancio sono più brevi.
Quindi, anche se i preparativi per il lancio venissero osservati da Israele (o dagli Stati Uniti), ci sarebbe poco tempo per distruggere i missili a terra. Inoltre, date le distanze e il numero limitato di aerei per il rifornimento in volo dell’IDF, gli aerei israeliani non saranno in grado di rimanere a lungo nello spazio aereo iraniano per rispondere alla minaccia di un lancio missilistico.
Tuttavia, per l’Iran, le comunicazioni con una forza così dispersa potrebbero essere difficili e non è chiaro fino a che punto un’eventuale risposta militare sarà ostacolata dalla morte dei vertici della sua struttura di comando militare.
I missili balistici a corto raggio dell’Iran non rappresentano una minaccia diretta per Israele, quindi Israele non avrà dato priorità alla loro distruzione. Possono però raggiungere le strutture statunitensi nella regione. Questo non sarebbe un evento senza precedenti.
Nel 2020, in rappresaglia per un attacco di droni statunitense in cui il generale dell’IRGC Qassem Soleimani fu ucciso in Iraq, l’Iran attaccò le strutture americane nella base aerea di Al Asad in Iraq. Questa si trova a meno di 300 km dal confine iraniano. Al momento dell’attacco ad Al Asad, le uniche difese missilistiche della base erano mirate a razzi, artiglieria e mortai lanciati occasionalmente contro la base da milizie locali (sostenute dall’Iran). Non sorprende che non siano state efficaci contro i missili balistici a più lunga gittata lanciati dall’Iran. La prima amministrazione Trump scelse di non rispondere militarmente, evitando un’ulteriore escalation.
Anche la base aerea di Al Udeid in Qatar, un hub cruciale per le operazioni statunitensi in Medio Oriente, si trova a meno di 300 km dall’Iran, così come le strutture in Bahrein e Kuwait. In risposta alla crescente tensione nella regione, gli Stati Uniti hanno recentemente dispiegato un battaglione di difesa missilistica Patriot in Medio Oriente, adatto a difendere le basi dai missili balistici a corto raggio.
Se però l’Iran lanciasse un attacco massiccio contro le strutture statunitensi, e quelle in Kuwait sono le più vicin e vulnerabili, i sistemi americani non sarebbero in grado contenere l’attacco e sarebbero sopraffatti, con conseguenze molto pesanti sulle strutture e capaicità militari nella regione. Appare presumibile che almeno dai 50 ai 100 missili potrebbero colpire gli obiettivi e le perdite non sarebbero ingorabili di Washington.
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