Analisi e studi
Analisi incidentalità autostradale italiana (di Roberto Giorgini)
No, non voglio aggiungere altro ha quanto già detto in questi giorni, c’è il rischio vero di cadere nel ridicolo e nel retorico, ma non per questo posso esimermi nel raccontarvi il mio punto di vista; punto di vista di persona specialista in un determinato settore della pubblica amministrazione, gli appalti.
Correva l’anno della mia laurea il 2003, un po’ per segnare in modo indelebile la passione che mia aveva trasmesso mio padre e un po’ per gli eccellenti risultati ottenuti negli esami di Statistica, decido di approntare una tesi sull’incidentalità autostradale in Italia; e i dati di studio si pongono a cavallo proprio negli anni turbolenti e in certi tratti oscuri della privatizzazione.
Correva l’anno 1999, il panorama legislativo Italiano era regolato da poche norme, non si sapeva da dove cominciare unico riferimento per i lavori pubblici e concessioni era la vecchia Legge Merloni legge 11 febbraio 1994, n. 109 dove viene istituita tra le altre cose l’ANAC, l’allora Avcp (autorità lavori pubblici); benché molto corta come Legge, la Merloni è stata una pietra miliare nel panorama degli appalti in Italia ma cade non a caso a 2 anni e 4 giorni dagli accordi di Maastricht, dove a parer dello scrivente si è parlato più di come dividersi e moltiplicare (per pochi) le ricchezze delle aziende dei vari Stati che del benessere degli europei; questa Legge era una sorta di apripista.
La Legge Merloni aveva una grossa pecca non veniva descritta la durata delle concessioni, ne fa una cenno esclusivamente nel comma in cui si tratta dell’offerta economicamente più vantaggiosa, dove viene indicata la durata come criterio premiale per l’affidamento di una concessione; avete capito bene come criterio premiale, pertanto più anni la gestisco più punteggio prendo quindi mi aggiudico l’appalto.
Arriviamo così al 1999 con poche norme, molto elastiche e di libera interpretazione; siamo in pieno boom di privatizzazione, si parla di catering, si parla di dare in gestione a terzi tutto, tutto ciò che è un servizio può essere affidato a terzi mediante gare.
Solo pochi dicasteri, avevano intuito una certa “pericolosità” nell’affidare in un tempo indefinito i propri servizi, troviamo nei vari regolamenti interni un certo argine a quello che potevano essere considerate, perché ancora non avevano preso forma, le figure di “abuso di posizione dominante” o “principio di concorrenza” che nasceranno dopo; spuntano il tetto massimo dei 4 anni, 1 più 3 rinnovabile di anno in anno non per tacito assenso ma post contradittorio; da questo punto di vista la Difesa ha fatto un po’ scuola, con l’eliminazione della Leva e l’avvento del professionismo alcuni servizi interni di caserma rischiavano di essere totalmente cancellati come i bar interni e le mense.
Invece altri dicasteri in nome di una c.d. “continuità” e in nome di un più recente “miglior servizio reso agli italiani” (cosi Del Rio convinse la Vestager ndr), hanno dato in concessione il servizio Autostradale italiano, allo stato attuale, sine die perché dare in concessione e rinnovare la concessione dopo la comparse del codice dei contratti del 2006 n.163 e del nuovo codice dei contratti 50/2016 in barba ai principi di concorrenza, equità e parità di trattamento è stato semplicemente da folli.
Ad oggi dopo 19 anni di monopolio Benetton/Atlantia chi mi può parlare di concorrenza? Chi mi può dire che è stata attuata una parità di trattamento? Nessuno, nulla di ciò vale per determinati operatori economici, l’Europa ha sin dal principio tutelato e messo gli occhi e poi le mani su grosse aziende di Stato con il preciso obiettivo di dividersi i gli utili e non solo, mandando un po’ di fumo negli occhi in televisione per la vendita delle azioni, facendo credere all’italiota medio di esserne proprietario senza sapere che possedere azioni comporta il rischio di vedersele azzerare, perché la corsa spasmodica alla tutela del piccolo risparmiatore per Banca Etruria non c’è stata, va a finire che nella giostra infernale del crollo del ponte entri anche la Consob.
Arriviamo appunto agli ultimi due codici dei contratti a partire dal 163, ben fatto e con 10 anni di giurisprudenza alle spalle, considerato dagli addetti ai lavori, quelli seri, un ottimo codice, per finire al 50 scritto male di corsa e con evidenti errori di grammatica e punteggiatura, dove qualcuno avanzò l’ipotesi che nottetempo una scimmia si fosse introdotta negli uffici del legislatore e aperto il file avesse colpito alla rinfusa la tastiera al fine ultimo di rendere il codice inattuabile, illeggibile e poco interpretabile per alcuni mesi.
A differenza del 163 che parlava di 4 anni di durata massima degli appalti e concessioni, nel 50 ricompare per magia il concetto di durata come criterio premiale per l’affidamento in concessione subordinata all’investimenti effettuati; siamo tornati indietro. Ma chi c’era al governo in quegli anni? Neanche a dirlo la sinistra.
Nel 1999 questo denunciavo in principio nella mia tesi: una azienda in salute immessa nell’IRI e svenduta a due soldi, data in concessione con una gara che non poteva essere considerata gara, ma un abito, neanche a farlo apposta, cucito su misura sui Benetton; nasceva si CONSIP come croce del Sud per gli appalti in Italia per lavarsi da tangentopoli, ma nel frattempo con le privatizzazioni tutto è a loro è riuscito perché eravamo ancora popolino, perché il mezzo di informazione, per quanto grazie anche alla TV privata poteva essere plurale, era sempre una informazione che vedevi al di qua di un vetro appannato, la verità era lì ma non la vedevi bene; pensavo se diamo un gioiellino come le nostre autostrade in mano al privato e come avverrà la manutenzione? Se è vero come è vero che l’azienda punta agli utili, per fare utili dovrà attuare una severa politica societaria. Non c’era Twitter non c’era Facebook, avevano creato sì dei social ma per distoglierci dalla realtà come Messenger e altre chat, e mentre noi eravamo impegnati a chattare con la “Pamela” di turno, che poi scoprivamo essere “Fausto”, tutto avveniva sotto il nostro naso; ci avevano derubato e non ce eravamo accorti, erano stati più bravi dei predecessori e chiamandola seconda Repubblica ci fecero credere che eravamo mondi.
Un’azienda che nell’ultimo anno ha staccato 3,2 miliardi di cedole è evidentemente una azienda solida, ma allora perché la svendemmo? Un’azienda che da sola vale 1/8 di una Legge di Stabilità generica che neanche paga le tasse in Italia ma bensì nel paese di Junker; un’azienda che incassa 43,7 miliardi di pedaggi pari a 1/3 di finanziaria ti fa capire che una via per abbassare le tasse esiste.
Magari nel 1999 grazie a Twitter, leggendo qualche mente illuminata avremmo capito, potevamo forse agire, la nostra la potevamo dire.
Nel quinquennio di analisi della mia tesi, tra le varie graduatorie che alla fine sono riuscito a far emergere, svetta il fatto che mediamente 8000 persone, dopo incidenti, all’anno subiscono ferite e menomazioni più o meno gravi come se in massa, un paese medio italiano, si reca al pronto soccorso; ci rimane oltre al danno la beffa del carico delle spese mediche; non rientrano i fondi, in quanto come detto in precedenza c’è un flusso finanziario che per irragionevoli dettami macroeconomici deve essere convogliato in altro paese. Quindi spendiamo due volte.
Non me ne vogliano se dico che l’A10 già in passato era tra le più pericolose in Italia e se la frequenza degli incidenti era maggiore già nei primi 15 km della tratta, ma anche il susseguirsi di urti su quel ponte doveva costituire già nella prima decade del 2000 un grande campanello di allarme. Tutto ignorato.
Poi ti rendi conto già da ragazzo guardando da vicino dei piloni autostradali che le condizioni di una autostrada molto giovane (A12 Roma-Civitavecchia – Italia 90) già soffrire di vetustà…….allora ti domandi come farà un’azienda che punta al massimizzare i profitti a gestire migliaia di km di autostrada, centinaia di piloni molti dei quali sotto attacco dell’aria di mare.
Non siamo stati capaci di reagire, o meglio, non hanno voluto farci agire, non hanno voluto prediligere la sicurezza e il primario interesse Italico in barba a una chimera chiamata Europa, e mentre nascevano e si moltiplicavano codici di contratti e decreti attuativi per affliggere la piccola e la media impresa, che pagavano e pagano le tasse in Italia, hanno permesso che il loro “bancomat” potessero regolarmente funzionare ed espandersi; te ne accorgi quando delle banche concedono dei mutui di 1,5 milioni a chi ha una busta paga di poco superiore 5.000 €, allora ti accorgi della stortura, e la frustrazione ti assale.
Sorrido, quasi con compassionevole tenerezza, nel rivedere e riascoltare l’ex Giudice Di Pietro incalzare di domande un fermo e composto Bettino Craxi…rido. Anzi mi scompiscio quando penso che un ex magistrato, chiaramene marionetta che faceva anche difficoltà a parlare in italiano, è riuscito ad entrare in politica, ha fatto pure il ministro, ha capito le regole della giostra, è ora divenuto presidente di un troncone autostradale e neanche a farlo apposta difende a spada tratta l’attuale quadro di concessioni in Italia.
Tutto andrebbe rivisto, bisognerebbe mettere il dito sopra ogni mobile e rendersi conto della polvere, perché oggi abbiamo avuto la consapevolezza, sporchi di polvere e bagnati dalla pioggia che loro potevano ma per i loro comodi non hanno fatto, o più semplicemente “tutti a più riprese si sono guardati i cavoli loro usando prima le aziende di Stato, poi gli aiuti ai terremotati e poi i soldi dei bambini africani.
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