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Esteri

All’asse Trump-Putin serve il petrolio alto

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Cerchiamo di dare un’occhiata complessiva alla situazione geopolitica per cercare di capire quali eventi potranno interessare i prossimi anni a venire. Il cambiamento geopolitico principale è sicuramente l’elezione di Trump alla presidenza degli Stati Uniti. Come sappiamo dalle polemiche degli ultimi mesi, Donald Trump  non nasconde la propria simpatia verso Vladimir Putin, addirittura media e servizi segreti hanno sostenuto che il presidente russo abbia sostenuto la campagna elettorale del miliardario e cercato di danneggiare in tutti modi quella della sua avversaria Hillary Clinton. Trump inoltre ha formato una squadra di governo assolutamente non ostile alla Russia e fortemente vicina agli interessi delle multinazionali del petrolio e del carbone. Quindi, oltre alla simpatia politica e personale, con Trump, Washington e Mosca sono legati anche da una direzione politica fortemente orientata verso il settore energetico.

Petrolio che come sappiamo, per motivi di sovrapproduzione causati dalle politiche dei sauditi e dei loro alleati, è sceso a livelli molto bassi, cosa che ha fortemente danneggiato sia il bilancio russo sia il bilancio di molte compagnie estrattive americane dello shale oil che hanno bisogno di un petrolio a prezzi molto più alti, verso i 100 dollari, ora siamo a 53, prima eravamo sotto i 40. Quindi entrambe le due amministrazioni hanno una necessità in comune: il petrolio deve costare di più.

Entrambe le potenze hanno un’altra similitudine, in questi decenni di ostilità per bilanciare il potere nelle aeree mediorientali hanno necessariamente dovuto sostenere un alleato locale, l’Arabia Saudita per gli USA, l’Iran per la Russia, rispettivamente il secondo e sesto estrattore mondiale (USA e Russia sono il primo e il terzo). Quindi alleati mediorientali che però sono anche concorrenti sul mercato petrolifero. Ora, salvo colpi di scena, se effettivamente le relazioni russo-americane dovessero migliorare con la nuova amministrazione, il ruolo dei due alleati per entrambe le potenze verrebbe meno, mentre rimane il ruolo di concorrenti. Sosteniamo di conseguenza che nei prossimi anni dell’amministrazione Trump, considerati gli interessi che lo sostengono e considerando la vicinanza a Mosca, è molto probabile una geopolitica tesa a danneggiare le due potenze concorrenti e tesa ad innalzare il prezzo del petrolio verso e oltre quota 100 dollari, prezzo che farebbe tornare in profitto le compagnie americane e risolleverebbe l’economia russa.

E cosa potrebbero succedere che possa compromettere la capacità estrattiva di Iran e Arabia, o almeno di uno dei due?

1) GUERRA IRAN-ARABIA SAUDITA: lo scenario più facile è quello di spingere i due paesi a scontrarsi direttamente. Essi sono già storicamente rivali essendo il primo guida degli sciiti, il secondo guida dei sunniti, inoltre sono in competizione sia in Siria, dove attualmente le fazioni estremiste sunnite sono in difficoltà, ma anche in Yemen dove l’Arabia alla guida di una coalizione sunnita con scarsi risultati sta cercando di sconfiggere i ribelli sciiti appoggiati proprio dall’Iran. Quindi abbiamo già due fronti caldi che potrebbero eventualmente degenerare e portare ad uno scontro diretto tra i due avversari, soprattutto se fomentati. Se questi due grandi estrattori, più magari gli Emirati Arabi alleati dei sauditi(altro importante estrattore) dovessero scontrarsi e quindi rallentare o interrompere la produzione di greggio, è chiaro che il prezzo potrebbe facilmente impennarsi verso livelli mai visti.

2) PRIMAVERA SAUDITA O IRANIANA: altra strategia già ampiamente usata dagli USA, è quella di fomentare una rivolta interna. Entrambi i paesi sono delle teocrazie, più totalitaria quella saudita, più democratica quella iraniana. Nelle giuste condizioni non si può escludere che possano essere fomentate rivolte interne che portino alla guerra civile o alla rivoluzione. Soprattutto considerando che entrambi i paesi hanno rispettivamente delle aeree con minoranze sciite e sunnite(oltre che curde per l’Iran). Anche uno scenario del genere potrebbe portare gravi limitazioni all’estrazione del petrolio. Anche colpi di stato non sono da escludersi.

3) ATTACCO ISRAELIANO: da anni Iran e Israele sono ai ferri corti per la questione del nucleare iraniano che potrebbe danneggiare l’esistenza stessa dell’entità sionista nel caso Teheran dovesse dotarsi di missili nucleari. L’attuale governo israeliano, come chi ci segue sa già, è fortemente orientato su posizioni nazionaliste e religiose, ed ora si trova anche isolato dal punto di vista internazionale. In questa situazione tra gli scenari sempre ipotizzati anche proprio da Tel Aviv c’è quello di un attacco preventivo contro le infrastrutture nucleari iraniane, cosa che poi potrebbe portare ad una guerra su ampia scala tra i due paesi. Inoltre non è da escludersi anche una certa sinergia con l’Arabia Saudita che potrebbe appoggiare un intervento del genere per eliminare la possibilità che il suo principale antagonista diventi un paese nucleare.

4) INTERVENTO MILITARE USA CONTRO L’IRAN: Trump ha sostenuto sempre la sua ostilità verso l’Iran e l’accordo sul nucleare firmato da Obama, quindi la sua presidenza potrebbe invertire totalmente la rotta nei confronti di Teheran. Questo non aiuterà sicuramente le relazioni tra i due paesi e dato il carattere irruente del nuovo presidente americano, eventuali incidenti, soprattutto nelle acque vicine a quelle iraniane potrebbe facilmente portare ad un’escalation militare che come abbiamo visto potrebbe essere utile anche a Mosca.

5) GUERRA RUSSO-SAUDITA: russi e sauditi da quando è iniziata la guerra in Siria e da quando la Russia è stata colpita da attacchi terroristici non sono assolutamente andati d’accordo, una guerra tra i due paesi potrebbe scoppiare nel caso una coalizione sunnita dovesse effettivamente intervenire in Siria (con la scusa di difendere le popolazioni sunnite dalle ritorsioni governative) o nel caso si dovessero verificare uno o più attentati contro la Russia (che considerando l’intervento militare messo in atto non è ancora stata colpita da attentati importati sul proprio territorio). Ipotizzando un Bataclan o addirittura un 11 Settembre Russo, la reazione di Putin non potrà fermarsi solo ad un maggiore impegno contro l’ISIS ma probabilmente, come fecero gli USA contro l’Afghanistan, vorrà colpire anche i paesi sostenitori del terrorismo e i Paesi del Golfo sono da sempre i maggiori indiziati. E anche in questo caso, gli USA potrebbero tirarsene fuori dato che la nuova amministrazione Trump non è proprio vicinissima a Riyad e company soprattutto a causa delle posizioni anti-islamiche del tycoon.

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Concludiamo dicendo che, alla luce della convergenza di interessi tra la nuova amministrazione americana e quella russa, un allargamento dell’attuale terza guerra mondiale liquida a grandi estrattori come Arabia Saudita, Emirati Arabi, Qatar, Iran e magari anche Iraq (dove c’è ancora l’ISIS e dove potrebbe esserci un intervento turco) potrebbe non essere improbabile, considerando inoltre come entrambi i paesi abbiano creato numerose situazioni di attrito in tutta l’aerea. Il verificarsi di uno qualsiasi di questi scenari porterà un duro colpo alla fragilissima ripresa della principale potenza economica mondiale cioè l’Unione Europea con ripercussioni di politica interna europea anche molto importanti, perché se la ripresa dovesse arrestarsi a causa del petrolio alto, la Banca Centrale dovrà continuare con la sua politica accomodante e ogni richiesta di austerità nei confronti dei paesi indebitati sarà chiaramente insostenibile e questo porterà o ad una rottura dell’Europa stessa o alla fine dell’attuale egemonia tedesca, che rischia fortemente di trovarsi in minoranza soprattutto se in Italia e Francia dovessero prevalere i movimenti chiamati populisti dai media di regime.

by Fenrir

FONTE: HESCATON.COM


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