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Allarme dalla Francia: “Pronti allo shock entro 4 anni”. Il nuovo Capo di Stato Maggiore suona la sveglia, ma il budget basta appena a “fermare l’emorragia”.

Francia, l’allarme del Generale Mandon: “Guerra possibile tra 3-4 anni”. Parigi si prepara tra budget risicati, scommessa sulla Riserva e troppa burocrazia.

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Il nuovo Capo di Stato Maggiore delle Forze Armate francesi (Cema), il Generale Fabien Mandon, non ha usato mezzi termini. Alla sua prima audizione davanti alla Commissione Difesa dell’Assemblea Nazionale, tenutasi il 22 ottobre in merito alla legge finanziaria 2026, l’avvertimento è stato glaciale: i soldati francesi devono prepararsi “a uno shock entro tre o quattro anni”.

Insediatosi appena il 1° settembre 2025 (succedendo a Thierry Burkhard), l’ex capo di stato maggiore privato del Presidente ha parlato con “senso d’urgenza”. Il convitato di pietra, ovviamente, è la Russia, che “può essere tentata di proseguire la guerra sul nostro continente”.

Ma è qui che l’analisi di Mandon si fa interessante e squisitamente tecnica, lontana dal panico. “La Russia non può farci paura se abbiamo voglia di difenderci”, ha spiegato. Il generale ha poi snocciolato i numeri, che piacciono tanto a chi guarda ai fondamentali economici: l’Unione Europea gode di un rapporto di forza schiacciante. Parliamo di un rapporto di 4 a 1 sul piano demografico e, soprattutto, di un PIL di oltre 17.000 miliardi di euro contro i “misero” 1.300 miliardi della Russia. La conclusione di Mandon è netta: “La scala giusta per affrontare le nostre sfide è l’Europa”. Bene, ma se la sfida non si presentasse? Ma andiamo avanti.

Il Capo di stato maggiore francese Fabien Mandon

Il nodo del Budget: fermare l’emorragia non significa crescere

La Francia, secondo il Cema, deve giocare un ruolo di “leadership” per trascinare gli altri partner europei. Ma per farlo, deve prima mettere in ordine i propri conti e le proprie scorte.

Qui entra in gioco l’analisi della spesa militare. Il budget della difesa francese è sì aumentato, passando da 32 miliardi di euro nel 2017 a poco più di 55 miliardi nel 2025. Un “sforzo considerevole”, certo, ma che, in termini reali, è servito appena a “fermare l’emorragia” causata da trent’anni di tagli e disinvestimenti.

Il 2026, secondo i piani, sarà l’anno della vera “risalita” in potenza, con l’arrivo di nuovi equipaggiamenti (blindati, fucili d’assalto), ma soprattutto con più munizioni (fondamentali per addestrarsi) e le prime consegne massicce di droni.

Rafale vola con un drone Neuron

La soluzione non è la massa, ma la Riserva

Come aumentare la “massa” dell’esercito senza far esplodere i conti? Mandon ha escluso modelli che puntino a raddoppiare gli effettivi. L’accento è posto invece su un pilastro strategico: la Riserva, vista anche come fattore di resilienza per l’intera Nazione.

Gli obiettivi sono chiari e misurabili:

  • Fine 2025: Raggiungere i 47.000 riservisti.
  • Obiettivo 2035: Arrivare a 105.000 riservisti.

Questo numero rappresenterebbe un terzo degli effettivi attuali delle forze armate. “Gli eserciti funzionano grazie alla riserva”, ha sottolineato Mandon, notando come “i giovani abbiano voglia di impegnarsi”.

Meno norme, più rischi: la critica alla burocrazia, ma che succede se…

L’intervento del Generale si è chiuso con una nota di salutare ironia, molto pragmatica. Mandon ha fustigato la “cultura delle norme” che paralizza la Francia. “Le norme ci sono per aiutarci, ma a un certo punto ci frenano”, ha dichiarato. Tutto è regolamentato a puntino, come in Europa, ma lo scontro militare non si svolge secondo la legge.

L’esempio citato è quasi comico nella sua tragicità burocratica: l’obbligo di costruire “camere a norma per disabili nei reggimenti delle forze speciali”, che , ovviamente, non hanno disabili. Le camere non servono a nessuno, ma costano, ma la norma deve essere rispettata. Un chiaro riferimento a come l’eccesso di regolamentazione, applicato senza discernimento, ostacoli l’efficienza di corpi che, per definizione, vivono di rapidità e pragmatismo.

Il monito finale è un cambio di mentalità: la Francia non ama più prendersi dei rischi, ma “se non prendiamo rischi, non saremo all’altezza”. L’urgenza, a quanto pare, non è solo sul fronte orientale, ma anche in quello interno contro la burocrazia.

Nello stesso tempo resta valida la domanda più importante: queste decine di miliardi di nuovi investimenti, a cosa possono servire alla Francia se non si realizzerà nessuna minaccia nei prossimi quattro/cinque anni? Intanto, sicuramente, appesentiranno il bilancio dello stato. per quanto riguarda il resto, si vedrà. 

Il carro Leclerc, che dovrebbe essere sostituitpo da un carro franco tedesco

Domande e Risposte sul testo

1) Perché il Generale Mandon avverte di uno “shock” proprio ora, se l’Europa è così superiore alla Russia? Mandon non teme la Russia sul lungo periodo se l’Europa è unita (il PIL UE è 13 volte superiore). L’allarme “entro 3-4 anni” riguarda la prontezza attuale. L’esercito francese (e molti eserciti UE) esce da 30 anni di tagli. Lo “shock” è il tempo tecnico necessario affinché la Russia, già in economia di guerra, possa tentare un’azione prima che l’Europa abbia completato il proprio riarmo (che in Francia, secondo il Generale, inizierà davvero solo nel 2026).

2) L’aumento del budget militare francese a 55 miliardi non è sufficiente? Secondo il Generale Mandon, no. Questo sforzo, pur notevole, è servito solo a “fermare l’emorragia” dei tagli passati, cioè a tappare i buchi e fermare il declino delle capacità. Non è ancora un investimento netto in nuove capacità. La vera crescita, con più munizioni per l’addestramento e droni, è prevista solo a partire dalla finanziaria 2026, che era proprio l’oggetto dell’audizione.

3) Qual è il problema della “cultura delle norme” citato dal Generale? È una critica diretta alla burocrazia francese (e, per estensione, europea). Mandon lamenta che un eccesso di regolamentazioni, pensate per la vita civile, stia frenando l’efficacia militare. L’esempio ironico delle “camere per disabili nelle caserme delle forze speciali” illustra come norme stringenti, applicate senza logica al contesto militare, facciano perdere tempo, denaro e (parole sue) tolgano la necessaria “propensione al rischio” indispensabile per un esercito efficiente.

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