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Acqua potabile dalla nebbia… si può!!!

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Anche da ciò che c’è ma si vede appena si può ricavare l’acqua; è la nebbia l’ultima fonte di oro blu fornita dalla Terra. L’idea di sfruttarla per portare acqua potabile laddove manca, nasce già dagli anni ‘60, ma si concretizza intorno al 2012 da un team di una Ndb nano di Londra, formata da giovani ricercatori, che ha creato il prototipo di una bottiglia che si auto-riempie d’acqua, riuscendo a immagazzinare fino a tre litri di acqua ogni ora. Come lo scarafaggio del deserto del Namib (Stenocara gracilipes) che vive in aree a elevata siccità e accumula l‘umidità dell’aria sul proprio guscio fino a quando non si formano goccioline d’acqua che rotolano direttamente nella sua bocca, dissetandolo. La scarsità dell’acqua non influenza solo i paesi che caratterizzati da climi aridi: le aree degli umidi tropici, ad esempio, molto spesso non hanno accesso alle fonti d’acqua dolce. Gli studenti del National Cheng Kung (NCKU) di Taiwan stanno affrontando questi problemi legati all’approvvigionamento di acqua con AQUAIR, raccoglie l’acqua con un tessuto impermeabile a rete tesata su una struttura in bambù per ottimizzare il flusso d’aria. La chiave del progetto di AQUAIR sono la ventola e la piccola centrifuga che sfruttano la forza di gravità per convogliare l’acqua giù nel serbatoio. Sistemi che fanno uso di questa forma di estrazione dell’acqua potabile sono già in uso in almeno 17 nazioni, ma la nuova ricerca indica che la loro efficienza in condizioni di nebbia lieve può essere migliorata di almeno cinque volte; le soluzioni diciamo “vecchie” sono generalmente costituiti da un reticolo verticale (una sorta di rete da tennis oversize), realizzati con un tipo di plastica che facilmente disponibile e a basso costo, essi tendono però ad avere filamenti e fori troppo grandi. Di conseguenza possono estrarre solo il 2 per cento dell’acqua disponibile in condizioni di nebbia lieve, mentre la nuova ricerca mostra che una maglia più fine potrebbe estrarne il 10 per cento e oltre. Test di laboratorio indicano che le migliori prestazioni si ottengono da una maglia fatta di filamenti di acciaio inossidabile circa tre o quattro volte lo spessore di un capello umano, e con una spaziatura tra le fibre pari al doppio. In questo modo, le piccole goccioline d’acqua riescono a scivolare più facilmente nella canalina di raccolta non appena si formano. Mentre i sistemi attualmente dispiegati nelle montagne costiere del deserto di Atacama riescono a produrre pochi litri di acqua potabile al giorno per ogni metro quadrato di maglia, il nuovo studio, secondo i calcoli, potrebbe produrne fino a 12 litri al giorno. Ci sono modelli sperimentali che cercano di portare i sistemi al 20 per cento, quindi il modo per aiutare le zone dove si vive quasi senz’acqua ci sarebbe??? Perché non si attua!!! Domanda da miliardi di euro/dollari.

Daniele Parlante


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