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Difesa

Un Minigun sul carro armato Abrams: la risposta USA da 6.000 colpi al minuto contro la minaccia dei droni

L’esercito USA testa un M1 Abrams con mitragliatrice M134 Minigun. Una soluzione innovativa e letale per contrastare i droni FPV, che supera le attuali e controverse direttive tattiche.

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Un’unità corazzata dell’esercito statunitense ha recentemente testato una configurazione inedita per il suo carro armato M1 Abrams: l’installazione di una mitragliatrice M134 Minigun da 7,62x51mm.

Questa modifica, che sembra uscita da un videogioco, incrementa notevolmente il volume di fuoco del carro, offrendo nuove capacità tattiche, soprattutto in un ruolo inaspettato: la difesa anti-drone.

Il test è stato condotto dalla 1st Armored Brigade Combat Team della 1st Armored Division di stanza a Fort Bliss, in Texas. Le immagini condivise tramite Instagram  mostrano l’arma montata in sostituzione della mitragliatrice M240 standard, posizionata sulla ralla del portello del caricatore. Secondo il comunicato ufficiale, questa integrazione “amplifica la versatilità di combattimento della brigata, offrendo un vantaggio tattico in scontri ravvicinati e in terreni complessi”.

Minigun su Abrams 1A2

Come si presenta normalmente la torretta senza Minigun, ma con mitragliatrice M240B

Una potenza di fuoco senza precedenti

La differenza tra la dotazione standard e la nuova configurazione è notevole. Mentre la mitragliatrice M240 ha una cadenza di fuoco di circa 650-750 colpi al minuto, la M134 Minigun, con le sue sei canne rotanti, può raggiungere i 6.000 colpi al minuto. Per sostenere tale volume di fuoco, l’installazione testata sull’Abrams include un caricatore da 3.000 colpi e un mirino ottico Trijicon MGRS, già in uso su altre armi pesanti.

Questa configurazione si aggiunge all’armamento standard dei moderni carri M1A2 SEPv3, che include una mitragliatrice pesante M2 da .50 pollici in una stazione d’arma remotizzata e un’altra M240 coassiale al cannone principale da 120mm.

La vera funzione: la caccia ai droni

Sebbene il comunicato ufficiale ponga l’accento sul combattimento ravvicinato, anche in ambiente urbano, la vera innovazione di questa soluzione risiede nel suo potenziale come arma anti-drone. I conflitti moderni, in particolare quello in Ucraina, hanno dimostrato la crescente vulnerabilità dei mezzi corazzati pesanti agli attacchi portati da piccoli droni, specialmente quelli FPV (First Person View).

Contro questi bersagli piccoli, veloci e manovrabili, le mitragliatrici tradizionali si rivelano spesso inadeguate. La M134 Minigun, invece, grazie alla sua altissima cadenza di fuoco, può creare un vero e proprio “muro di proiettili”, aumentando drasticamente la probabilità di colpire e neutralizzare la minaccia. Le immagini diffuse mostrano inoltre che l’arma può essere puntata con un elevato angolo di alzo, una caratteristica essenziale per ingaggiare bersagli aerei.

Una soluzione migliore delle direttive ufficiali

Questa sperimentazione “dal basso” assume ancora più importanza se confrontata con le recenti e controverse direttive anti-drone inserite in un manuale dell’esercito statunitense.

Tali indicazioni sono state criticate per la loro scarsa praticità e pericolosità. Tra i suggerimenti vi erano tattiche come far sporgere i capicarro dai portelli aperti per usare segnali manuali, disperdersi rapidamente fuori dai sentieri battuti (rischiando di finire in campi minati) o utilizzare i proiettili a mitraglia M1028 del cannone principale da 120mm, una soluzione dispendiosa e poco efficace contro bersagli piccoli e agili. Tutte cosse che sembrano irrealistiche, anzi abbastanza assurde, visto quello che succede sui campi di battaglia ucraini, dove i droni FPV arrivano in modo improvviso, imprevisto, spesso in massa.

 

L’adozione di un Minigun rappresenta un approccio hardware molto più concreto e sensato, una risposta pratica a un problema reale, emersa probabilmente dall’esperienza diretta delle unità sul campo piuttosto che da considerazioni teoriche.

Limiti e sviluppi futuri

La configurazione testata presenta tuttavia un limite significativo: l’arma deve essere manovrata manualmente da un soldato esposto nel portello del caricatore, rendendolo un facile bersaglio. Una possibile evoluzione, per superare questa vulnerabilità, consisterebbe nell’integrare il Minigun in una stazione d’arma remotizzata (RWS), permettendo all’operatore di utilizzarla al sicuro all’interno del carro.

Un’altra sfida è l’elevato consumo di munizioni. Anche a una cadenza ridotta di 3.000 colpi al minuto, il caricatore  da 3.000 proiettili si esaurirebbe in un solo minuto di fuoco continuo. Tuttavia, la presenza di altre armi a bordo consente all’equipaggio di scegliere lo strumento più appropriato per ogni situazione.

Il test del Minigun sull’Abrams è un chiaro segnale di come l’esercito USA stia cercando attivamente di adattare i propri mezzi pesanti alle nuove minacce del campo di battaglia. Spinta dalle lezioni apprese in Ucraina, questa innovazione, seppur ancora da perfezionare, potrebbe presto diventare una dotazione standard per garantire la sopravvivenza dei carri armati nei conflitti futuri.


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