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Abbasso l’Europa, Viva l’Europa! di Pietro De Sarlo.

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Grazie alla paziente abilità del premier Giuseppe Conte e all’azione di moral suasion del Presidente Sergio Mattarella si è cercato, e trovato, un accordo con la Commissione Europea che ci ha, per ora, evitato la procedura di infrazione. Accordo utile più all’Europa, sempre più vicina alla dissoluzione, che a noi.

Avrei preferito che questo accordo non ci fosse stato perché o l’Europa cambia, e anche noi, o continueremo questo calvario infinito che dura da troppo tempo, e durerà per chissà quanto tempo ancora.

Meglio una fine con dolore che un dolore senza fine!

Siamo però in condizioni di maggiore serenità per riflettere sul futuro dell’Unione e sul nostro.

Per stimolare questa riflessione, da ingegnere che ha passato una vita ad occuparsi di analisi strategica in primarie aziende, mi avvalgo del supporto di due grafici.

Il primo, che ho chiamato Eurolandia, mette in correlazione l’andamento di due parametri: il rapporto Debito / PIL e la percentuale delle persone a rischio di povertà.

In base a questi parametri ho diviso il grafico in quattro quadranti. All’interno di questi quadranti ho collocato la posizione dei più significativi paesi dell’Eurozona, rappresentativi dell’83% del PIL, nel 2008 e nel 2017, collegando le due posizioni con una freccia per indicare la direzione e il percorso fatto.

Il primo quadrante in alto a sinistra è caratterizzato da alto debito pubblico e bassi indici di povertà, per ovvi motivi l’ho chiamato Titanic. Il secondo, in senso orario, ha alto debito pubblico e alti tassi di povertà e l’ho chiamato Weimar. Trovarsi in questo quadrante è preludio di rivolta sociale e sbocchi autoritari. Il terzo è quello della Distopia Liberale, ossia dell’idea folle che si possa guardare solo ai parametri economici ignorando quelli sociali. È una area di forte instabilità sociale che prima o poi si traduce anche in instabilità economica e a seguire politica. L’ultimo l’ho chiamato confort zone, ad indicare che è l’unica area di praticabilità sociale ed economica.

Quello che è interessante osservare è che la risposta data alla crisi del 2008  dalla Eurozona, ossia la politica del rigore e del contenimento della spesa pubblica, ha consentito solo a paesi già economicamente forti prima della crisi, Germania e Olanda, di recuperare, dopo qualche difficoltà e un provvisorio aumento del livello del debito, le posizioni ante crisi. Anzi se si guardano anche i loro tassi di sviluppo di migliorare significativamente la propria posizione.

Purtroppo tutti gli altri paesi l’hanno invece peggioratasensibilmente per andare verso quello che ho definito quadrante Weimar e, persino la Francia, che tra i grandi paesi è quello che aveva la seconda economia più solide dell’area euro, si avvia inesorabilmente ad uscire dalla confort zone e si trova al bivio di contenere la protesta sociale ricorrendo al debito pubblico o diveder crescere la rivolta.

Si dice che l’Unione Europea ha garantito la pace dopo secoli di guerre tra gli stati europei. La guerra in Europa non significa una scaramuccia locale ma una guerra mondiale. Io credo questa sia resa impossibile dalla bomba atomica, non da Eurolandia, e che l’ansia predatrice di alcuni popoli nordici si sia trasferita dallepanzer division all’economia.

La situazione attuale era ampiamente prevedibile giacché sette premi Nobel avevano avvisato sulle disastrose conseguenze del Fiscal Compact e dell’inserimento in costituzione di vincoli stringenti  sulla finanza pubblica. Avevano previsto esattamente l’avvitarsi senza fine della crisi nei paesi con strutture economiche fragili e la sempre più probabile fine dell’euro.

D’altro canto avendo la politica, e i leader europei, abdicato al proprio ruolo affidando la guida dell’Europa ai profeti del catechismo neoliberista e la costruzione delle regole di convivenza affidate ad una scienza sociale, e come tale fallibile e inaffidabile, come l’economia cosa ci si poteva attendere?

In aggiunta l’Europa e l’Italia invece di ascoltare i premi Nobel si è affidata a Shauble, Dijssembloem, Cottarelli, Giavazzi e Monti… chi va per questi mari questi pesci piglia!

On top i paesi che si trovano nella confort zone si sentono a disagio perché temono che i poveri greci, massacrati con intento vigliaccamente punitivo dalla troika, e gli sfaticati italiani non ambiscano ad altro che mettere le mani sulla loro ricchezza.

Le politiche economiche europee si sono rivelate sbagliate per fatti concludenti, come dimostra il grafico, e o si cambiano, e si riesce ad avere un processo di convergenza delle varie economie,o, piaccia o non piaccia alla élite nostrana che parla di una Europa ideale che esiste solo nelle loro fantasia malata e sganciata dal reale, l’Europa si spacca.

Eppure l’Europa serve perché additare alla sola Europa tutte le nostre colpe è utile proprio alle nostre élite politiche, intellettuali, economiche e tecnocratiche degli ultimi 20 anni per nascondere il loro fallimento.

L’unica visione strategica che queste élite hanno maturato è stata l’ingresso ad ogni costo nell’area euro. Per farlo hanno falciato la spesa sociale, svenduto aziende e patrimonio pubblico, eliminato ogni investimento in infrastrutture fisiche economiche e culturali, abbandonato il Sud.

I risultati sono nel secondo grafico. Inutile spiegarlo. Credo che sia di facile e cristallina lettura.  Il Sud è in condizioni estreme e il Nord arranca: molto lontano dai tassi di crescita della Germania, la metà di quelli della Francia in ginocchio.

Finita l’Europa finirà anche l’Italia.

Torneranno le spinte secessionistiche nella illusione, perseguita con tenacia sconfortante e radicata anche nella élite polically correct del Nord, che il Nord senza il Sud possa raggiungere la locomotiva tedesca e far parte a pieno titolo dell’Europa.

La élite della stampa e della sedicente e autoreferenziale sinistra intellettuale si illude di essere simile ai berlinesi e li ama, per questo, molto di più del Sud.

SI illude perché a differenza delle élite tedesche, che hanno unificato con una grande assunzione di responsabilità e in pochi anni l’enorme divario sociale e culturale tra l’est e l’ovest della Germania, non è in grado di compiere nessuna assunzione di responsabilità nei confronti dell’intera nazione e di maturare alcuna visione del futuro.

Si illude perché se il Sud non recupera centralità del Mediterraneo il Nord sarà sempre più periferia della Baviera, ossia economicamente fragile e sempre più irrilevante. Al contrario con lo sviluppo del Sud avrebbe invece un’area di espansione e crescita economica nel portone di fianco a casa.

Nel Sud oggi ci sono le maggiori opportunità di sviluppo di tutta l’Europa sia a causa della globalizzazione, che ha la necessità di nuove vie di commercio tra oriente e occidente, sia per la propria posizione geografica al centro del Mediterraneo.

Per svilupparsi il Sud ha però bisogno di infrastrutture.

Ma l’élite intellettuale, pur avendo la piena responsabilità del disastro in cui ci troviamo, invece di stimolare il dibattito e la crescita sul futuro del paese si arrocca, come la fondazione David Hume (https://www.basilicata24.it/2018/12/paese-meriterebbe-elite-migliore-61252/) in una disonesta propaganda contro questo governo, per far dimenticare le proprie colpe.

Non credo che il Presidente Mattarella abbia il tempo e la voglia di leggere queste mie riflessioni ma mi piacerebbe, almeno nel messaggio di fine anno, che per una volta si ricordi del Sud e che invece di elogiare le mirabilie di una Europa che ancora non esiste usi la sua autorevolezza per promuovere lo sviluppo del Mezzogiorno. Questa è l’unica via per rimanere in Europa e per riformarla.

Pietro de Sarlo


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