Economia
Shein ferma la Quotazione in Borsa a Londra. Probabile ristrutturazione dopo i dazi USA
Shein ferma la quotazione sulla borsa di Londra, e pensa a una ristrutturazione globale, visto che il sistema che prmetteva di esportare senza dazi è completamente scomparso ed è stato sostuito da un sistema con i dazi elevati. Il suo modello di business deve essere rivisto

Il gigante del fast-fashion Shein ha messo in pausa i preparativi per la sua quotazione in borsa a Londra mentre calcola il modo migliore per rispondere alle tariffe draconiane di Donald Trump sulle importazioni cinesi.
Secondo il Financial Times, l’azienda di origine cinese sta valutando un’importante revisione delle sue attività negli Stati Uniti, che sono particolarmente esposte alle ampie riforme commerciali dell’amministrazione americana.
La Cina è stato l’unico Paese al mondo a cui non è stata concessa una tregua di 90 giorni dalle cosiddette tariffe reciproche degli Stati Uniti, il che significa che le esportazioni di Shein negli Stati Uniti devono affrontare un’imposta punitiva del 124%.
Il gigante della vendita al dettaglio online ha ricevuto un ulteriore colpo dall’impegno di Donald Trump a chiudere una scappatoia di lunga data sui dazi – nota come “regola de minimis” – che consente alle importazioni di valore inferiore a 800 dollari di entrare senza alcun dazio doganale.
Questa regola è stata sfruttata da marketplace come Shein e Temu, che inviano singoli pacchetti ai clienti oltre confine invece di spedire le merci nei Paesi per essere lavorate a livello nazionale. Una furbizia che è andata avanti per anni, ma che ora è terminata.
Diversi paesi europei, come l’Italia, hanno ià cancellato l’esenzione, costringendo a spedire da magazzini nella UE. Se anche il Regno Unito, che per ora ha mantenuto il regime De Minimis, dovesse anche lui cancellarlo, ci sarebbe un’ulteriore ricaduta su questa azienda.
I vertici dell’azienda sono stati costretti ad aumentare i prezzi di alcuni prodotti per i clienti statunitensi fino al 377% per pagare le nuove tasse. Hanno scelto di tagliare la spesa pubblicitaria online negli Stati Uniti per tenere sotto controllo i profitti.
La ristrettezza dell’ambiente operativo ha spinto i dirigenti a rivalutare rapidamente le operazioni negli Stati Uniti, con una soluzione ai problemi commerciali che prevale su qualsiasi lavoro in corso per preparare la società alla sua tanto attesa IPO.
Un dirigente dell’azienda ha dichiarato al Financial Times: “Al momento siamo tutti concentrati su come gestire la situazione dei dazi. Prima di avere chiarezza su questo punto, nessuno può nemmeno iniziare a pensare all’IPO”.
L’azienda starebbe valutando se trasferire la produzione di beni destinati agli Stati Uniti dalla Cina ad altri Paesi, tra cui India e Brasile. Ma per soddisfare la domanda sarebbe necessario rivedere tutto il sistema produttivo della società, che per ora è concentrato in poche aree cinesi. Sempre ammesso che poi il governo di Pechino non intervenga er comunque mantenere le produzioni in Cina.
Il mese scorso la Financial Conduct Authority avrebbe dato il via liberaal prospetto informativo di Shein per la quotazione alla Borsa di Londra, aprendo la strada alla sua controversa quotazione entro pochi mesi.
Ora la situazione e le prospettie sono completamente cambiate. la furbizia cinese di sfruttare il De Minims è terminata. Non solo: l’attacco del Fast fashion sta portando a una reazione in tutti i paesi che ne sono stati invasi. Un sistema basato sulo sullo sfruttamento dei lavoratori non poteva andare avanti per sempre.
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