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Una premessa contraddittoria: Ventotene (di Marco Destro)

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Gli annunci televisivi ed i titoli giornalistici hanno vaticinato l’exclusive summit di Ventotene come la Rifondazione europea: il ritorno all’oriunda saggezza ove è stata tratta la forza necessaria ad affrontare il pantano nel quale l’Europa affonda. Un quadretto strappalacrime che ricorda quegli oggetti kitsch che finiscono sui soprammobili al ritorno dalla vacanze.

I membri non sono ventisette

Ci si domanda come Italia, Francia e Germania possono aver pensato di ritrovarsi, da soli, senza attirare le ire degli altri Stati membri. È come se il nostro gruppo di amici abituali fosse uscito a cena senza invitarci; voi come l’avreste presa?

Impossibile non raffigurarsi gli altri Stati mentre guardano dalla serratura IT-FR-GR appellando il terzetto come Triplice Alleanza o come ménage à trois.

L’atteggiamento dei tre è infatti esternazione di superbia, dovuta alla credenza di superiorità e dalla mancanza di fiducia negli altri partner (che loro stessi si sono scelti). Alla faccia dell’Unione.

Questo, tra l’altro, è in perfetta discordanza con quanto previsto all’art. 4, comma 2, del T.U.E.: «L’Unione rispetta l’uguaglianza degli Stati membri».

La spiegazione dell’infelice rimpatriata è semplice: gli ordoliberisti hanno messo in scena i loro tre burattini più famosi per riacquistare il consenso in crisi (gli altri contano talmente poco che non serve scomodarli). La commedia economica dovrebbe commuovere il popolo post e pre importanti avvenimenti politici (Brexit, migranti, terrorismo, referendum costituzionale, etc.). Verrebbe così rinsaldata quella narcotizzata fiducia nel sistema del Capitale.

Gli spot pubblicitari sono giunti a livelli di spam talmente insistenti che c’è chi propone di rendere obbligatoria la bandiera europea alle Olimpiadi: http://it.sputniknews.com/blogs/20160819/3282168/renzi-hollande-merkel-incontro-ventotene.html. Tanto per delineare il sentimento nazionale.

Ah, ma non è Ventotene!

Leggendo con attenzione quello che viene pontificato come il più importante appuntamento politico dal dopoguerra ad oggi, si scopre che in realtà il Triunvirato non si è riunito propriamente a Ventotene, ma sulla portaerei Garibaldi, una nave da guerra dotata di lanciasiluri e cannoni. D’altronde l’U.E. non è stata fondata sulla pace (cfr. artt. 2 e 3 T.U.E. nei quali la pace non figura tra i valori europei e l’Unione si impegna solamente a promuoverla, non certo a rispettarla).

Il meeting ricorda la Conferenza di Teheran (1943) e Jalta (1945), nelle quali furono decisi a tavolino, senza alcuna consultazione popolare o riflessione etico-giuridica, i confini territoriali ed il sistema economico occidentale.

Questo modus procedendi è invero in netto contrasto proprio con quanto affermato dallo stesso Manifesto di Ventotene, il quale, smascherando la classe dirigente statale di allora, così dipingeva la società capitalista: «Gli uomini (…) sono tenuti ad ubbidire senza discutere alle gerarchie superiori che culminano in un capo debitamente divinizzato».

In brevis: non solo il summit contraddice i Trattati europei, ma altresì contraddice lo stesso spirito di Ventotene che vorrebbe recuperare. L’Europa attuale è invero quello Stato nazionale che Spinelli-Rossi volevano abolire.

Il frutto avvelenato

Volendo andare oltre al parossismo dell’incontro di lunedì 22 agosto, non si può non rilevare come il Manifesto di Ventotene sia una premessa europea monca, che ha aperto le porte alla tempesta capitalista a scapito dei lavoratori. Non a caso il Manifesto è stato mitizzato dai Concili ecumenici europei, diventando il liber sacer dell’europeismo.

Esso, come tutti i testi che propinano una pillola amara, è pieno di riferimenti romantici, volti ad addolcire la realtà. Sono così riportati concetti condivisibili da chiunque, quali il contrasto al monopolio, all’accumulo di ricchezze, alla diseguaglianza, alla povertà. Tutti d’accordo; manca però un tracciato attuativo, ovvero la costituzionalizzazione delle idee (storia già vista con la rivoluzione francese).

Ciò che sarebbe servito, invece, non era una lista di buoni propositi, ma una legiferazione e la sottoposizione della stessa al voto popolare europeo.

D’altronde lo stesso Manifesto aveva avvertito che la classe dominante possiede «uomini e quadri abili ed adusati al comando, che si batteranno accanitamente per conservare la loro supremazia. Nel grave momento sapranno presentarsi ben camuffati. Si proclameranno amanti della pace, della libertà, del benessere generale delle classi più povere».

Questo vuoto legislativo ha lasciato ampia manovra all’ordolibersimo (che infatti oggi è l’unico che vuole conservare l’Europa: http://www.thetimes.co.uk/tto/news/politics/article4697031.ece).

Eppure un testo da prendere quale riferimento, ancorché da sviluppare, c’era: Progetto di costituzione confederale europea ed interna di GalimbertiRepaci del 1941 (antecedente al Manifesto di Spinelli-Rossi).

Pur avendo come medesima premessa la libertà, il Progetto (scritto giustappunto in forma legislativa) pone sul tavolo temi concreti e sistemi attuativi.

  1. Esprime chiaramente l’obbligatorietà della pace («Gli Stati d’Europa dichiarano di rinunciare alla guerra come strumento di politica nazionale», art. 5, comma 1). La pace non è mai menzionata nel Manifesto.
  2. Riconosce la sovranità pubblica (europea/statale); ciò è importante anche in riferimento anche al controllo della moneta.
  3. Istituisce il libero scambio con tutti gli Stati, purché in condizioni di parità – senza alimentare un colonialismo mascherato come avviene nelle delocalizzazioni odierne – («La Confederazione si impegna ad attuare il principio del libero scambio in condizioni di reciprocità con i terzi Stati», art. 8).
  4. Identifica il lavoro quale mezzo di contrasto alla povertà e istituzionalizza la spesa pubblica («Gli stati membri considerano il lavoro oltre che un diritto un dovere sociale. Perciò si impegnano a impedire la disoccupazione impiegando presso opere pubbliche tutti coloro che si trovino, anche solo temporaneamente senza lavoro», art. 29, comma 1).
  5. Il Programma paventa la possibilità che la democrazia degeneri a causa di partiti deviati dal Liberalismo – art. 56 (il Manifesto nega tale rischio nel panorama europeo).

Questi temi, ma anche altri, anziché essere stati sviluppati, sono stati accantonati a favore alla bandiera dei principi di Ventotene.

Perché il Programma non è stato preso in considerazione? Per dare alle masse una parvenza di giustizia, perché è stata creata una strategia di marketing, o uno storytelling, come si direbbe oggi.


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