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TAV il coraggio di dire NO! (di Davide Amerio)

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Breve storia del perché in Val Susa esiste una forte opposizione alle line ad Alta Velocità.

Per chi è lontano dalla Valle di Susa risulta poco comprensibile la caparbietà e l’ostinazione con la quale, in questa valle stretta che si protende verso il territorio francese attraverso i passi del Moncenisio e del Monginevro, ci si oppone alla linea TAV (Treno Alta Velocità) per collegare Torino con Lione.

Se 20 anni fa qualcuno mi avesse chiesto se fossi stato favorevole o meno a una linea AV per recarmi in Francia avrei certamente risposto in modo affermativo; anzi, avrei dichiarato il mio stupore nei confronti dei suoi oppositori!

In Italia, ne siamo consapevoli in molti, ciò che appare non è sempre – o quasi mai – ciò che è nella realtà. Quando ci viene propinato qualche cosa come “strategico”, “imprescindibile”, “assolutamente necessario” non possiamo più esimerci dal domandare “cui prodest?”. La storia dell’Euro ci insegna molto a riguardo. Ma quella del TAV non è da meno. I libri che documentano cosa rappresentino davvero le linee AV in Italia, scritti da giornalisti, ricercatori, ingegneri, specialisti, magistrati, non si contano più. A dispetto di quanto si vuol far credere nei mainstream nazionali, quelli che – non a caso – ci tengono al 73° posto nelle classifiche internazionali sulla libertà dell’informazione, le ragioni della “lotta” valsusina contro la TAV sono ampiamente documentate. [1]

La storia della dis-informazione sulla Tav Torino-Lione si perde nella notte dei tempi. Significativo a riguardo uno studio pubblicato nel 2006 [2] da parte del prof. Antonio Calafati mirante a individuare, sui mezzi di informazione principali (La Stampa, Repubblica, Il Corriere della Sera) le ragioni del “si” al progetto AV. [3] La ricerca, condotta nell’ambito di un corso sulle Politiche Pubbliche, si riprometteva di individuare – e dimostrare – come le scelte pubbliche assunte dagli organi istituzionali avessero carattere razionale e documentato. Le forti contestazioni al progetto da parte dei cittadini della Val Susa stimolarono la curiosità del docente convinto che:

  • Il fatto che una decisione venga delegata non significa che non debbano essere rivelate nei dettagli le ragioni della decisione, se viene richiesto.
  • Una contestazione a una politica pubblica così energica, prolungata, condivisa come quella messa in atto dai cittadini della Val di Susa equivaleva alla richiesta di dar conto delle ragioni del sì, di mantenere la promessa di poter esercitare il diritto di comprendere le ragioni del sì e, eventualmente , ri-discuterle [2]

Con stupore docente e allievi si resero conto di come le “ragioni del sì” fossero assenti dai giornali esaminati e le tesi degli autori degli articoli che trattavano l’argomento si aggrovigliavano in fumosi ragionamenti:

Se l’oggetto sul quale gli editorialisti si esprimevano sembrava avere contorni indefiniti, le argomentazioni con le quali veniva sostenuto il giudizio favorevole erano ancora più singolari –quando qualche argomentazione veniva proposta. In effetti, spesso gli articoli contenevano opinioni senza agomentazioni.  Ancora più spesso, tuttavia, contenevano opininioni senza pensiero, giustificate con paralogismi, nessi causali improbabili, tautologie senza significato [2]

Nel 2014 il “Controsservatorio della Val Susa” ha presentato uno studio condotto da Massimo Bonato e Irene Pepe sul rapporto tra Tav e informazione. L’analisi linguistica condotta sulle stesse testate ha evidenziato la forzata rappresentazione del movimento No Tav come elemento negativo e pericoloso per la democrazia. Usando il criterio del “sensazionale” la logica delle notizie viene rovesciata:

Il comunicare perché importante viene sopraffatto dall’importante perchè comunicato [2bis]

L’uso dei termini utilizzati dai giornali nei confronti dei No Tav, e degli accadimenti in Valle,  prefigura e forza un pre-giudizio di valore anteposto alla notizia e ai fatti realmente accaduti.

La contrapposizione tra la “Valle” e lo “Stato” si è fatta nel tempo sempre più accesa. Alle obiezioni degli oppositori i governi hanno contrapposto la militarizzazione del territorio e ingaggiato una lotta giuridica attraverso la Procura di Torino. Stessa tecnica “dissuasiva” è stata condotta nei tribunali da parte della società LTF con irragionevoli richieste di danni per presunti blocchi ai lavori a seguito delle manifestazioni. Le ragioni degli oppositori avrebbero dovuto trovare spazio di discussione nell’organismo denominato “Osservatorio sulla Torino-Lione” costituito con lo scopo di creare un dialogo con la popolazione. L’Osservatorio esiste a tutt’oggi e viene ancora utilizzato dal governo come strumento di propaganda per riproporre un dialogo che si è interrotto anni fa con la cacciata dall’assemblea di qualunque voce discordante; come ha ampliamente documentato l’avvocato Massimo Bongiovanni (del team difensori dei No Tav) in un convegno tenutosi l’anno scorso a Torino [4]

Durante questo convegno il contributo dell’ ing. Ivan Cicconi e del Presidente della Suprema Corte di cassazione Ferdinando Imposimato diedero conto, secondo le rispettive esperienze, del significato politico ed economico delle linee Tav ( e della Torino–Lione in particolare) nonché della corruzione insita nei progetti. Nello specifico Imposimato fu il primo magistrato a indagare sulle irregolarità e la corruzione della linea Roma-Napoli scoprendo, tra le tante porcherie, il traffico di rifiuti tossici riciclati sotto il basamento della linea ferroviaria.

Per essere compresa la questione dell’Alta Velocità deve essere inquadrata nell’ambito delle Grandi Opere e della famigerata “Legge Obiettivo”, promulgata dal II governo Berlusconi. In essa con la scusa di semplificare le procedure per realizzare le opere pubbliche il governo inventò la figura giuridica del General Contractor:

La chiave del sistema è in questa legge che consente deroghe importanti rispetto al quadro normativo che era stato creato con la legge Merloni (legge quadro sui lavori pubblici) dopo gli eventi di Tangentopoli. Le norme europee prevedono due tipi di appalto. Uno convenzionale nel quale l’ente committente paga un prezzo pattuito per la realizzazione di un’opera commissionata ad un appaltatore. L’altro è un contratto di concessione nel quale il committente ha due facoltà: lasciare che il costo sia a totale carico dell’appaltatore, il quale però acquisisce un diritto di gestione per un determinato periodo (ex 30 anni) che gli consentirà di rientrare dell’investimento e di acquisire un profitto; oppure, oltre al diritto (di gestione) corrispondere una quota qualora il tipo di realizzazione commissionata abbia dei costi che non possono essere assorbiti nell’arco ragionevole del periodo della gestione. In questo caso la Legge Merloni stabiliva che questo “prezzo” non dovesse essere superiore al 50% del costo complessivo dell’opera.

Questa struttura della legge era funzionale a consentire una netta ripartizione tra le figure del committente e dell’appaltatore nonché a tenere separati i rispettivi interessi. Nel caso dell’appalto tradizionale il direttore dei lavori è nominato dal committente che in questo modo sorveglia e vigila sulla corretta esecuzione del cantiere. Nel caso del concessionario il direttore sarà nominato da quest’ultimo in quanto è suo interesse fare in modo che l’opera sia ben realizzata, nei tempi stabiliti e con i preventivi concordati poiché dovrà farsi carico della gestione successivamente.

Con la Legge Obiettivo italiana è stata creata invece la figura del Contraente Generale che viene definito come concessionario ma che in realtà non gestirà l’opera mentre può assumere completamente la direzione dei lavori! Quindi il diaframma che separava gli interessi tra i due ruoli viene a cadere e il controllato diventa controllore di sé stesso! Nel contratto di appalto tradizionale il controllo spetta di dovere – e di diritto – al committente, nella nuova configurazione i diritti sono tutti del “concessionario” e l’ente che ha commissionato i lavori può solo pagare.

Nel 2001 accade di peggio. Il vincolo del 50% da riconoscere al concessionario da parte dell’ente committente viene eliminato e da allora il project financing diventa lo strumento con il quale i costi delle grandi opere possono crescere a dismisura e senza più alcun controllo.

La Tav ne è un esempio ma la Sanità è l’altro settore sul quale il gioco dei costi senza limiti diventa evidente con aumenti di 800/900 volte sui costi dei servizi. Questo meccanismo genera debito pubblico occulto che viene inserito come debito nelle società concessionarie ma è tutti gli effetti debito dello Stato in quanto sono gli enti (dello Stato) committenti ad essere garanti al 100% dei costi.

Il potere assoluto così demandato alle concessionarie crea i fenomeni dei sub-appalti al ribasso che schiacciano la piccole e media impresa. [4] e [5]

 

Nell’ Ordinanza di custodia cautelare per Ercole Incalza, grande faccendiere degli appalti pubblici, si trova, nell’atto d’accusa dei Pm, questa tesi sugli effetti perversi della Legge Obiettivo.

Recentemente il Presidente dell’Autorità Anticorruzione Raffaele Cantone in merito alla Legge Obiettivo ha dichiarato:

Una legge ben scritta sugli appalti serve molto di più che 2 milioni di intercettazioni. La Legge Obiettivo del 2001 che concedeva il potere al direttore dei lavori di essere nominato dall’impresa è una legge criminogena [6]

Su questa sollecitazione il senatore del M5S Marco Scibona ha presentato in Senato un disegno di legge, scritto in collaborazione con il WWF Italia, per ripristinare le condizioni di gestione degli appalti pubblici nei termini antecedenti alla legge Obiettivo [7]

Come si può dedurre da questo breve (veramente breve rispetto a una vicenda che dura da 20 anni) la questione No Tav è ben più complessa delle semplicistiche riduzioni offerte dai mainstream italiani. La Val Susa non è composta da malati della sindrome di Nimby, tantomeno da “terroristi”, bensì da cittadini che lottano contro un sistema politico e economico, corrotto e malavitoso. Lo stesso sistema che avvelena il nostro paese e la nostra economia nel suo complesso. Avremo modo di approfondire altri aspetti prossimamente.

 

Davide Amerio (Tgvallesusa.it)

 

[1] Lettera a un amico sulla Val Susa e i cattivi No Tav di D. Amerio – Dubitoergocogito

[2] Dove sono le ragioni del sì? – La Tav in Val di Susa nella società della conoscenza di A. Calafati edizioni SEB27

[2 bis] Controsservatoriovalsusa.org – ricerca su tav e media

[3] Dis-informazione sul Tav: la storia insegna di D. Amerio – Tgvallesusa.it

[4] Imposimato: la Val Susa sarà la prossima terra dei fuochi di D. Amerio – Tgvallesusa.it

[5] Ferrovie: grandi affari per i concessionari di D. Amerio e C. Giorno – Tgvallesusa.it

[6] Senato della Repubblica – Conferenza Stampa. Un disegno di legge per superare la legge Obiettivo.

[7] Legge Obiettivo un regalo alla corruzione di D. Amerio – Tgvallesusa.it


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