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SOROS quella irrefrenabile voglia di dominare il mondo di Davide Amerio

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Ricordo un cartone animato di qualche anno fa nel quale due topi cercavano di diventare i “padroni del mondo”. Il più piccolo era quello “intelligente” che voleva raggiungere il dominio, l’altro era alto e scemo e ubbidiva ciecamente agli ordini del piccoletto. Insieme combinavano disastri in continuazione e l’obiettivo del dominio del mondo era sempre irraggiungibile, per quanto loro non desistessero dal proposito.

Mauro Biglino, lo studioso che da decenni dedica la vita alla traduzione letterale della Bibbia (Antico Testamento), afferma che la Bibbia non parla di “Dio”, bensì di altri esseri chiamati Elohim. Questi erano in realtà dei dominatori, ben poco pacifici, che si erano spartiti il pianeta e usavano gli uomini (prodotti attraverso una mutazione genetica creata con la loro tecnologia) come schiavi. In una sua conferenza, alla domanda 《Ma quando se ne sono andati gli Elohim dalla terra e dove sono andati?», rispondeva di non saperlo, in quanto non è scritto nulla a riguardo nella Bibbia, però sollevava un piccolo dubbio: ma se ne sono davvero andati via?

A leggere in questi giorni le notizie dei leaks sul magnate Soros e sulla sua attiva opera per influenzare la politica di interi paesi, se non del mondo intero, mi vengono alla mente questi due ricordi, oltre a quelli dei noti gruppi di potere occulti come il Bilderberg e la Trilaterale o le varie Massonerie.

Ma che cos’è questo desiderio, che pare irrefrenabile per alcuni, di voler “dominare” il mondo? Chi sono questi multimiliardari non paghi del denaro abbondante che posseggono ma sentono il bisogno di dominare e di soggiogare il pianeta, i paesi, le genti? Si dirà che di “dominatori” sono pieni i libri di storia, ed è vero; ma possibile che passata la linea dei duemila anni non riusciamo a immaginare altro che una società composta da dominatori e da dominati? Altri direbbero che è l’animo umano a possedere intimamente il desiderio di dominio: sulla terra, sulle cose, sugli altri. Forse oggi questo desiderio viene mascherato, o tenuto a freno, da ciò che definiamo “competizione”.

Il problema è piuttosto serio. Jeremy Bentham esplorò i sentimenti dell’essere umano, alla ricerca di una spiegazione per i fenomeni economici che si instaurano tra le persone. Individuò la risposta nella ricerca naturale del piacere e la fuga dal dolore; l’utilità come misura valoriale di ogni fenomeno, cercando di massimizzare il piacere (l’utile) per il numero più grande di persone. La teoria dell’utilitarismo ebbe così inizio, subendo poi modifiche e approfondimenti ma rimanendo sempre alla base di molte teorie economiche sul libero mercato.

Gli studi di neuro-economia, attraverso le recenti conoscenze della neurologia sul funzionamento del cervello umano, esplorano i meccanismi mediante i quali le persone prendono le decisioni – di carattere economico ed etico -, e ci forniscono parziale conferma delle teorie utilitaristiche. Il nostro cervello è suddiviso in zone precise, ciascuna delle quali è predisposta a svolgere specifiche funzioni e tra queste ci sono quelle che valutano il vantaggio o lo svantaggio delle situazioni/scelte cui ci troviamo di fronte.

Il tema è indubbiamente complesso ma si può affermare, con ragionevole certezza, che le nostre scelte sono pilotate da valutazioni analoghe a quelle preconizzate dalla teoria utilitaristica; anche se le nostre scelte sono influenzate dai valori etici che maturiamo nella vita.

Nella logica delle teorie sul libero mercato, l’egoismo viene considerato come il propulsore che alimenta l’economia; l’interesse di ciascuno opera, nel complesso della società, per il bene collettivo. La teoria ci insegna anche che il “capitalista”, nel suo desiderio di realizzare profitto, se soggetto a eccessiva tassazione o a troppo basso rendimento del capitale, può decidere di non investire il proprio denaro, o cambiarne destinazione d’uso (come accaduto in questi ultimi anni con lo spostamento degli investimenti dal mercato dell’economia reale a quella squisitamente finanziario con i disastri che ben conosciamo).
Proprio lo sviluppo delle attività finanziarie ha spostato il baricentro dell’economia: dal fare soldi facendo qualche cosa di concreto, al produrre quantità di denaro di carta senza creare realmente beni ma solo scatole cinesi di prodotti finanziari, unitamente a debiti che transitano da una banca all’altra. Ne sono esempi le bolle speculative, un mercato mobiliare che non ha più alcuna corrispondenza con l’economia reale, la generazione di debiti indotti con le grandi opere spesso inutili o troppo costose. Oggi sappiamo, e ne abbiamo continua dimostrazione, dell’influenza e dell’ingerenza di grandi organizzazioni (e istituzioni) nella politica dei singoli paesi per piegare le scelte sociali ed economiche a interessi altri rispetto a quelli del popolo.

Qual’è allora il confine tra un “utile” egoismo e un avidità maniacale che si spinge sino al controllo del potere per il potere e che non ha più nessun legame con una logica del profitto di una economia di libero mercato? Alcuni affermerebbero che è la stessa “logica” del profitto a condurre inesorabilmente a questa situazione.

Non ne sarei così sicuro. Abbiamo gli esempi delle piccole e medie imprese che ancora accettano, e vivono sulla loro pelle, il rischio di impresa, e generano profitto, lavoro e benessere collettivo. Con tutte le dovute eccezioni, perché alla fine sono le persone reali quelle che danno corpo alle situazioni; ma il “padrone” della baracca fa ancora la differenza, se ne è capace.

Nel decennio degli anni ’80 e ’90 sentivamo ripetere, dagli “esperti”, che “piccolo” (o medio) era una brutta cosa. Le aziende minori erano destinate a chiudere, se non fossero diventate “grandi” per fronteggiare la concorrenza internazionale. Ma ben poco è stato fatto per le nostre imprese “minori” che, è risaputo, sono sempre state la colonna vertebrale dell’economia italiana producendo circa il 90% del PIL. Poi qualcuno inventò il WTO e la globalizzazione, ponendo, in modo scellerato, in competizione economie troppo differenti. Il risultato è quello che abbiamo sotto gli occhi. Chiusura di migliaia di imprese, trasferimento di stabilimenti all’estero. Solo e sempre una parte minoritaria si è arricchita a discapito di tutti gli altri in questo contesto.

Poi il colpo di grazia, con la bella pensata dell’Euro e la perdita della sovranità monetaria.

Chi sono allora questi personaggi che volano sopra il mondo e lo vogliono dominare? Sono “sorci” usciti da un cartone animato (e a volte a guardarli in faccia sembra proprio così) o sono discendenti degli Elohim rimasti tra noi? Non lo so. Di sicuro è palese l’urgenza di difendere le nostre comunità da simili soggetti. Con costoro non conta più la “logica” del libero mercato e tutte le belle parole sul profitto e sul benessere generale.

La collettività, la società intera, si deve attrezzare e difendere da simili personaggi considerandoli pericolosi come un qualsiasi delinquente capace di uccidere (e la morte è ciò che spessissimo provocano con le loro influenze). Noi italiani abbiamo una grande Costituzione democratica che contiene principi e limiti contro queste influenze. Proprio quella Carta che alcuni vorrebbero modificare su indicazione di forze esterne per appagare interessi economici che non ci appartengono.

Benedetti siano quindi gli hacker e i loro leaks, perché ci svelano i segreti che costoro vogliono nascondere al mondo, che rivelano la loro banale, e spesso volgare, avidità priva di alcuna utilità per la società e per la vita stessa del pianeta.

Davide Amerio


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