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IL SENSO DEL CESSATE IL FUOCO A GAZA

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È difficile dare una precisa denominazione all’azione di Israele a Gaza. Poiché però da molte parti si invoca un cessate il fuoco, e il cessate il fuoco si applica alle guerre, usiamo per questa azione le categorie valide per i conflitti armati.

La guerra ha lo scopo di convincere l’avversario a dare, fare, permettere qualcosa. Insomma piegare la sua volontà. Naturalmente, se l’aggredito è tanto forte da battere l’aggressore, non soltanto non si piegherà, ma potrà richiedere a sua volta qualcosa, a cominciare dal risarcimento dei danni.

Il cessate il fuoco si ha quando i contendenti reputano di non potere ottenere di più dalla prosecuzione del conflitto. E infatti le condizioni dell’accordo – preludio della pace – sono determinate dalla situazione del momento. Se colui che è sul punto di perdere è ancora in grado di infliggere danni e lutti al futuro vincitore, ambedue i belligeranti possono riconoscere la convenienza di raggiungere un accordo: il vincitore si risparmia qualche perdita ed ottiene ciò cui teneva di più. Il vinto non vede il proprio territorio devastato o il proprio popolo massacrato, ed è meglio di niente. Se invece il vinto non è più assolutamente in grado di arrecare danni, il vincitore può pretendere la resa incondizionata: come gli Alleati con l’Italia e la Germania alla fine della Seconda Guerra Mondiale.

Per quanto riguarda il dato morale, cioè la determinazione di chi sia l’aggressore e di chi sia l’aggredito, è questione senza importanza. Sia perché gli interessati sostengono sempre la tesi che loro conviene, sia perché, in guerra, ha sempre ragione il vincitore.

Da terzi disinteressati possiamo dire che, anche se le operazioni militari di terra sono state cominciate da Israele, è Gaza che, col lancio di razzi verso la popolazione civile, aveva già ripetutamente compiuto atti di guerra. Gerusalemme agisce in condizioni di legittima difesa e tuttavia si è disturbati vedendo un esercito muovere contro un Paese che sin dal principio è nelle condizioni di una resa incondizionata. Gaza è totalmente incapace di combattere ed è razionalmente inconcepibile che osi provocare chi potrebbe radere al suolo tutte le sue città.

Se qualcuno reputa che l’idea di bombardare le città, fino a raderle al suolo, sia “barbaro e assurdo”, è bene che si ricordi che è ciò che hanno fatto Inglesi e Americani  in città come Dresda, Hannover, Amburgo. Israele avrebbe potuto far cadere migliaia di missili e di bombe su Gaza City, senza mostrarsi più barbara del governo di Sua Maestà Britannica. Sarebbe stato un modo piuttosto convincente di chiedere di smetterla con i razzi. Israele ha invece optato per un’azione di terra per quanto possibile selettiva e mirata e le vengono rimproverate le sbavature, da chi non nota quanto più civile essa sia rispetto agli Alleati.

Gaza è costretta in  qualunque momento alla resa incondizionata e dunque il cessate il fuoco non può essere frutto di un negoziato. Hamas non ha nulla da offrire. Può soltanto promettere di non attaccare più Israele ma è difficile che Gerusalemme creda alla sua parola. Il cessate il fuoco Israele lo negozierà soltanto con sé stessa, ed esso dipenderà dunque dal riconoscimento di avere raggiunto i propri scopi, oppure dalla constatazione dell’impossibilità di raggiungerli.

Appare dunque fantastico che Hamas avanzi delle richieste come la liberazione dei prigionieri, l’ampliamento della zona di pesca nel Mediterraneo, o perfino il risarcimento dei danni: queste sono le condizioni di un vincitore, non di un vinto.

La vicenda fa toccare con mano l’assurdità dell’epoca contemporanea. Hamas fino ad ora ha dimostrato di non avere nessuna considerazione della vita del suo popolo, e valuta i quasi mille morti avuti fino ad ora il prezzo da pagare per una pubblicità positiva. E tuttavia rimarrebbe ancora indifferente se quel numero salisse a diecimila, centomila, un milione di persone? Israele ha la possibilità di provocarlo, quel massacro: che poi è lo stesso massacro di cui Gaza la minaccia. Con quale coraggio Hamas conta tanto sull’opinione pubblica buonista e antisemita, quando si è sempre visto che tutti aiutano i palestinesi a parole, al massimo col denaro, ma non possono farlo militarmente? Se essi potessero vincere posando a vittime, avrebbero vinto da mezzo secolo.

Gli innumerevoli incontri, i fiumi di parole e le frenetiche proposte di negoziati non sono da prendere in considerazione. Israele sta distruggendo ciò che può distruggere dei mezzi per aggredirla, sta dando una sonora batosta a Gaza, a futura memoria, e sta spiegando alla popolazione civile quanto costa sostenere Hamas e cercare di ammazzare degli israeliani innocenti.

Il resto è bla bla dei giornali.

Gianni Pardo, pardo.ilcannocchiale.it

25 luglio 2014


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