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RENZI TRA HEATH E LA THATCHER

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Tutti abbiamo tendenza ad inforcare il binocolo al contrario: è umano.  La vittima di un omicidio nel nostro palazzo è notizia infinitamente più importante di un terremoto che fa duecento morti in Cina. Meno perdonabile è il fatto che – probabilmente per l’ignoranza delle lingue straniere – viviamo talmente in vaso chiuso da riuscire ad ignorare la realtà del resto del mondo. Provate a dire in giro che l’Italia è stata sconfitta in modo ignominioso, alla fine della Seconda Guerra Mondiale. Provate a dire che la vittoria (degli Alleati) sulla Germania non è stata minimamente influenzata dai nostri partigiani. E poi il famoso “Sessantotto”. L’abbiamo vissuto come una sorta di coraggiosa e soprattutto autoctona rivoluzione sociale mentre in realtà fu l’imitazione della protesta degli studenti parigini. I quali a loro volta imitavano i colleghi americani di Berkeley. Ma quanti accetterebbero senza discutere che il Sessantotto italiano fu l’imitazione di un’imitazione?

Ora abbiamo il fenomeno di Matteo Renzi e siamo convinti di assistere ad una clamorosa novità: in realtà non è così. O almeno: è una novità in Italia ma, per quanto riguarda i sindacati, si tratta di un fenomeno vecchio altrove. Per esempio in Inghilterra, dove si è verificato quarant’anni fa.

Nei primi Anni Settanta del secolo scorso, l’Inghilterra era paralizzata dallo strapotere dei sindacati ed era dunque molto malata, dal punto di vista economico. Tanto che Edward Heath, conscio del pericolo rappresentato da questa anomalia, fece il possibile per riaffermare il potere dello Stato. Infine, prendendo il toro per le corna, cercò di farsi legittimare dalle urne e pose il dilemma: “Nel Paese deve comandare il governo oppure i sindacati?” Gli inglesi gli risposero che dovevano comandare i sindacati.

Ma fu una vittoria di Pirro. La sconfitta dei conservatori non impedì che ci si rendesse conto che quella era la strada giusta. Infatti, il progetto che Sir Edward non aveva saputo o potuto realizzare fu ripreso e portato al trionfo da Margaret Thatcher.

In Italia, quarant’anni dopo, il dilemma su chi debba realmente comandare non è stato ancora risolto. La nostra Costituzione stabilisce chiaramente che “la sovranità appartiene al popolo”: dunque dovrebbe comandare il Parlamento, ma le norme sono un conto, la realtà è un altro conto. Nel 1987 gli italiani votarono in massa un referendum per istituire la responsabilità civile dei magistrati per dolo o colpa grave e tuttavia esso non fu applicato: né subito, né negli anni successivi. E  non lo è neanche oggi. C’è un detto che calunniosamente si attribuisce soltanto ai Borboni di Napoli: “Le leggi ai nemici si applicano, per gli amici si interpretano”. E infatti, in materia di errori professionali, per i  medici le leggi si applicano severamente, per i magistrati si interpretano, giungendo alla conclusione che sono infallibili. Salvo sei o sette, in trent’anni.

Che in Italia comandassero i sindacati, per esempio, si vide ancora una volta quando il governo Monti proclamò ripetutamente e solennemente che avrebbe cambiato (abolito) l’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori. Sia il Presidente del Consiglio, sia la ministra Fornero lo ripeterono tanto insistentemente che pensai: “Si sono spinti troppo oltre. Non potranno fare marcia indietro”. Invece poterono. La Cgil disse no e loro chinarono la testa. Ne conclusi che, malgrado la mia veneranda età, ero un ingenuo e che l’Italia non sarebbe mai cambiata.

Ora arriva Matteo Renzi e riesce a non dimostrare rispetto nemmeno per l’infallibilità della sinistra estrema. È come se un parroco affermasse che Dio non esiste. Addirittura è arrivato a dire che chi fa le leggi è il Parlamento, non i sindacati.

Naturalmente alcuni italiani a queste straordinarie conclusioni erano arrivati da soli. Ma il problema non era intellettuale. Da noi non sono le idee che vanno scoperte, quelle – almeno alcuni – le hanno. Soprattutto se hanno seguito le cronache inglesi. Ciò che è sempre mancato, da noi, è la forza di applicarle. Dunque la domanda è: Renzi è un Edward Heath maldestro e provocatore al di là del giusto, un ragazzotto che non ha mai sentito parlare di hybris e andrà a sbattere, o una Margaret Thatcher capace di rivoluzionare il suo Paese?

E se non ci riuscisse – visto che fra l’altro gli piace moltiplicare gli ostacoli sul suo cammino – potrebbe quanto meno essere il precursore di qualche vero Uomo come Margaret Thatcher?

È quello che vedremo. Per il momento c’è un uomo abbastanza rozzo per indurre chi ha sempre amato i sindacati più o meno come l’orticaria a trovare che, dopo tutto, anche loro hanno qualche buona ragione.

Gianni Pardo, [email protected]

28 ottobre 2014

 


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