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Quando un Ape assomiglia tanto ad un cetriolo…

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Questo è un governo che lavora, non si può non riconoscerlo. Male, ma lavora.

Sforna trovate una dietro l’altra con un’inventiva mirabile, e poi diciamolo, non è mica facile il lavoro che fa: è deve dare retta a Bruxelles, e deve salvare gli amici e parenti banchieri, ma deve cercare di tener buoni i risparmiatori, sennò i ministri non possono più uscire per strada che li menano, e deve spingere ed incentivare le aziende per dare lavoro ad i giovani, facendo finta di dare loro un posto fisso, senza mandare in pensione i vecchi che costano troppo e pazienza se gli costerebbe di meno dargli direttamente uno stipendio e lasciarli a casa (come ha dimostrato Fabio Lugano qui), e deve salvaguardare i conti, ma permettere ai lavoratori di andare in pensione, possibilmente prima di essere seppelliti…

Ecco, l’ultima trovata appena sfornata serve proprio a questo: a permettere di andare in pensione prima dei 66 anni e 7 mesi previsti dalla legge Fornero. Con l’Ape (Anticipo Pensionistico, perché gli acronimi fanno tanto ammerigano e Renzi ci tiene…) si può anticipare fino a tre anni l’andata in pensione, sempre che si siano versati i contributi dovuti.

Tutto bene, quindi? Insomma… Questa possibilità di ricevere prima il trattamento pensionistico si paga. Non con uno sconto diretto sulla pensione, per carità, ma l’INPS per anticipare la pensione deve farsi prestare i soldi da una banca o un’assicurazione e questo prestito ricade sul pensionato, il quale, quando avrà maturato l’età corretta per ricevere gli emolumenti, pagherà quanto anticipato con comode rate ventennali, più interessi, che l’Istituto premurosamente gli detrarrà direttamente dall’assegno. Bello, no?

La detrazione potrà andare fino ad un massimo del 15% della pensione, a seconda della somma elargita e delle condizioni del lavoratore: se disoccupato di lunga durata, addetto a lavori usuranti, destinatario di pensione sotto il triplo del minimo INPS o in situazione di disagio, la somma detratta sarà in parte compensata da un credito fiscale che ne ridurrà il carico (ex post).

Insomma, per poter pagare un po’ prima le pensioni si sono inventati… il mutuo! Non un mutuo diretto, ma chiesto per conto del pensionato dall’INPS. Il quale fra l’altro ha una fiducia sconfinata nei propri assistiti, visto che al vispo 63enne (e 7 mesi) concede una rateizzazione ventennale, che un 40enne già sarebbe preoccupato…

Questo Ape ronza fastidiosamente nelle orecchie del sindacato USB il quale in un suo comunicato ha affermato: Il  governo sta assestando un ulteriore colpo mortale alla previdenza pubblica. Il sindacato nella sua nota teme che la millantata flessibilità in uscita sia solo una copertura per un progetto politico di ulteriore destrutturazione della previdenza pubblica. Già il tanto decantato part-time agevolato aveva dimostrato la reale volontà, fare del diritto costituzionale alla pensione una semplice opportunità personale da pagarsi profumatamente. L‘Ape fa un ulteriore salto in avanti. L’accensione di un prestito presso banche o assicurazioni introduce a forza nella previdenza pubblica il ricorso al mercato finanziario con questa caricatura da fondo pensione mascherato. Tanto è vero che l’altro pilastro della flessibilità è la Rita (Rendita integrativa Temporanea Anticipata, vedi sopra sugli acronimi) per chi ha un fondo pensione che verrebbe parzialmente anticipato riducendo i costi del prestito bancario. Garante delle operazioni finanziarie di banche e assicurazioni sarà l’INPS che interpreta il nuovo ruolo di promotore finanziario tanto ha in pugno Tfr e Tfs.

Insomma l’Ape (con o senza Rita) al sindacato di base sembra tanto il cetriolo della famosa massima: ambedue volano, ma con una differenza sostanziale che l’USB al pensionato vorrebbe evitare…


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