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PIANO FUNK, OVVERO IL VERO INIZIO DELL’UNIONE EUROPEA di A.M. Rinaldi

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Ormai con una certa frequenza ripropongo quello che considero una pietra miliare nella volontà di realizzare l’Unione Europea così come la conosciamo e questo animato dal desiderio di far comprendere come il progetto di unione, e in particolare la volontà di adottare una sola moneta, ha radici lontane e non certo “grazie” al Trattato di Maastricht del ’92 e al precedente Trattato di Roma del ’57.

Argomenti già trattati ripetutamente tanto da dedicare un intero capitolo nel mio “Europa Kaputt” del 2013 e numerosissimi successivi articoli.
Sono perfettamente conscio che la stragrande maggioranza dei cittadini europei sia in buona fede nel credere e sostenere l’Unione Europea, ma ritengo che ai più sfuggono quei riferimenti storici (sapientemente mai divulgati) che potrebbero far cambiare radicalmente opinione sulle vere intenzioni di chi ha concepito la UE e l’euro.

Le radici della tentazione della Germania di esercitare leadership sul Continente si perdono nel tempo, fino a identificarsi nel concetto nella Mitteleuropa, area geo-politica per definire più che zona geografica un “destino” comune, nella prospettiva di coagulare affinità storiche, sociali, culturali, scientifiche e economiche che tanto avevano contribuito al cammino dell’umanità tra il XVII e XIX secolo, secondi solamente al contributo fondamentale apportato fino a quei tempi a esclusivo appannaggio della sola civiltà romana.
Questo concetto ideale di “Europa Centrale” mescolava tutte queste caratteristiche e si fondeva intimamente con la già prorompente volontà tedesca nel dominare gran parte del Continente, chiamata per l’appunto Mitteleuropa e che comprendeva un territorio con confini non propriamente definiti, che si identificavano con quella parte dell’Europa Centrale compresa fra il Mar Baltico a Nord e le Alpi a Sud, a Ovest con la Francia e a Est con quella che era la Russia pre-Unione Sovietica, ma includendo comunque la Lituania, l’Estonia e la Lettonia. Ma si potrebbe affermare, per meglio definire il concetto ispiratore della Mitteleuropa, che i suoi confini erano immaginari proprio perché propensi a essere ridisegnati e a evolversi al formarsi di ogni nuova favorevole situazione storica.

Il primo atto ufficiale, nel riconoscere comunque quest’area europea, è del 21 gennaio 1904 quando fu creata a Berlino l’Associazione Economica Centro-Europea (Mitteleuropäischer Wirtschaftsverein), finalizzata all’integrazione economica dell’Impero Tedesco e dell’Impero Austro-Ungarico con l’auspicabile estensione futura della Svizzera, del Belgio e del Lussemburgo.
Sarà poi nel 1915, Friedrich Naumann gran teorico del pangermanesimo, con la pubblicazione del saggio “Mitteleuropa”, a indicare la necessità di stabilire al termine della guerra, una sorta di grande area economica Centro-Europea per mezzo di una unione politica che raggruppasse tutte le popolazioni di stirpe e lingua tedesca. Nelle intenzioni di Naumann vi era la creazione di una federazione che avesse al suo centro la Germania e l’Austria-Ungheria, paesi satelliti limitrofi compresi, con la futura integrazione di altre nazioni esterne a Ovest come Francia e Inghilterra e a Est come la Russia.

Con la sconfitta tedesca nella I Guerra Mondiale e la dissoluzione dell’Impero Austro-Ungarico, le aspirazioni accantonate temporaneamente, vennero “resuscitate” negli anni trenta, con estremo vigore e enfasi come parte integrante dell’ideologia nazista, la quale non mancò di perseguire l’idea di predominio totale sul Continente.
Il “merito”, di aver articolato tecnicamente questo ideale di supremazia mai del tutto sopito nelle aspirazioni germaniche, appartiene all’opera di Walter Funk il quale predispose un piano, per l’appunto il Piano Funk, in qualità di ministro per gli affari economici del Terzo Reich dal 1938 al 1945, su incarico diretto da Hitler per poter pianificare una dettagliata strategia per il predominio economico della Germania a supporto di quella militare.

Funk, editore dal 1921 del giornale finanziario Berliner Borsenzeitung, fece una rapida carriera politica passando nel’31 nelle file del partito nazista e divenendone prima deputato del Reichstag nel 1932 e poi assumendo inoltre la carica di presidente della politica economica all’interno del partito.
Con Hitler ormai al potere, divenne prima Segretario di Stato presso il Ministero della Propaganda (1933), per poi insidiarsi come titolare al dicastero per l’Economia (1938) con l’appoggio di Hermann Goering, che lo preferì a altri per la sua fedeltà a supporto della realizzazione dei piani militari. Fedeltà ricambiata con la nomina anche a Governatore della Banca Centrale Reichsbank (antesignana della Bundesbank) nel ’39 e nel consiglio della pianificazione del Terzo Reich nel 1943.

Queste funzioni così elevate gli permisero, con il sostegno stesso del Fuhrer, di rielaborare a più riprese un piano estremamente particolareggiato per la conquista e pianificazione del dominio economico tedesco su tutta l’area continentale europea, enunciato nella sua articolata configurazione nel discorso “La riorganizzazione economica dell’Europa” del 25 luglio del 1940, dove, invaso da delirio di onnipotenza, invocava addirittura il filosofo Hegel a sostegno della validità delle proprie idee.
Il piano prevedeva essenzialmente di realizzare l’autonomia continentale dal punto di vista delle materie prime e dei processi di trasformazione, una sorta di autarchia dell’area europea sulla base dell’evoluzione dei vecchi concetti espressi a supporto della citata Mitteleuropa e integrato dal grande progetto di dominazione politico-razziale-sociale perseguito dalla dottrina del nazismo.

A supporto della realizzazione del progetto si ribadiva l’indispensabilità di prendere come riferimento la politica economica nazionalsocialista per la guida del nuovo ordine, nella convinzione che essendo disciplinata dal rigido dogma dei suoi metodi, fosse idonea come nessun’altra nell’essere adottata da tutti gli altri paesi.
L’economia della nuova grande aria non doveva significare solo la subordinazione dell’apparato produttivo di tutto il continente europeo in funzione della supremazia della Germania, ma anche segnare differenze tra Europa Occidentale e Orientale essendo il Reich il nucleo centrale di una grande coalizione di nazioni disponibili alla penetrazione della potenza industriale e finanziaria tedesca all’interno delle loro stesse strutture, le cui risorse sarebbero dovute affluire comunque verso il centro dominatore.


La Germania arbitra dei destini dell’Europa, avrebbe monopolizzato e condizionato ogni attività e iniziativa in questa aggregazione forzata e la popolazione sarebbe stata anche classificata con parametri culturali e sociali considerati tipici del popolo tedesco, nella ferrea convinzione-presunzione, che i propri metodi proposti, se adottati, si sarebbero rivelati di grande vantaggio anche per le altre nazioni.
Particolarmente interessanti i passaggi del discorso in cui Funk rivelava le specifiche del suo Piano riguardo alla questione della creazione di una nuova moneta (siamo nel 1940!), all’interno della quale prefigurava nella grande area economica che si sarebbe realizzata, un ruolo predominante del marco come conseguenza della potenza del Reich, con l’istituzione di una area valutaria che avrebbe portato a una “moneta generale” (testualmente così definita) a supporto di un graduale livellamento delle normative infra-nazionali a favore dello sviluppo dovuto all’espansione economica.
Tale “moneta generale” non sarebbe stata ancorata all’oro con un sistema analogo al gold-standard, ma sostenuta da un sistema di compensazione europeo fra l’import-export dei paesi partecipanti, dove naturalmente alla Germania sarebbe spettata l’assoluta determinazione dei relativi flussi attraverso l’imposizione della sua politica economica supportata dal predominio militare conquistato e consolidato.

Da evidenziare che il concetto di “moneta generale” espresso da Funk, si sposa perfettamente con l’idea della creazione di una area valutaria da imporre al Continente con funzione aggregatrice per effetto della forza delle regole poste a suo supporto.
Lo stesso piano, scaturito dalle pretese isteriche di dominio, proprie delle dottrine naziste, non specificava espressamente se la nuova macro area economica si sarebbe avvalsa della circolazione di una nuova “moneta generale” autonoma oppure direttamente dal marco, ma è quanto mai intuibile dall’analisi del progetto, che il ministro dell’economia nazista prevedesse comunque una totale e assoluta forma di controllo e di condizionamento da parte della Reichbank mediante l’adeguamento delle politiche economiche di tutti gli altri a quelle dettate dalla Germania, autodefinitasi “Paese d’ordine” e unica depositaria di superiori dogmi in grado di governare e guidare l’Europa.

Sono impressionanti le analogie e corrispondenze con l’attuale situazione che di fatto si è andata a determinare ai nostri giorni, se non costatando fortunatamente con sollievo, che l’originario Piano Funk si sarebbe potuto concretizzare solo ed esclusivamente a seguito di preventive e consolidate conquiste militari, mentre l’attuale situazione si è determinata con il consenso di tutte le nazioni europee con la sola apposizione della propria firma sui Trattati al punto da poter constatare che siamo attualmente in presenza della variante “in tempo pace” del Piano Funk.
Lo stesso Ambasciatore italiano a Berlino, Dino Alfieri, sentì l’esigenza di inviare alla Farnesina una nota riservata qualche giorno dopo nell’agosto del ’40 per informare il governo delle intenzioni del III Reich non ottenendo naturalmente nessuna attenzione…

Per la cronaca il ministro dell’economia nazista Walter Funk, fu catturato e processato dal Tribunale di Norimberga che lo condannò all’ergastolo con l’accusa di cospirazione contro la pace, pianificazione di guerra di aggressione, crimini di guerra e contro l’umanità, nonostante la sua difesa sostenne che non aveva ricoperto funzioni di rilievo nelle gerarchie all’interno del regime.
Rilasciato nel 1957 per motivi di salute, morì tre anni più tardi, consegnando però alla storia un dettagliato e folle piano di predominio di un popolo su altri con presupposti che hanno terribili analogie con le attuali.
In questo scenario la maggioranza dei governi dell’euro-zona sembrano essersi comportati come quello francese collaborazionista di Vichy, guidato dal 1940 al 1944 dal Generale Philippe Petain, fantoccio agli ordini del Terzo Reich, con l’aggravante odierna che almeno allora i francesi furono costretti con la pistola puntata alla nuca, mentre invece i responsabili odierni sembrano aver peccato d’ignoranza (dal verbo ignorare, non sapere) e di ingiustificabile servilismo (ad essere generosi).
Anche in questo caso vale la pena di ricordare che i francesi, a liberazione avvenuta, processarono Petain per alto tradimento condannandolo alla pena capitale, tramutata successivamente da De Gaulle in ergastolo, nonostante la maggioranza dell’opinione pubblica fosse stata favorevole alla fucilazione alla schiena per la sua collaborazione con i nazisti che tanto sfacelo avevano inflitto alla Francia nei quattro anni di occupazione (speriamo che la Storia si ripeti presto!).

Ho sempre avuto grande rispetto e ammirazione per il popolo tedesco, ma ho ancora forti timori che quando qualche persona o gruppo di esse si insidiano alla guida di quella nazione anche con mezzi democratici, pensando però che i metodi da loro adottati siano i migliori al punto da pretenderne l’imposizione altrui, si è più che legittimati nel dubitarne attivandosi con tutte le forze e energie possibili affinché non vengano realizzati.
Speriamo che queste considerazioni possano almeno servire come monito nei confronti di chi sostiene questa Europa in modo da farli riflettere e aprire finalmente gli occhi dai pericoli non solo corsi in passato, ma che potremmo ancora correre in un prossimo futuro in assenza di condivisioni e di persone pienamente in grado di percepirli in tutta la loro gravità.

I più sono ora avvertiti!!!
Antonio M. Rinaldi


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