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PER SALVARE L’ITALIA E LA DEMOCRAZIA RISPOLVERIAMO LA CEE! di Antonio M. Rinaldi

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Iniziamo subito nel dire che chi continua indefessamente a sostenere questa Europa e la sua moneta è il primo degli anti-europeisti perché, se il vecchio Continente si ritrova ora nel pieno di una crisi economica epocale e di totale deficit di democrazia, lo sui deve proprio alla costruzione (volutamente!) errata iniziata dal Trattato di Maastricht che decretò la nascita dell’Unione Europea.

Questa considerazione scaturisce dal fatto che la maggioranza dei cittadini europei non riesce a fare ancora una netta distinzione fra la moneta unica e il concetto di Europa stessa, facendo di tutt’erba un fascio considerando inscindibili le due cose.

Infatti nella disordinata e partigiana disinformazione ad opera dei media, coloro i quali denunciano l’insostenibilità dell’euro e le incongruenze dei Trattati vengono additati come beceri antieuropeisti, mentre paradossalmente sono proprio i ciechi sostenitori di questo ordine monetario comune ad essere i primi che faranno affondare l’Europa stessa. Ne consegue che, chi si prodiga per un ritorno coordinato e concordato alle valute di provenienza ripristinando le rispettive Sovranità nazionali, che consentirebbero di assecondare molto meglio a ciascuno le proprie esigenze eliminando le asimmetrie, ha come scopo prioritario anche quello di salvare il salvabile di ciò che rimane di buono in Europa.

Ricordiamo che 7 febbraio del 1992 a Maastricht si diede vita all’Unione Europea (UE) sostituendo il Trattato di Roma del 25 marzo 1957 che istituì la Comunità Economica Europea (CEE) per tentare frettolosamente di creare un nuovo equilibrio dopo la caduta del Muro di Berlino. Una scelta prettamente politica a cui si volle affidare a una moneta condivisa il ruolo di aggregatore invece di obiettivo finale.

La UE nacque quindi per realizzare quel mercato comune necessario per giustificare la creazione di una moneta comune (one market, one money), ma che nella pratica non è mai stato realizzato, rivelandosi presto invece come pretesto per imporre una moneta che avrebbe assunto di fatto il ruolo di “governare” i Paesi aderenti, sottraendo loro ogni potere decisionale per consegnarlo definitivamente in modo subdolo a una oligarchia auroreferenziale non eletta, in totale sfregio a qualsiasi elementare principio di democrazia.

La CEE infatti, voluta ad evoluzione del precedente accordo della CECA (Comunità Europea del carbone e dell’Acciaio) del 1951, si prefiggeva lo scopo di abbattere le tariffe doganali e di armonizzare le legislazioni nazionali per favorire gli scambi commerciali fra i paesi europei lasciando tuttavia intatte le Sovranità nazionali e le rispettive politiche economiche. 

Con l’Unione Europea invece si è dato corso di fatto ad un’espropriazione delle sovranità nazionali e dei compiti e ruoli demandati ai parlamenti nazionali che in ogni caso rimangono in ogni caso espressione del suffragio universale (in Italia un po’ meno grazie a leggi elettorali illegittime ed anticostituzionali!). Questa “espropriazione” è stata perseguita perchè funzionale alla sostenibilità dell’euro nato non per essere utilizzato come mezzo di aggregazione e facilitare integrazione fra i popoli, ma come mezzo tecnico coercitivo per esercitare poteri sovranazionali ad appannaggio di pochi e a discapito di molti.  

Se si vuole salvare l’Europa dalle “follie” dei Trattati, dalla eurocrazia scellerata e dalle sue anacronistiche regole, è necessario quindi liberarsi al più presto dall’euro e dalle sue imposizioni e vincoli. La democrazia è stata sospesa e rischia di morire definitivamente in nome di un ideale superiore chiamato Europa, ma che di Europa ce n’è ben poca, almeno di quella che i cittadini aspiravano di ottenere e per la quale sono stati disposti a fare sacrifici a scatola chiusa, fidandosi ingenuamente di politici che non hanno fatto i veri interessi dei propri paesi.

Questa Europa della UE e della Troika non è stata una madre premurosa per tutti, ma una perfida madrigna che ha preferito sempre gli stessi a discapito di tutti gli altri, avvalendosi dell’euro come mezzo per imporre le sue volontà al servizio esclusivo di interessi di parte.

Pertanto cerchiamo di costruire un sistema di convivenza comune dove venga salvaguardata l’autonomia di ciascun membro, perché se si riuscirà a mantenerle integre, la sommatoria sarà superiore all’attuale volontà di fusione forzata e non prevista originariamente.  Perciò, sia chiaro, non un semplice ritorno al passato pre-Maastricht, ma una serie di articolati accordi che tengano conto delle rispettive sovranità e degli effettivi rapporti di forza.

Salvaguardiamo quel poco di buono che si è prodotto negli ultimi venticinque anni e ripudiando invece quello che ha fatto precipitare economie fiorenti in un vero e proprio disastro irreversibile. 

Ci rimetteremo? Non sarà certo una passeggiata da fare a cuor leggero, ma sicuramente si creeranno le condizione per rivedere rinascere non solo le economie, rigovernate da regole tarate ciascuna per le proprie necessità, assistendo finalmente anche al ritorno al bene più prezioso conquistato dall’uomo moderno: la democrazia e insieme ad essa ritroveremo l’Europa in cui credevamo e a cui vogliamo, nonostante tutto, ancora credere!

Antonio M. Rinaldi


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