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Attualità

PER QUELLI CHE L’EURO NON FUNZIONA PERCHE’ SBAGLIARONO IL CONCAMBIO A 1936,27! Di A.M. Rinaldi

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Riproponiamo un articolo del maggio 2016 perché lo riteniamo di estrema attualità.

Se si chiede al normale cittadino quale sia il motivo per il quale ci troviamo in questa situazione economica disastrosa, un buon tre quarti risponde senza esitazione essenzialmente per 3 motivi: hanno sbagliato il cambio a 1936,27 lire per euro, perché doveva essere molto più basso, perché non hanno fatto nessun controllo sui prezzi sin dal primo giorno di introduzione dell’euro e perché l’Italia è il paese più corrotto di tutti (naturalmente dopo la Bulgaria!).

Andiamo con ordine: chi aveva 10.000.000 lire con il concambio a 1936,27 si è ritrovato in tasca 5.164,57 euro, se fosse stato 1.750 lira/euro avrebbe avuto 5.714,57 euro e a 1.500 lire 6.666,67 euro. E se invece di aver avuto attivi (cioè depositi C/C, titoli, obbligazioni) avesse avuto debiti?

Avrebbe avuto l’esigenza opposta di vedere con buon occhio il concambio più alto possibile! Ad esempio l’entità del debito pubblico, che al 1 gennaio 1999 data dell’introduzione ufficiale del cambio irrevocabile che fissò i valori di concambio fra le varie valute nazionali europe e l’euro, ammontava a 2483 milioni di miliardi di lire, che tramutato in euro divenne 1.282,06 Mld (Banca d’Italia, Questioni di Economia e Finanza, n.31, ott. 2008), mentre se il concambio fosse stato ad esempio a 1750 lire/euro, sarebbe stato di 1.419 Mld di euro e a 1500 lire/euro a 1.655 Mld di euro, pertanto molto ma molto più alto.

Quindi più il concambio si fissava alto e più sarebbe stato basso l’entità di chi deteneva debito. Viceversa, chi aveva attivi, il discorso sarebbe stato esattamente inverso, cioè più il concambio era alto e meno sarebbe stato valutato il proprio attivo.

Quindi quando si recrimina a Prodi e Ciampi di aver accettato un concambio troppo sfavorevole, si sappia che l’hanno fortemente voluto così, al punto che se avessero potuto l’avrebbero ulteriormente preteso più alto (Initile precisare che a questi due eurinomani non interessavano certo gli attivi dei cittadini, ma solo i vincoli esterni e tutto quello che veniva imposto da Bruxelles pur di staccare il biglietto per l’Europa).

Per la cronaca il concambio fu influenzato dall’andamento sul mercato dei cambi della lira che “veleggiava” in quel periodo sulle 1.000 lire/marco, infatti il valore irrevocabile di 1936,27 scaturì proprio dal rapporto con il marco a 989,999 lire e dal concambio marco/euro a 1,95583 (1,95583 X 989,999 = 1936,27), pertanto gli spazi di manovra erano obiettivamente molto limitati se non nulli.

Chi pensa, come ancora molti leader politici, che se fossimo “entrati” a 1.750, o anche meno, sarebbe stato molto meglio per l’economia, non ha assolutamente compreso assolutamente nulla riguardo ai problemi che sono alla base dell’adozione della moneta unica. Infatti il vero “problema” di appartenenza a un’area valutaria a cambio fisso come è l’euro è l’assoggettamento “ob torto collo” a dei stringenti e coercitivi parametri macroeconomici che fanno sì che venga adottata una politica economica non più decisa dai rispettivi parlamenti nazionali ma bensì da burocrati non eletti!

Alto problema, ritenuto fondamentale dall’opinione pubblica come “vizio” capitale dell’euro, è stato quello che le Istituzioni non hanno controllato l’aumento dei prezzi generalizzato avvenuto con l’introduzione della moneta comune. Ma qualcuno mi sa dire se esiste per caso una legge che impedisca l’aumento dei prezzi dei beni (forse per qualche servizio o bene primario) tanto da poter mettere davanti ad ogni serranda di negozio un Carabiniere, un finanziere o un poliziotto? Certo esiste l’art.501 cp che prevede in modo molto generico sanzioni per rialzo e ribasso fraudolento di prezzi sul pubblico mercato, ma francamente non sarebbe stato mai applicato perché concepito dal legislatore per regolamentare situazioni ben diversa da quella di adottare una nuova moneta in sostituzione di quella nazionale.

Per quanto riguarda il tema “corruzione” mi limito a ricordare che il caso più eclatante a riguardo dai tempi di Erode è ad esclusivo appannaggio della SIEMENS, che risulta essere tedesca, ultimamente superato solamente dallo scandalo di evasione per 31,8 Mld di euro sempre da parte dei nostri cari amici tedeschi  e che i casi domestici, pur essendo da sradicare e condannare senza mezzi termini, appaiono in confronto a livello di mancia al bar.

Ma i problemi non sono stati questi…

I presunti disagi del valore di concambio a 1936,27, dell’aumento dei prezzi al consumo perché non ci si ben rapportava con la nuova moneta e perché qualcuno se n’è approfittato un po’ troppo, e per altri aspetti la corruzione, sono problemi che ormai sono stati ampiamente metabolizzati e dopo 15 anni di effettiva circolazione dobbiamo considerarli solo come sgradevoli effetti collaterali (naturalmente per la corruzione il discorso è diverso).

Cioè i problemi che subiamo per la nostra appartenenza all’euro non sono stati originati da quelli sopra esposti in quanto, in poche parole, oggi saremo esattamente nella stessa identica situazione indipendentemente dal valore di concambio o se all’epoca avessero messo i famosi Carabinieri fuori di ogni negozio o se la corruzione fosse a livelli fisiologici. Anzi paradossalmente, come spiegato, se il concambio fosse stato più basso, oggi ci ritroveremo un debito notevolmente più alto!

Per la cronaca vale la pena ricordare, sempre attingendo dai dati di Banca d’Italia, che il debito pubblico italiano contratto dalla Prima Repubblica, conclusasi idealmente nel 1992 con tangentopoli, ammontava a 849,92 Mld espresso negli attuali euro (nonostante il “Divorzio” del 1981), per arrivare ai giorni d’oggi grazie alla Seconda Repubblica, a 2.228,7 Mld, praticamente raddoppiato da quando abbiamo adottato l’euro (nel 1999 era 1.282,06 Mld) e quasi triplicato dalla Prima Repubblica!

Come il vero problema del nostro debito, non riconosciuto dalla maggioranza dei sostenitori a tutti i costi dell’euro, è che espresso in una valuta che è assimilabile a tutti gli effetti ad una valuta estera in quanto non la governiamo. Se fosse in moneta sovrana sarebbe sostenibilissima. Giappone, e per il motivo opposto l’Argentina, docet.

Il fatto di avere un debito in valuta estera ricorda un po’ quei poveri italiani inconsapevoli, che indotti dalle proprie banche (la Storia si ripete sempre!), contrassero mutui in ECU attirati dai tassi molto più convenienti rispetto alla lira, ignorando l’enorme pericolo dell’esposizione al rischio di cambio. Sappiamo purtroppo come è andata a finire e, alla luce di cosa poi è accaduto, avrebbero senz’altro preferito pagare tassi più elevati in lire e non aver mai fatto l’operazione in ECU. A conti fatti questa imprudenza gli costò due/tre volte in più rispetto ad un normale mutuo in lire.

Il vero problema che sfugge alla comprensione dell’uomo della strada, e perdonatemi anche alla quasi totalità della classe politica e dei media schiavi del pensiero unico, risiede nel fatto che noi abbiamo dovuto modificare completamente il nostro modello economico per poter adottare l’euro legandoci mani e piedi a dei vincoli esterni che ci condizionano oltremodo in quanto rispettano le nostre peculiari esigenze in termini di politica economica.

Spieghiamoci meglio: il Sistema Italia si basava su un modello economico che aveva come presupposto il perseguimento della piena occupazione e di un welfare di tutela garantito da una moneta che permetteva la determinazione di una autonoma politica economica. In questo contesto l’inflazione era il prezzo accettabile di compromesso e la svalutazione era solo, ripeto solo, una strumento a disposizione della politica economica autonoma per aggiustamenti del cambio.

Vorrei aprire una breve parentesi per ricordare, a chi invoca l’euro come protezione ideale agli effetti della globalizzazione, che invece è l’esatto contrario: una moneta autonoma è il rimedio migliore possibile per contrastare gli effetti della globalizzazione generalizzata e senza regole.

Il modello economico su cui verte la sopravvivenza e il mantenimento dell’euro si basa invece sulla stabilità dei prezzi e il rigore dei conti pubblici fino al perseguimento del principio del pareggio di bilancio (tanto da pretenderne l’inserimento in Costituzione) come presupposto per la crescita. Gli effetti di questo modello, tanto caro all’ortodossia economica tedesca, è l’aver gettato in deflazione l’intero Continente ed aver “infettato” della stessa malattia anche mezzo Mondo! Aver previsto per soddisfare il fabbisogno di finanziamento dello Stato solamente la leva fiscale e/o il taglio della spesa pubblica ha avuto come immancabile conseguenza quello di uccidere letteralmente la domanda interna e affidando esclusivamente alle capacità dell’export le sorti di sviluppo dell’economia di un paese quando è acclarato che questa propensione non deve andare oltre al 30% del PIL.

Siamo in completa rotta di collisione perché per soddisfare questo modello siamo stati costretti ad adottare una politica economica completamente diversa da quella necessaria ed idonea alla nostra identità economica e soprattutto in contrasto a quella Costituzione economica prevista all’interno della Costituzione stessa che disegna un modello economico di riferimento ben preciso. Lotta disuguaglianze, occupazione, dignità del lavoratore e del suo salario, tutela risparmi, tutela salute, funzione regolatrice dello Stato nell’economia. Mentre con l’euro tutto questo viene sostituito con la capacità o meno di rendere flessibile il fattore lavoro comprimendo i salari, con la cosiddetta svalutazione interna, essendo ovviamente preclusa quella esterna impossibile dall’appartenenza al regime dei cambi fisso.

Ed è una visione correttissima quello tracciato nella Costituzione Repubblicana perché questo modello è riuscito a mantenere nel bene e nel male per molto tempo il giusto equilibrio fra Democrazia, Stato e Mercato, i tre pilastri fondamentali della società moderna. Se invece si altera questo equilibrio perché si tende a perseguire un modello che prevede e privilegia, ad esempio, il Mercato rispetto allo Stato, ovvero al ruolo regolatore dello Stato, ne risente immancabilmente anche la Democrazia.

Infatti, lo squilibrio avvenuto in modo sempre più evidente fra questi tre pilastri, sta provocando effetti ancora più devastanti rispetto alle motivazioni economiche sopra esposte. Il progetto di dotare una moneta unica l’intero Continente europeo prevede che per il suo mantenimento e sopravvivenza vengano sempre più sospese e annullate le garanzie previste e sancite dalla democrazia.

I Parlamenti nazionali sono sempre più estraniati da qualsiasi potere decisionale, spezzando il rapporto di delega con i cittadini, degli organismi sovranazionali non eletti si sostituiscono sempre più in toto nelle decisioni di politica economica dei rispettivi paesi imponendo decisioni di ogni genere, si attivano dei meccanismi automatici che sono sempre più assimilabili a organismi bio-giuridici che dettano regole e vincoli senza possibilità di correzione o d’interpretazione il tutto solo in virtù di accordi e Trattati Internazionali che vengono di fatto utilizzati come arma di ricatto verso chi non riesce a rispettarli.

L’Europa in questo modo ha creato la nuova figura del “sovrano-despota” dematerializzato, che non ha più figura fisica, ma si cela dietro organismi automatici e regole da rispettare, il tutto gestito da persone non elette e che fanno riferimento a non precisati poteri. L’unica certificazione che avanzano è sempre più quella nel proclamare che si sta realizzando finalmente il “sogno europeo” ed è quanto mai necessario “più Europa”!

Tutto questo con l’unica conseguenza effettivamente tangibile di creare all’interno della stessa area valutaria aree sempre più ricche ed aree sempre più povere senza aver previsto effettivi meccanismi di trasferimento e di mutualità per compensare gli squilibri e non mettendo al centro degli interessi i cittadini, ma quello delle lobby e delle multinazionali.

La stessa ipotesi di riformare genericamente i Trattati o di rivedere le attribuzioni della BCE non tengono conto del fatto che è impossibile modificare il vero problema che rende insostenibile l’euro, cioè tutta la sua architettura che si basa su un modello economico errato, ovvero per la stragrande maggioranza delle reali esigenze dei paesi aderenti. Sono riusciti a creare una moneta i cui rigidi dogmi condizionano l’economia reale, mentre deve essere la moneta a plasmarsi al servizio dell’economia reale e dei cittadini.

L’euro e la sua costruzione imploderà per il semplicissimo motivo che è un progetto insostenibile e che paradossalmente farà più danni a chi ora se ne sta avvantaggiando rispetto a chi i danni li subisce da tanto. L’importante è essere pronti a gestire una situazione di emergenza con dettagliati piani di ritorno alle sovranità nazionali affidandosi a uomini in grado di realizzarli nel miglior modo possibile per evitare di esporre i cittadini, e quello che ne sarà rimasto del tessuto produttivo nazionale, a più severe e devastanti prove.

Noi saremo come oggi sempre in prima linea.

Antonio M. Rinaldi


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